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giovedì 15 agosto 2013

LA PIENEZZA DELLA VITA - KRISHNAMURTI

Dalla negazione viene il positivo chiamato amoreIn tutto il mondo gli esseri umani cercano sempre sicurezza, fisiolo­gica e psicologica. La sicurezza fisica viene negata quando la sicurezza psicologica – che in realtà non esiste – viene ricercata in varie forme d’illusione e in credenze che dividono, dogmi, sanzioni religiose e così via. Quando vi sono queste divisioni psicologiche, deve esservi inevita­bilmente la divisione fisiologica con tutti i suoi conflitti, le guerre e la sofferenza e la tragedia dell’inumanità dell’uomo contro l’uomo. Do­vunque si vada, nel mondo, non importa se in India, Europa, Russia, Cina o America, gli esseri umani, psicologicamente, sono più o meno gli stessi: soffrono, sono ansiosi, incerti, confusi, spesso tormentati, ambiziosi, e si combattono continuamente.
Fondamentalmente, psicologicamente, poiché tutti gli esseri umani sono gli stessi, un individuo può dire con ragione che lui è il mondo, e che il mondo è lui. Questo è un fatto assoluto, come si può vedere quando lo si approfondisce. È il contenuto della coscienza umana e l’intero movimento del pensiero e il desiderio di potere, posizione, sicurezza, e la ricerca del piacere, in cui vi è la paura. Paura e piacere sono le due facce della stessa medaglia. Senza comprendere l’intera struttura e la natura del piacere, basato sul desiderio, non si comprenderà mai e non si vivrà mai una vita nella quale vi sia amore.La paura e la ricerca del piacere fanno parte della coscienza. Ma anche l’amore fa parte della coscienza? Quando vi è paura, vi è amore? Quando vi è la sola ricerca del piacere, vi è amore? L’amore è piacere e desiderio, oppure non ha assolutamente nulla a che fare con il piacere e il desiderio?Il cervello di un individuo, a causa dell’abitudine costante di cercare sicurezza, è divenuto meccanico; meccanico nel senso che segue certi modelli definiti, ripetendo continuamente tali modelli nella routine della vita quotidiana. Vi è la ripetizione del piacere e il fardello della paura e l’incapacità di risolverla. Perciò gradualmente il cervello, o parte del cervello, è diventato meccanico, ripetitivo, biologicamente non meno che psicologicamente; si diviene prigionieri di certi modelli di fede, di dogma, d’ideologia: l’ideologia americana, l’ideologia russa, l’ideologia dell’India e così via. Vi è la direzione, la ricerca, e la mente e il cervello si deteriorano.Per quanto piacevole, la vita che un individuo vive è una vita ripetitiva; per quanto desiderabile, per quanto complessa, è una vita ripetitiva … la stessa credenza dall’infanzia alla morte, gli stessi riti, nella chiesa o nel tempo, la stessa tradizione.
C’è la ripetizione del piacere, il piacere sessuale o il piacere del successo, il piacere del possesso, il piacere dell’attaccamento: tutti causano il deterioramento del cervello perché sono ripetitivi. Finché vi è la ricerca del piacere quale processo ripetitivo e il fardello della paura che essa comporta e che l’uomo non ha risolto – ne è fuggito, l’ha razionalizzata, ma permane ancora – il cervello si deteriora.Che cos’è l’amore? È piacere … piacere nell’atto sessuale ripetitivo, che viene generalmente chiamato amore? L’amore per il prossimo, l’amore per la moglie, nel quale vi è grande piacere, possesso e conforto, basato sul desiderio … è amore? Dove c’è questo reciproco attaccamento possessivo, deve esserci gelosia, devono esserci paura e antagonismo. Questi sono fatti ovvi – niente di straordinario o di ideologico – sono fatti, “ciò che è”. Quindi l’attaccamento è amore? E qual è la base dell’attaccamento? Perché uno è attaccato a qualcosa, agli averi, a un’idea, a un’ideologia, a una persona, a un simbolo, a un concetto che viene chiamato Dio? Se uno non comprende pienamente il significato dell’attaccamento, non potrà mai scoprire la verità dell’amore. La base dell’attaccamento non è la paura di essere solo, la paura di essere isolato, il vuoto, il senso d’insufficienza?Noi siamo attaccati a persone, idee, simboli o concetti, perché pensiamo che in essi vi sia sicurezza. Vi è sicurezza in un qualunque rapporto? Vi è sicurezza – che è in realtà l’essenza dell’attaccamento – nella propria moglie o nel proprio marito? E se uno cerca la sicurezza nella moglie o nel marito e così via, allora che cosa avviene? L’individuo possiede, legalmente o non legalmente.
E dove c’è il possesso deve esserci la paura di perdere … perciò gelosia, odio, divor­zio e tutto il resto.L’amore è attaccamento? Può esservi amore quando c’è attaccamen­to, con tutti i sottintesi di questa parola che include paura, gelosia, colpa, irritazione pronta a trasformarsi in odio … tutto ciò che viene sottinteso quando si usa la parola “attaccamento”? Dove vi è attac­camento può esservi amore? Queste sono domande concrete, non teoriche. Si ha a che fare con la vita quotidiana, non con una vita eccezionale. Si può andare a fondo e lontano solo se si comincia da molto vicino, cioè da se stesso. Se non si comprende se stessi, non si può andare lontani. Si scava nei problemi che sono tremendamente importanti nella propria vita quotidiana.Benché un individuo debba approfondire la domanda logicamente, razionalmente, lucidamente, deve andare più oltre; perché la logica non è amore, la ragione non è amore. Il desiderio di essere amati e di amare non è amore. Dalla negazione di ciò che non è amore, in ogni momento della vita, accantonando ciò che non è amore, viene ciò che è chiamato amore.Il pensiero è frammentario, limitato; il pensiero non può risolvere il problema di ciò che è l’amore, e il pensiero non può coltivare l’amore.
Quando uno compie un’astrazione nel pensiero, si allontana da “ciò che è”. Questo movimento d’astrazione diventa una condizione secon­do la quale si vive, perciò non si vive più secondo i fatti. È ciò che si fa per tutta la vita; ma non si conoscerà mai che cos’è l’amore attraverso l’astrazione, non si conoscerà mai l’enorme bellezza, la profondità e il significato dell’amore.Perché l’uomo sopporta la sofferenza? Perché adora la sofferenza, come fanno apparentemente i cristiani? Qual è il significato della sofferenza? Cos’è che soffre? Quando uno dice “Io soffro”, chi è che soffre? Cos’è il centro che dice: “Io soffro il tormento della gelosia, della paura, della privazione”? Che cos’è quel centro, quella “essenza” di un essere umano che dice “io soffro”? È il movimento del pensiero, come tempo, che crea il centro? Come avviene che io vengo posto in essere e che, essendo stato posto in essere, dica: “Io soffro, sono ansioso, ho paura, sono geloso, mi sento solo”? Questo “io” non è mai stazionario, si muove sempre: “io desidero questo, desidero quello e poi desidero qualcosa d’altro”, è un movimento costante. Questo movimento è il tempo, questo movimento è il pensiero.Nel mondo asiatico vi è il concetto che l’io sia qualcosa al di là del tempo; e inoltre, il concetto che vi sia un io ancora superiore. Nel mondo occidentale, l’io non è mai stato esaminato esaurientemente. Gli sono state attribuite qualità, Freud e Jung e altri psicologi gli hanno assegnato attributi, ma non hanno mai approfondito la questione della natura e della struttura dell’io che dice “io soffro”.L’io, come si può osservare, dice “Devo avere quello”, e pochi giorni dopo vuole qualcosa d’altro. Vi è il costante movimento del desiderio; il costante movimento del piacere; il costante movimento di ciò che uno vuole essere, e così via.
Questo movimento viene conside­rato come il tempo psicologico. L’io che dice: “Io soffro”, è messo insieme dal pensiero. Il pensiero dice: “Io sono John, sono questo, sono quello”. Il pensiero si identifica con il nome e con la forma, ed è l’io in tutto il contenuto della coscienza; è l’essenza della paura, della sofferenza, della disperazione, dell’ansia, del rimorso, della ricerca del piacere, del senso di solitudine, tutto il contenuto della coscienza. Quando uno dice “Io soffro”, è l’immagine costruita dal pensiero, è la forma, il nome, a soffrire.Più intensa è la sfida, più grande è l’energia necessaria per affrontarla. L’angoscia è questa sfida. A tale sfida bisogna rispondere. Ma se uno risponde fuggendo, cercando conforto, allora dissipa l’energia di cui ha bisogno per affrontarla.
Non vi è scampo; non vi è scampo perché, se uno tenta di fuggire, l’angoscia resta sempre, come un’ombra, come un volto, non lo abban­dona mai: perciò restate con essa, senza alcun movimento del pensiero. Se uno fugge, non l’ha risolta; ma se resta con essa, senza identificarsi con essa – perché è quella sofferenza – allora tutta l’energia è presente per affrontare la cosa straordinaria che sta accadendo. Dalla sofferenza viene la passione.C’è una soluzione, c’è una fine all’angoscia, c’è una fine della paura … completamente. Soltanto allora vi è la possibilità di conoscere che cos’è l’amore. Uno pensa che imparerà qualcosa dalla sofferenza, che vi è una lezione da apprendere dalla sofferenza. Ma quando osserva la sofferen­za in se stessa, senza fuggirne, ma rimanendo totalmente con essa, senza alcun movimento del pensiero, senza nessun sollievo o conforto, ma aggrappandosi completamente a essa, allora vedrà compiersi una strana trasformazione psicologica.
L’amore è passione, che è compassione. Senza quella passione e quella compassione, con la sua intelligenza, l’individuo agisce in un senso molto limitato; tutte le sue azioni sono limitate. Dove vi è la compassione, l’azione è totale, completa, irrevocabile.
(Krishnamurti – La pienezza della vita – Astrolabio Ubaldini)

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