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lunedì 27 luglio 2015

Rapporto speciale: La verità su Srebrenica 20 anni dopo

La scorsa settimana è stato ricordato al mondo che sono passati 20 anni dagli eventi successivi all’ingresso dell’esercito serbo-bosniaco a Srebrenica, e oggi sto postando un rapporto speciale su questo evento, che considero di importanza assolutamente cruciale nella storia del mondo, non solo a causa del gran numero di persone morte in questo evento, ma anche perché è servito come pretesto per la prima guerra di aggressione completamente illegale  da parte degli USA / della NATO, che hanno attaccato i serbo-bosniaci in violazione dello Statuto delle Nazioni Unite. Tutte le successive guerre di aggressione dell’Impero Anglo-Sionista (Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Libia, Siria, Yemen, ecc.) hanno il loro prototipo nella guerra contro i serbi di Bosnia.
Posso personalmente testimoniare che sono stati espressi dubbi su ciò che è realmente accaduto (o non è accaduto) a Srebrenica all’interno di, diciamo, “circoli ben informati”, nei giorni della conquista serbo-bosniaca della città. Non posso dare un nome a questi circoli, ma diciamo solo che sto parlando di persone con accesso diretto ad informazioni riservate provenienti dalla Bosnia. Una cosa è stata stabilita immediatamente: che un gran numero di uomini armati bosniaco-musulmani aveva tentato uno sfondamento da Srebrenica a Tuzla e che 1) molti erano stati uccisi *in combattimento* con i bosniaco-serbi e che molti effettivamente ce l’avevano fatta ad arrivare a Tuzla.
[Integrazione: Srebrenica era stata dichiarata “zona sicura” dalle Nazioni Unite. Ciò significava due cose principali: in primo luogo, che i bosniaco-musulmani dovevano demilitarizzare totalmente l’intera città, mentre i bosniaco-serbi dovevano smettere di attaccarla, e non pensare neppure di entrarvi. Questi “rifugi sicuri” delle Nazioni Unite erano destinati solo ai civili. In realtà, però, i bosniaci-musulmani mantennero un’intera Divisione di Montagna a Srebrenica e continuarono a rinforzarla sia via terra che per via aerea. A rendere le cose ancora peggiori, i bosniaco-musulmani utilizzavano costantemente Srebrenica come base sicura per attaccare le posizioni bosniaco-serbe attorno alla città. All’inizio della guerra, i bosniaco-musulmani avevano già bruciato tutti i villaggi bosniaco-serbi attorno a Srebrenica e massacrato la maggior parte dei civili che vi avevano trovato vivi (stiamo parlando di diverse migliaia di civili). I bosniaco-serbi locali avevano promesso che un giorno si sarebbero vendicati per questi massacri e alcuni di essi lo hanno fatto davvero quando i bosniaco-serbi sono entrati a Srebrenica. Inutile dire che nulla di tutto questo è stato mai segnalato dalla corporazione dei media sionisti occidentali].
L’altro fatto che tutte le persone “ben informate” sapevano è che c’erano stati diversi massacri “sotto falsa bandiera” a Sarajevo, in particolare i cosiddetti “massacri del mercato di Markale” (nel 1994 e nel 1995), entrambi non attribuibili ai serbo-bosniaci, cosa che la UNPRFOR sapeva, ma non poteva dire pubblicamente.
Anche se sono convinto che la narrativa ufficiale su Srebrenica (che parla di un deliberato omicidio di massa o persino di un genocidio organizzato dai bosniaco-serbi) sia falsa, sono anche giunto a credere che non sia stato neppure un “semplice” attacco sotto falsa bandiera. Srebrenica è stata una combinazione simultanea dei seguenti fattori:
1. Le operazioni di combattimento tra le forze regolari bosniaco-serbe e le forze bosniaco-musulmane che cercavano di uscire da Srebrenica.
2. L’esecuzione “spontanea” di un certo numero di civili e prigionieri di guerra da parte di bosniaco-serbi in cerca di vendetta.
3. L’esecuzione deliberata di un certo numero di civili e prigionieri di guerra non ordinata dai bosniaco-serbi, ma da alcuni funzionari jugoslavi (federali).
4. Una deliberata operazione di guerra psicologica degli USA per gonfiare grossolanamente il numero delle vittime e darne la colpa ai bosniaci-serbi.
Devo dire qui che ho appreso il punto 3 solo molto recentemente da un contatto ben informato serbo, nel quale ripongo piena fiducia. Mentre non posso corroborare la sua affermazione, questa si ‘adatta’ perfettamente a quello che so. Questo contatto è attualmente riluttante a entrare nei dettagli o a fare nomi, ma sono fiducioso che la verità su questo verrà fuori molto presto.
Ciò che non è meno importante di quello che è stato Srebrenica, è precisare ciò che non è stato.
1. Non è stato un genocidio, neanche secondo la definizione più inclusiva di questa parola. In primo luogo, i bosniaco-serbi e i bosniaco-musulmani sono esattamente lo stesso gruppo etnico e ciò che li differenzia è la loro religione. Quindi, qualsiasi discorso di “pulizia etnica” è privo di senso nel contesto bosniaco.
2. È del tutto evidente che né Radovan Karadžić né Ratko Mladić hanno mai dato alcun ordine di commettere massacri. Se avessero voluto dare tali ordini, si sarebbero tenuti lontani dalla scena e non avrebbero fatto quello che Mladić ha fatto quel giorno: far arrivare diversi autobus carichi di giornalisti e poi andare in tv a promettere pubblicamente ai civili bosniaco-musulmani che lui garantiva personalmente la loro sicurezza. È assolutamente chiaro che Mladić e i bosniaco-serbi sono caduti in una trappola accuratamente predisposta dagli Stati Uniti.
3. Tuttavia, ci sono ora prove che sono arrivati ordini da Belgrado di “consegnare” un certo numero di vittime innocenti, che, a loro volta, avrebbero fornito agli USA / alla NATO un pretesto per intervenire. Sì, avete letto bene. Sto affermando che alcuni funzionari di Belgrado stavano operando mano nella mano con gli Stati Uniti.
[Integrazione: per coloro che potrebbero mettere in dubbio che (almeno alcuni elementi) a Belgrado e Washington stessero segretamente lavorando assieme, vorrei ricordare che le autorità federali jugoslave (Milošević) avevano davvero aderito al blocco anglo-sionista contro i bosniaco-serbi, e che quando gli Stati Uniti / la NATO avevano attaccato i bosniaco-serbi, Milošević aveva ordinato alle forze jugoslave di ritirarsi e di tradire i bosniaco-serbi che avevano avuto fiducia in loro {Nota: mi è stato detto da un lettore che, mentre quel tradimento è avvenuto davvero, sotto forma di un blocco, non c’erano invece unità jugoslave sulla linea del fronte nel 1995. Erano state ritirate nel 1992, quando avevano subito pesanti perdite ritirandosi da Sarajevo. Questo potrebbe essere vero – sono passati 20 anni e io scrivo a memoria}. Allo stesso modo, Milošević ha anche tradito i serbi in Kosovo, quando ha ordinato al suo esercito di ritirarsi, anche se questo era sopravvissuto ai bombardamenti della Nato quasi completamente illeso].
Il problema principale nello stabilire la verità su quanto è accaduto a Srebrenica è che letteralmente tutti, compresi gli USA, la NATO, i Paesi europei, e anche la Russia sotto Eltsin e la Jugoslavia sotto Milošević, avevano un grande interesse ad attenersi alla storia ufficiale. Tutte queste forze volevano porre fine alla guerra e gli ostinati bosniaco-serbi non erano disposti ad arrendersi. Così tutti avevano bisogno di un pretesto perché gli Stati Uniti / la NATO attaccassero direttamente i bosniaco-serbi e questo è ciò che è diventata Srebrenica: una parola d’ordine per giustificare un attacco completamente illegale (e, direi, immorale) di una superpotenza e di un’alleanza militare contro una piccola, in gran parte rurale, minoranza religiosa che era colpevole di non aver obbedito all’ordine dell’Egemone quando le è stato detto di farlo.
La mia speranza è che, 20 anni più tardi, questo potrebbe cambiare, e che il più grande cambiamento potrebbe venire dalla parte meno attesa: il mondo musulmano.
Perché?
Per un certo numero di motivi:
In primo luogo, mentre l’Impero Anglo-Sionista ha preteso di agire in difesa dei musulmani in Bosnia e in Kosovo, poi si voltò verso esattamente lo stesso insieme di PSYOPS per attaccare Paesi musulmani come Libia, Iraq, Afghanistan, Siria, Yemen, Sudan, Somalia, ecc. All’inizio erano i “cetnici serbi” che facevano la parte dei cattivi contro “l’Impero della gentilezza” e le sue operazioni di “responsabilità di proteggere” (R2P), ma dopo Bosnia e Kosovo, tutti gli altri “nuovi Hitler” sono stati di Paesi islamici. Vi ricordate le assurdità su “Gheddafi che dava il Viagra ai suoi soldati per stuprare le donne dell’opposizione”? Non vi ricorda lo “stupro come arma di pulizia etnica” della narrativa bosniaca? E il “massacro di Hula” in Siria? Non è come il “massacro di Markale”? Ora che i musulmani sono essi stessi vittime esattamente degli stessi vecchi sporchi trucchi, potrebbero essere molto più disposti a mettere in discussione la versione ufficiale su Srebrenica rispetto a prima.
In secondo luogo, un gran numero di musulmani è davvero morto a Srebrenica. Alcuni in combattimento “legittimo”, ma altri sono stati davvero giustiziati. Gli amici e i parenti di questi musulmani assassinati vorranno sapere chi ha ordinatoveramente questi omicidi. Mentre potrebbe essere di conforto per loro vedere Karadžić e Mladić in carcere all’Aja, potrebbero non essere così felici all’idea che i veri colpevoli sono ancora liberi, soprattutto se alcuni di questi colpevoli comprendono funzionari bosniaco-musulmani nel governo di Sarajevo.
Il massacro di Timișoara non è mai accaduto e la cifra originale di 4.630 “vittime del massacro” è stata successivamente ridimensionata alla molto più piccola, ma ufficiale, cifra di 93. La cifra reale è probabilmente ancor più bassa [NdT:in inglese]
La storia completa e reale di Srebrenica non è ancora emersa, ma la buona notizia è che è finalmente oggetto di ricerca e di discussione. Ancora più importante, musulmani e cristiani ortodossi hanno cominciato a fare ricerche congiunte su questi eventi (vedi sotto). Ciò che è fondamentale in questo momento sono due questioni distinte:
a) L’indagine degli eventi reali sul campo, ciò che realmente è accaduto a Srebrenica e l’istituzione dell’elenco completodei responsabili dei massacri di civili e prigionieri di guerra, indipendentemente dal luogo in cui sono stati o in cui sono.
b) L’analisi dell’uso che è stato fatto degli eventi di Srebrenica da parte dell’Impero anglo-sionista.
Si tratta di questioni diverse che devono essere affrontate separatamente. Entrambi questi problemi, però, ci obbligano tutti e assolutamente ad accettare di mettere in discussione la versione ufficiale (che, francamente, non ha proprio alcun senso) e di cercare la verità, qualunque essa sia, e a ogni costo.
Come parte di questa ricerca della verità attraverso un dibattito franco e aperto vi presento una serie di documenti molto importanti:
1) Una “Lista dei fatti di Srebrenica” preparata da Stefan Karganović e Aleksandar Pavić.
2) Un rapporto dal titolo “Srebrenica quindici anni più tardi – La questione delle prove“, scritto da George Bogdanich e Jonathan Rooper.
3) Un rapporto intitolato “Una sfida responsabile alla narrativa di Srebrenica” circa una recente conferenza a Banja Luka sul tema “Può Srebrenica, divenuta arma politica, essere trasformata in uno strumento di pacificazione?
4) Il video del discorso dello sheikh Imran Hussein alla Conferenza di Banja Luka.
5) Il video del discorso del professor Aleksandr Dugin alla Conferenza di Banja Luka.
6) Il video di un appello ai bosniaco-musulmani da parte dello sheikh Imran Hussein.
7) Un’analisi dal titolo “La riconciliazione al modo dell’Impero” di “S.P.” circa gli eventi attorno al veto russo al Consiglio di sicurezza dell’ONU sulla risoluzione “Il genocidio di Srebrenica”, presentata dal Regno Unito.
Per coloro che non li hanno visti, mi piacerebbe rimandarvi anche a questi articoli del passato riguardanti la guerra in Bosnia [NdT:in inglese]:
C’è molto da leggere, lo capisco, tuttavia credo fermamente che l’argomento sia abbastanza importante da meritare un’analisi e una discussione approfondita e dettagliata.
Voglio anche ripetere che, mentre la mia posizione personale su ciò che è realmente accaduto a Srebrenica è abbastanza chiara, invito coloro che non saranno d’accordo con tale posizione, o con uno qualsiasi dei documenti presentati qui, a presentare le proprie prove e analisi. Mentre non saranno assolutamente tollerati argomenti ad hominemdi alcun tipo, io incoraggio un dibattito vigoroso e a conclusioni aperte su questo, e su qualsiasi altro, argomento.
Molta gente ha fatto molti sforzi per presentarvi tutte queste informazioni e spero che le troverete utili e che ne farete buon uso. A tutti coloro che hanno contribuito a preparare questa relazione – il mio più vivo ringraziamento per tutto il vostro tempo e i vostri sforzi!
Srebrenica ha avuto luogo 20 anni fa, ma è ancora oggi utilizzata come arma primaria per coloro che vogliono opporsi ai musulmani e ai cristiani ortodossi. Fintanto che tutti accettiamo di giocare ai “cetnici contro wahabiti”, continueranno a dividerci e a conquistarci. Coloro che insistono contro ogni evidenza che questo racconto sia vero dovrebbero chiedersi chi trae beneficio da questa dinamica. Io sostengo che il vero colpevole è quello che in realtà ha creato tutte le condizioni perché Srebrenica accadesse, e che ha lavorato a questo piano non a Pale e a Sarajevo, ma a Belgrado e a Washington DC. Mi auguro che le informazioni qui sotto contribuiranno a stabilire questa verità.
Saker

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SREBRENICA 1995-2015: Solo i fatti, senza propaganda o abbellimenti
Che cosa è stato irrefutabilmente stabilito, e che cosa non lo è stato
Per ben 20 anni, il quadro completo di quello che è accaduto, e non è accaduto, dentro e intorno alla presunta “zona di sicurezza” delle Nazioni Unite nella città di Srebrenica in Bosnia-Erzegovina nel luglio 1995 è stato soppresso. È arrivato il momento di sollevare la nebbia di segretezza e di disinformazione.
SREBRENICA 1995-2015: Solo i fatti, senza propaganda o abbellimento
Questo breve info-libro si basa sul lavoro di vari esperti americani, britannici, olandesi, bosniaco-musulmani e bosniaco-serbi impegnati nell’analisi o delle indagini dei fatti di Srebrenica nel corso degli ultimi 20 anni, dei rapporti dei media, e della testimonianza di persone direttamente coinvolte o interessate.
Editori:
Stefan Karganović
Aleksandar Pavić
Introduzione
Il ventesimo anniversario della caduta dell’enclave di Srebrenica in Bosnia-Erzegovina, nel luglio 2015, è un’occasione importante. Questo breve libro infatti è dedicato a tutti coloro che sono interessati alla verità, piuttosto che alla politicizzazione. Dopo 20 anni, è il momento di dare un serio sguardo ai fatti, e solo ai fatti. Ciò è particolarmente importante non solo dal punto di vista della ricerca della verità, ma anche perché gli eventi di Srebrenica non sono diventati solo un problema locale, o anche regionale, ma un problema di importanza globale, che attira sempre un’ampia copertura dei mass-media, suscita polemiche politiche e serve come strumento di destabilizzazione politica.
L’intento di base di quest’opuscolo è di fornire agli esperti e al più vasto pubblico una panoramica di tutti i fatti noti relativi a Srebrenica che sono stati stabiliti sulla base delle sentenze emesse dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (TPIJ), la corte ad hoc istituita dalle Nazioni Unite nel 1993, al culmine della guerra civile in jugoslava, su insistenza degli Stati Uniti. Tuttavia, un compito altrettanto importante è dimostrare ciò che non è stato stabilito ma continua a essere presentato (falsamente) come fatti, e sulla cui base di prendono valutazioni e decisioni politiche di vasta portata.
Quali sono i principi fondamentali che stanno dietro questa pubblicazione?
- La verità è sempre necessaria, sia per le vittime sia per gli imputati e i condannati, per gli storici interessati ai fatti piuttosto che alla propaganda, e per i personaggi pubblici che desiderano veramente operare nell’interesse pubblico; tuttavia, per quanto riguarda Srebrenica, la verità non è stata servita bene finora, come verrà illustrato;
- Anche se ancora non si può affermare con certezza ciò che è avvenuto esattamente a Srebrenica nel 1995, si è accertato abbastanza nel corso degli ultimi 20 anni per essere in grado di affermare con sicurezza ciò che non è accaduto – eppure è proprio questo che viene presentato come la verità. Le cifre che sono presentate costantemente e acriticamente nei media locali, regionali e internazionali, forum, istituzioni e strutture politiche – basate sull’affermazione che “le forze serbe” hanno commesso un “genocidio” di oltre 7.000-8.000 prigionieri di guerra bosniaco-musulmani – semplicemente non reggono all’esame, e non sono supportate da alcuna evidenza finora comprovata;
- Numeri arbitrari e accuse di fatto infondate, “risoluzioni” parlamentari e internazionali insieme a condanne del TPIJ, sono (ab)usati per avvelenare relazioni sociali, politiche, interreligiose, interetniche e internazionali, per seminare divisioni e instabilità, per approfondire le tensioni e fomentare l’estremismo nei Balcani e non solo. Questo serve solo gli interessi di coloro che traggono profitto dalla destabilizzazione permanente, dalle turbolenze, dalle divisioni artificiali e dagli “scontri di civiltà”;
- La tragedia di Srebrenica è stata (ab)usata più volte, e continua a essere (ab)usata, come pretesto per organizzare un intervento politico e/o militare contro stati sovrani, o intromettersi nei loro affari interni e fomentare turbamenti interni per motivi “umanitari”. “Dobbiamo evitare un’altra Srebrenica!” è un grido di guerra che è stato ascoltato spesso negli ultimi dieci anni o giù di lì, come prefazione a interventi militari occidentali in Jugoslavia (Kosovo), Congo, Macedonia, Iraq, Siria, Libia. Srebrenica è anche un pilastro importante nell’ideologia dietro la dottrina della cosiddetta “responsabilità di proteggere” (R2P), costruita per legalizzare l’interventismo istigato globale dall’Occidente. Questo è il motivo per cui la verità su Srebrenica, non importa quanto spiacevole o incriminante per coloro che vi sono coinvolti, è una questione di importanza e ramificazione globale;
- Dopo quasi 20 anni di lavoro, rinvii a giudizio, testimonianze, processi e milioni di pagine di “prove”, il TPIJ non è ancora riuscito a stabilire la verità. Praticamente l’unico successo che il TPIJ può vantare è che è riuscito, con mezzi discutibili, a etichettare gli eventi di Srebrenica come “genocidio” – senza prove adeguate, e usando ragionamenti giuridici molto discutibili.
Così, dopo due decenni di inutilità, offuscamento intenzionale e giochi politici su una tragedia umana, è il momento di provare con qualcosa di nuovo. Per fare finalmente un tentativo credibile di accertare ciò che è accaduto realmente a Srebrenica nel luglio 1995, il modo migliore e più legittimo sarebbe quello di stabilire una Commissione internazionale per la verità su Srebrenica, veramente indipendente. Questo sarebbe il modo migliore per fermare ulteriori brutte politicizzazioni e (ab)usi di questo tragico evento, e per portare finalmente pace alle sue vere vittime, da tutte le parti del conflitto, e soddisfazione alle famiglie delle vere vittime, di cui tutte le persone benintenzionate condividono il dolore. Infatti, ha avuto certamente luogo un crimine a Srebrenica, e solo la sua risoluzione piena e completa permetterebbe a tutti di affrontare apertamente e pienamente il passato, riconciliarsi e, infine, andare avanti.
Questa pubblicazione è un contributo in tale direzione, un tentativo di facilitare la creazione di tutta la verità riguardo a ciò che è accaduto a Srebrenica, e non solo nel 1995, con la speranza che possa essere utile ai media, all’opinione pubblica, ai politici e a tutti coloro che hanno il potere di adottare misure idonee ad affrontare finalmente questo problema internazionale e a metterlo nella sua giusta prospettiva – senza manipolazioni, abusi dei fatti o secondi fini.
Srebrenica: fatti, presupposti, incognite
1. In base alle sentenze emesse dal Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (TPIJ), quante persone sono state uccise a Srebrenica nel luglio 1995?
Il Centro memoriale di Potocari, vicino a Srebrenica, elenca il numero di 8.372 vittime.
Secondo il “Bosnian Atlas of Crime”, edito dal Centro per la Ricerca e Documentazione di Sarajevo, 6.886 persone sono state uccise a Srebrenica e nei dintorni nel luglio 1995; tuttavia, una tabella separata pubblicato dal Centro elenca 4.256 morti e 2.673 dispersi bosniaco-musulmani (qui è evidente che i conti non tornano).
La sentenza del TPIJ nel caso del generale bosniaco-serbo Radislav Krstić cita la cifra di “7.000-8.000 persone” (sentenza del processo, par. 487).
La sentenza del TPIJ nel caso del colonnello bosniaco-serbo Vujadin Popović, afferma: “Il tribunale ha scoperto che, dal 12 luglio fino alla fine di luglio del 1995, diverse migliaia di uomini bosniaco-musulmani sono stati giustiziati” (sentenza del processo, par. 793). Il tribunale ha inoltre dichiarato che “ha scoperto che almeno 5.336 individui identificati sono stati uccisi nelle esecuzioni a seguito della caduta di Srebrenica, e questo numero potrebbe arrivare fino a 7.826″ (sentenza del processo, nota 2.862).
Nella sentenza del TPIJ nel caso del generale serbo bosniaco Zdravko Tolimir, si fornisce la cifra di “4.970 vittime” (sentenza d’appello, par. 426).
Pertanto, non solo le cifre fornite e presumibilmente accertate dal TPIJ variano costantemente, ma confondono anche comodamente tra quelli che sono a) di fatto vittime di esecuzioni, b) morti per altre cause, sia in combattimento con le forze serbe, per cause naturali, a causa di un suicidio, battaglia o lotte intestine tra le forze musulmane stesse, e c) ancora dispersi e il cui destino esatto non è noto. Solo quelli sotto la voce a) possono essere considerati vittime di crimini di guerra. Eppure, tutte queste categorie di vittime sono ammassate insieme in una cifra comune al fine di gonfiarla a sufficienza per giustificare l’affermazione “genocidio”.
Conclusione: né il TPIJ, né qualsiasi altra istituzione ha, a partire dal luglio 2015, determinato con precisione il numero dei prigionieri giustiziati. Inoltre, le vittime di esecuzioni, le vittime di guerra, di lotte intestine, di suicidio, i morti per cause naturali e i dispersi sono stati costantemente accomunati assieme. Il numero preciso delle vittime giustiziate deve essere ancora stabilito – e solo oro in questa situazione possono essere classificate come vittime di un crimine di guerra.
2. Quante persone sono state effettivamente condannate dal TPIJ come esecutori diretti o complici di esecuzioni dei prigionieri a Srebrenica e nei dintorni nel luglio 1995?
L’unica persona condannata dal TPIJ come diretto autore di un crimine a Srebrenica non è un serbo, ma un bosniaco-croato, Drazen Erdemović, identificato come un membro della “10a unità di sabotaggio” all’interno dell’esercito serbo-bosniaco, che è stato condannato nel 1998 per la partecipazione “alla morte di centinaia di civili maschi bosniaco-musulmani, dei quali il numero esatto non è stato accertato” (sentenza di condanna, 5 marzo 1998) – e condannato esattamente a 5 anni. Questa sentenza assurdamente bassa è stata decisa dopo che Erdemović ha fatto un accordo con l’Ufficio del Procuratore del TPIJ, sulla base della sua testimonianza, da lui cambiata più volte, e a condizione che egli testimoniasse contro gli imputati serbi ogni volta che il TPIJ lo convocava. Un’altra parte del patto era che a Erdemović fosse concesso lo status di testimone protetto, in base al quale gli è stata data una nuova identità e la residenza in un ignoto Paese occidentale.
Per sua stessa ammissione, Erdemović aveva combattuto su tutti i tre lati del conflitto bosniaco: l’esercito bosniaco-musulmano, l’esercito bosniaco-croato e l’esercito bosniaco-serbo. Inoltre è dannoso per la sua credibilità il fatto che, dopo un esame psichiatrico, il TPIJ ha dichiarato Erdemović mentalmente compromesso e non idoneo a un ulteriore processo il 27 giugno 1996. Tuttavia, solo alcuni giorni dopo, il 5 luglio 1996, Erdemović, ancora formalmente sotto accusa, è apparso come testimone della Procura nel processo contro il leader serbo bosniaco Radovan Karadžić e il comandante dell’esercito bosniaco-serbo, il generale Ratko Mladić. Anche se il TPIJ aveva appena ritenuto Erdemović “inadatto a essere interrogato”, la “testimonianza non verificata e incontrastata (e incontrastabile) di questo uomo malato e assassino di massa che doveva ancora affrontare il suo processo e sua la condanna” (Prof. Edward Herman) è stata utilizzata per spiccare mandati di arresto per Karadžić e Mladić.
Erdemović è stato inizialmente arrestato dalle autorità jugoslave, il 3 marzo 1996 e quasi subito accusato, ma è stato consegnato al TPIJ sotto pressione e insistenza degli Stati Uniti il 30 marzo 1996.
La testimonianza contraddittoria e incoerente di Erdemović è stata analizzata ed esposta in dettaglio nel libro “Il testimone stellare” di Germinal Chivikov, giornalista bulgaro che ha riferito sul processo al TPIJ alla radio di Stato tedesca Deutsche Welle.
Una delle questioni chiave che screditano Erdemović è il fatto che, sul luogo stesso in cui ha testimoniato di aver partecipato all’esecuzione di “circa 1.200 prigionieri,” le squadre forensi del TPIJ hanno portato alla luce un totale di 127 resti di vittime potenziali, di cui 70 con bende sugli occhi e/o legacci, il che indicherebbe una morte per esecuzione. Tuttavia, questa incoerenza lampante non ha impedito al TPIJ di continuare ad utilizzare Erdemović come suo “testimone” per quanto riguarda Srebrenica.
Inoltre, Erdemović non è stato nemmeno in grado di confermare davanti al TPIJ la data esatta del “massacro” a cui egli avrebbe partecipato, parlando in alternativa del 16 luglio e del 20 luglio 1995 come possibili date.
Erdemović non è riuscito nemmeno a offrire una testimonianza coerente per quanto riguarda il rango che ricopriva al momento del suo presunto crimine, sostenendo in alternativa di essere un sergente o di essere stato retrocesso a soldato semplice.
Infine, fino ad oggi, Erdemović “non riesce a ricordare” chi ha dato l’ordine delle esecuzioni in cui egli avrebbe preso parte. Nella sua versione, era “una specie di tenente colonnello”, che non è ancora stato identificato, dopo quasi 20 anni.
Alcuni complici, non ma tutti, nominati da Erdemović sono stati in seguito condannati, ma non dal TPIJ, bensì dalla Corte della Bosnia-Erzegovina per i crimini di guerra nel 2012.
Franc Kos, Stanko Kojić, Vlastimir Golijan e Zoran Goronja sono stati condannati a pene detentive variabili per esecuzioni alle fattorie di Branjevo. Ciò che è particolarmente interessante è il fatto che né loro né nessuno degli altri sette complici, né i due superiori della catena di comando nominata da Erdemović, sono stati mai incriminati dal TPIJ o anche solo chiamati a testimoniare, probabilmente perché il TPIJ non voleva correre il rischio di sentire testimonianze che sarebbero state in contraddizione con quella del suo “testimone stellare”. Pensateci: i complici in quello che è accusato come “il delitto più grave in Europa dopo la seconda guerra mondiale” – non sono mai stati oggetto di interesse come “testimoni” al tribunale internazionale incaricato del caso. Questo sarebbe simile a un tribunale penale che ignora tutti i partecipanti in un omicidio di gruppo, ed emette un solo mandato d’arresto e interroga un solo membro del gruppo, senza essere interessato a sentire le testimonianze degli altri complici.
Erdemović e i suoi complici erano membri di un’unità militare bosniaco-serbo, la “10a unità di sabotaggio”, un’unità multi-etnica di serbi, croati, musulmani e sloveni, la cui catena di comando di legame con l’esercito bosniaco-serbo non è mai stata stabilita, e i cui membri erano stati, secondo la testimonianza dinanzi al TPIJ, da dieci giorni in congedo dal servizio, al momento in cui le presunte esecuzioni hanno avuto luogo. Un certo numero di membri dell’unità erano chiaramente mercenari, passati al servizio di interessi francesi in Africa dopo la guerra in Bosnia-Erzegovina. Erdemović stesso ha testimoniato di aver ricevuto fino a 12 chili di oro per alcuni “servizi resi”, cosa che non segue proprio il modo in cui operano le unità militari regolari.
3. Quali sentenze ha comminato il TPIJ contro gli altri condannati per crimini o “genocidio” a Srebrenica?
Dragan Obrenović (2003), condannato a una pena detentiva di 17 anni per la persecuzione della popolazione musulmana di Srebrenica, dopo un patteggiamento con la procura.
Vidoje Blagojević (2005), per omicidio, persecuzione e trattamento inumano, condannato a 15 anni di carcere.
Dragan Jokić (2005), per complicità nello sterminio e in crimini contro l’umanità, condannato a 9 anni di carcere.
Vujadin Popović (2010), per genocidio e crimini contro l’umanità, all’ergastolo.
Ljubiša Beara (2010), per genocidio e crimini contro l’umanità, all’ergastolo.
Drago Nikolić (2010), per comnlicità in genocidio e in crimini contro l’umanità, condannato a 35 anni di carcere.
Radivoje Miletić (2010), per crimini contro l’umanità e violazione delle leggi e delle consuetudini di guerra, condannato a 18 anni di carcere.
Vinko Pandurević (2010), per crimini contro l’umanità e violazione delle leggi e delle consuetudini di guerra, condannato a 13 anni di carcere.
Ljubiša Borovčanin (2010), per crimini contro l’umanità e violazione delle leggi e delle consuetudini di guerra, condannato a 17 anni di carcere.
Nessuno dei soggetti di cui sopra è stato accusato o condannato per l’esecuzione di prigionieri di guerra, ma sulla base di “responsabilità di comando” e della “Joint Criminal Enterprise” (JCE), controversa dottrina sviluppata dal TPIJ, per la quale gli esperti giuridici hanno adottato un’efficace sinonimo: “Just Convict Everybody” (condannare proprio chiunque). Usando questo comodo dispositivo legale, il TPIJ è stato in grado di condannare anche persone che non erano a conoscenza di reati commessi, e tanto meno vi avevano partecipato a loro, o avevano dato ordini a proposito.
4. Dopo quasi 20 anni di procedimenti giudiziari, il TPIJ ha accertato chi ha dato gli ordini per l’esecuzione dei prigionieri di guerra?
No. Nel suo parere separato e in parte dissenziente nella sentenza d’appello nel caso Tolimir (Aprile 2015), il giudice d’appello Jean-Claude Antonetti ha scritto che, se qualcuno dei familiari delle vittime gli avesse chiesto chi ha ordinato le esecuzioni e perché , egli non sarebbe stato in grado di rispondere (sentenza d’appello, pag. 400). Nessun altro giudice del TPIJ ha contestato tale valutazione.
In aggiunta a questo, c’è un’altra testimonianza ampiamente pubblicizzata che semplicemente non deve essere ignorata se si vuole situare l’intera tragedia di Srebrenica in un contesto appropriato, e provare, in buona fede, a giungere alle sue cause principali.
In diverse occasioni e per mezzo di vari media, Hakija Meholjić, ex capo della polizia di Srebrenica e membro della sua presidenza in tempo di guerra, ha citato le parole di Alija Izetbegović, presidente bosniaco-musulmano del tempo di guerra, pronunciate in presenza di Meholjić a una riunione a Sarajevo nel 1993, e che sono state riassunte nel seguente Rapporto delle Nazioni Unite:
Alcuni membri superstiti della delegazione di Srebrenica hanno dichiarato che il presidente Izetbegović ha anche detto di aver appreso che un intervento della NATO in Bosnia Erzegovina sarebbe stato possibile, ma avrebbe potuto avere luogo solo se i serbi avessero fatto irruzione, uccidendo almeno 5.000 dei suoi abitanti. Il presidente Izetbegović ha categoricamente negato di aver fatto una simile dichiarazione”. [La caduta di Srebrenica (A / 54/549), Rapporto del Segretario Generale ai sensi della risoluzione dell’Assemblea Generale 53/35, 15 novembre 1999, par. 115.] Meholjić continua a sostenere fino a oggi di essere stato uno dei nove testimoni che udirono Izetbegović dire questo, e che questa era un’offerta comunicata direttamente a Izetbegović dall’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. Forse è per questo che un altro leader di Srebrenica del tempo di guerra, Ibran Mustafić, in occasione della visita a Srebrenica di Clinton del 2003, ha dichiarato che si trattava di un caso di “ritorno del criminale sulla scena del delitto”.
5. Quanti corpi sono stati sepolti finora al Centro memoriale di Potočari vicino a Srebrenica, il cimitero riservato alle vittime musulmane dal luglio 1995?
Nel 2015, circa 6.300 “nomi” sono stati sepolti nel cimitero (facendo progressi sostanziali verso il numero di 8372 iscritti sul monumento commemorativo, anche se la base per questo dato non è chiaro). La procedura di sepoltura è completamente controllato dall’Istituto della Bosnia-Erzegovina per le persone scomparse, con sede a Sarajevo, e dalle autorità religiose musulmane, che, con il pretesto di rispetto delle regole e delle prescrizioni religiose, non hanno consentito alcun accesso di terzi ai contenuti delle bare, così come non hanno consentito alcuna verifica indipendente dei resti sepolti. Ciò significa che persino ai team di difesa degli imputati al TPIJ è stato negato l’accesso a conferme indipendenti dell’identità del resti umani sepolti a Potočari.
Per illustrare la natura opaca del Centro memoriale di Potočari e i giochi oscuri che lo circondano, è istruttivo leggere le parole di Haša Omerović, una donna bosniaca-musulmana che ha perso il marito, il padre e il fratello intorno a Srebrenica nel luglio 1995, ma che ha rifiutato di far seppellire il marito nel cimitero del Centro memoriale di Potočari:
Ci sono altre famiglie che hanno evitato di parlarne in pubblico, ma che hanno sepolto in silenzio, a proprie spese, i loro cari in altri luoghi, al di fuori di Potočari. Ci sono anche persone sepolte a Potočari, che non sono state uccise nel 1995, che erano soldati o comandanti. Sono sepolti a Potočari, e loro monumenti sono gli stessi di quelli delle persone che erano state effettivamente uccise nel luglio 1995. Inoltre vi sono sepolte persone uccise in lotte intestine o in altri tipi di battaglie. Quella erano le guerre più sporche, condotte da mafiosi, non da gente normale”.
(“Haša Omerović – un altro Volto di Srebrenica“, rivista Novi Reporter, Banja Luka, Bosnia-Erzegovina, 2 marzo 2011.)
E uno dei fondatori del principale partito politico bosniaco-musulmano, e da lungo tempo membro del Comitato organizzatore per il ricordo di Srebrenica, Ibran Mustafić, dice:
Per molto tempo Srebrenica è stato un oggetto di manipolazione, e il manipolatore capo è Amor Masović (presidente della Commissione per la ricerca dei dispersi della Federazione di Bosnia-Erzegovina), il cui piano era di vivere di rendita sulle vittime di Srebrenica per i prossimi 500 anni. Ci sono anche molti altri, che erano vicini a Izetbegović, che già nell’estate del 1992 avevano iniziato il progetto di pompare al massimo il numero delle vittime bosniache“.
(“Mustafić: Più di 500 musulmani bosniaci a Srebrenica sono stati uccisi dai musulmani bosniaci,”, quotidiano Politika, Belgrado, Serbia, 20 febbraio 2013. )
6. È stato definitivamente accertato che tutti i corpi sepolti presso il Centro memoriale di Potočari sono “vittime di Srebrenica”?
No. A parte il personale forense del TPIJ e dell’ICMP (Commissione internazionale per i dispersi) di Tuzla, sotto il controllo del governo degli Stati Uniti, nessuno ha accesso ai corpi o ha un diritto di verifica indipendente.
I dati demografici e le sentenze del TPIJ non menzionano le perdite in combattimento nella 28° divisione dell’esercito bosniaco-musulmano – che aveva avuto sede nella “zona demilitarizzata” di Srebrenica nel corso degli ultimi tre anni – durante il suo sfondamento attraverso le linee dell’esercito bosniaco-serbo verso la città bosniaca settentrionale di Tuzla a metà luglio 1995. In media, i rapporti delle Nazioni Unite e di altre fonti competenti stimano il numero di queste vittime in battaglia a circa 3.000. Va sottolineato che queste morti, pur senza dubbio tragiche, sono vittime di guerra e non possono essere classificate come vittime di crimini di guerra.
Mirsad Tokača, direttore del Centro di informazione e documentazione di Sarajevo, ha dichiarato nel 2010 che “circa 500 residenti viventi di Srebrenica”, precedentemente classificati come “dispersi”, sono stati ritrovati, insieme a “70 persone sepolte presso il Centro memoriale di Potočari, che non sono state uccise a Srebrenica. “
Ibran Mustafić, un funzionario bosniaco-musulmano di Srebrenica, ha dichiarato che circa 1.000 persone sono state uccise in scontri intestini durante il loro ritiro da Srebrenica nel luglio 1995.
Nel suo libro, “Srebrenica testimonia e accusa” (1994, pp. 190-244), il comandante delle forze musulmane a Srebrenica, Naser Orić, ha pubblicato i nomi di 1.333 uomini della presunta smilitarizzata enclave di Srebrenica che sono stati uccisi negli scontri prima della caduta di Srebrenica nel luglio 1995, quando le unità di Orić lanciavano regolarmente incursioni omicide contro i villaggi serbi circostanti. Tuttavia, molti di questi nomi sono stati coperti da segreto e sepolti come “vittime di genocidio.”
Il direttore del Centro memoriale di Potočari, Mersed Smajlović, e il direttore del Centro per le persone disperse della Bosnia-Erzegovina, Amor Masović, hanno ammesso che circa 50 persone che sono state uccise nel 1992, ma che sono “strettamente legate” alle persone classificate come vittime di esecuzioni, sono sepolte nel cimitero del Centro memoriale di Potočari.
L’ex capo della polizia di Srebrenica Hakija Meholjić ha dichiarato che è “arrabbiato con tutti” quei responsabili per la sepoltura nel cimitero del Centro memoriale di Potočari di 75 persone che non furono uccise nel luglio 1995.
L’americano Philip Corwin, l’ufficiale civile di più alto rango delle Nazioni Unite in Bosnia-Erzegovina nel luglio del 1995, ha costantemente sostenuto nel corso degli anni che “700-800″ persone sono state giustiziate in prossimità di Srebrenica a quel tempo.
Yossef Bodansky, direttore della Task Force del Congresso sul terrorismo e la guerra non convenzionale della Camera dei Rappresentanti dal 1988 al 2004, ha fatto riferimento alla cifra di 7.000 vittime di Srebrenica come a una “disinformazione”, aggiungendo che “tutte le prove forensi indipendenti parano di vittime musulmane nell’ordine delle centinaia, forse di poche centinaia. La continua enfasi su questi presunti numeri elevati di morti musulmani a Srebrenica offusca anche i precedenti omicidi di civili serbi da parte di musulmani in quella città”.
(Relazione speciale della International Strategic Studies Association, “Osama bin Laden si concentra sui Balcani per la nuova ondata di terrorismo anti-occidentale”, il 29 agosto 2003).
7. Quante persone sono state uccise negli scontri intorno a Srebrenica nel luglio 1995?
Il testimone esperto del TPIJ Richard Butler ha stimato che siano stati uccisi circa 2.000 combattenti bosniaco-musulmani; l’ufficiale portoghese e osservatore delle Nazioni Unite Carlos Martins Branco, fornisce una stima di 2.000 combattenti bosniaco-musulmani uccisi; l’analista John Schindler della National Security Agency fornisce una stima di 5.000 combattenti bosniaco-musulmani uccisi; l’ex inviato delle Nazioni Unite e alto funzionario dell’Unione Europea Carl Bildt dà nelle sue memorie una stima di 4.000 combattenti bosniaco-musulmani uccisi; le Nazioni Unite hanno stimato il numero di combattenti bosniaco-musulmani uccisi a circa 3.000. Tutte queste stime indicano invariabilmente il fatto che un numero significativo di persone scomparse di parte bosniaco-musulmana – che sono tuttavia costantemente etichettati dai funzionari occidentali e dai media come “vittime del genocidio” – è costituito da uomini uccisi in battaglia, come legittime perdite di guerra, e non vittime di esecuzioni “genocide”.
8. Secondo le prove forensi raccolte sotto la supervisione del TPIJ, quante persone sono state identificate come vittime indiscutibili di esecuzioni effettuate nel luglio 1995?
L’esumazione di resti umani da varie tombe che potrebbero, anche se non necessariamente, essere collegate con gli eventi di Srebrenica nel luglio 1995, è stata sotto il controllo del TPIJ solo tra il 1996 e il 2001. In quel periodo, un totale di 3.568 “casi” è stato elaborato e classificato. Tuttavia, va notato che un “caso” non coincide necessariamente con un corpo, ma può rappresentare solo una parte del corpo. Infatti, quasi il 44,4% dei “casi” si riferisce a una sola parte del corpo, spesso solo un osso. L’analisi forense di questi “casi” ha dato i seguenti risultati:
- Solo 442 corpi riesumati potrebbero essere classificati come vittime di esecuzione indiscutibili, poiché erano bendati o legati;
- 627 corpi avevano schegge o altre lesioni da frammenti di metallo, che indica una morte in combattimento piuttosto che un’esecuzione;
- 505 corpi avevano ferite da proiettile, che possono indicare morte per esecuzione, ma anche morte in battaglia;
- Non è stato possibile determinare la causa della morte per 411 corpi;
- 1.583 “casi” rappresentavano solo frammenti il ​​corpo e gli esperti di medicina legale del TPIJ hanno concluso che non era possibile determinare la causa della morte per 92,4% di loro;
- Al fine di ottenere la stima più vicina del numero di organi tra i 3.568 “casi”, è stato utilizzato un metodo con cui le ossa di destra e di sinistra della coscia (femori) sono stati abbinati, per un totale di 1.919 femori destri e di 1.923 femori sinistri, il che significa che il numero totale dei corpi era al di sotto dei 2.000.
Per riassumere: i rapporti forensi originali, realizzati sotto la supervisione e il controllo del TPIJ tra il 1996 e il 2001, indicano la presenza di meno di 2.000 corpi. Tuttavia, dopo un esame più approfondito, è chiaro che la maggior parte dei corpi rappresenta vittime di battaglia o altre cause indeterminate di morte – piuttosto che “vittime di esecuzioni”.
Dal 2002, l’esumazione e l’identificazione di corpi da fosse comuni è stata sotto il controllo esclusivo della Commissione Internazionale per le persone disperse (ICMP), fondata e finanziata in Occidente dal Dipartimento di Stato, e della Commissione della Bosnia-Erzegovina per le persone scomparse. A nessuno da parte del pubblico, dei media indipendenti o di qualsiasi organizzazione esperta indipendente è mai stato consentito l’accesso indipendente alla zona di lavoro del principale laboratorio di medicina legale a Tuzla, dove i dati vengono “trattati”, né il lavoro che vi è svolto è trasparente e aperto a una verifica internazionale indipendente.
Il personale di queste organizzazioni ha ampliato radicalmente la portata del proprio lavoro di esumazione dal 2002, estendendolo a una vasta area regionale intorno a Srebrenica, senza distinzione tra le tombe di potenziali vittime di esecuzione e quelle contenenti i resti di vittime di guerra sostenute dalla 28° divisione dell’esercito bosniaco-musulmano nelle battaglie contro le forze bosniaco-serbe, durante la loro avanzata verso il territorio controllato dai bosniaco-musulmani.
Infine, con grande enfasi dei media, è stato adottato nel corso degli ultimi anni un altro metodo studiato per arrivare alla cifra ampiamente pubblicizzata di “8.000 vittime del genocidio” – lo sforzo di abbinare campioni di DNA delle vittime esumate e dei loro familiari. Di conseguenza, le tombe contenenti resti umani di vario tipo e origine, spesso ben lontane da qualsiasi tipo di “crimine di guerra”, ora vengono utilizzate come depositi illimitati di “vittime del genocidio” i cui resti sono sepolti solennemente a centinaia ogni 11 luglio al cimitero del Centro memoriale di Potočari.
Questo è altamente fuorviante. La corrispondenza del DNA non può determinare il tempo, la causa e il metodo della morte, ma solo l’identità del corpo. Ciò è stato confermato anche dal direttore dell’ICMP Thomas Parsons, sotto controinterrogatorio, al processo Karadžić il 22 marzo 2012:
L’ICMP non si occupa di ipotesi – della questione giuridica di come queste persone sono state uccise – in particolare, dell’ipotesi se le loro morti siano state legittime o meno. Io sto testimoniando sulle identificazioni che sono state fatte per quanto riguarda i resti mortali recuperati da queste tombe” (processo Karadžić, trascrizione, pag. 26633).
Dal momento che è un dato di fatto che, insieme alle esecuzioni che hanno avuto luogo, sono state combattute aspre battaglie, nelle immediate vicinanze, lungo un percorso di 60 chilometri tra Srebrenica e Tuzla, è ovvio che la semplice identificazione dei corpi trovati nella zona, sia essa basata sul DNA o su qualsiasi altro metodo, è inutile ai fini delle indagini penali e, in particolare, della qualificazione giuridica della causa della morte. Nulla può sostituire solide e responsabili indagini forensi verificabili in modo indipendente.
L’ICMP ha sostenuto che un totale di circa 6.600 persone scomparse è stato identificato per nome, attraverso il metodo della corrispondenza del DNA. Da parte sua, il TPIJ ha implicitamente accettato che questo numero rappresentasse il numero delle vittime delle esecuzioni. Se un tale elenco di nomi esiste, a nessuno è stato dato di vederlo o è stato permesso di risalire alle sue origini. Ai team di difesa degli imputati di Srebrenica davanti al TPIJ è stato negato il diritto di verificare in modo indipendente l’esistenza di tali persone, e di verificare se queste persone siano in realtà decedute, o se possano ancora essere vive.
Indipendentemente da tutte queste considerazioni, i media occidentali e gli interessi politici hanno continuato a cercare di imporre l’equazione: identificazione basata sul DNA = “vittima di genocidio”. Questo semplicemente non è vero.
9. Quanti serbi da Srebrenica e dai suoi dintorni sono stati uccisi dalle forze bosniaco-musulmane che hanno operato a Srebrenica tra la primavera 1992 e il luglio 1995?
Secondo i dati forniti nello studio Le vittime serbe di Srebrenica tra il 1992 e il 1995, condotto sotto criteri rigorosi in conformità con gli standard giuridici internazionali accettati per la definizione di vittime civili, e pubblicato dalla ONG “Progetto storico Srebrenica” con sede in Olanda, 705 civili serbi sono stati uccisi sul territorio di Srebrenica durante quel periodo di tempo. Va sottolineato che questo numero non è definitivo.
L’ “Istituto per la Ricerca sulla sofferenza serba nel XX secolo” ha pubblicato un elenco di nomi di oltre 3.200 vittime serbe delle forze bosniaco-musulmane che operavano sotto il comando del comandante Srebrenica Naser Orić tra il 1992 e il 1995, coprendo l’area dei comuni di Zvornik, Osmaci, Sekovici, Vlasenica, Milici, Bratunac e Srebrenica.
10. È mai stato condannato qualcuno dal TPIJ per questi crimini contro la popolazione serba?
Nessuno è mai stato condannato per i crimini commessi contro i civili serbi nella regione di Srebrenica tra il 1992 e il 1995, quando sono state uccise diverse migliaia di persone, tra cui donne, bambini e anziani, alcuni dopo torture selvagge e massacri. Il TPIJ ha incriminato Naser Orić, comandante delle forze bosniaco-musulmane a Srebrenica, ma questi è stato assolto per “insufficienza di prove”, nonostante il fatto che avesse parlato liberamente dell’uccisione di civili serbi ad alcuni media occidentali prima del 1995. Qui ci sono due di queste relazioni:
1. “SREBRENICA, Bosnia: i trofei di guerra di Nasir Orić non sono appesi alle pareti del suo confortevole appartamento – uno dei pochi con l’elettricità in questa enclave musulmana assediata bloccata nelle impervie montagne della Bosnia orientale. I trofei sono su una videocassetta: case serbe bruciate e uomini serbi decapitati, i loro corpi accartocciati in un mucchio patetico.
‘Abbiamo dovuto usare armi da taglio quella notte’, spiega Orić mentre scene di uomini morti affettati da coltelli rotolano davanti alla sua videocamera Sony da 21 pollici. ‘Questa è la casa di un serbo di nome Ratso,’ spiega mentre inquadra una rovina bruciata. ‘Aveva ucciso due dei miei uomini, così le abbiamo dato fuoco. Che sfortuna’.
Reclinato su un divano troppo imbottito, vestito dalla testa ai piedi in tuta mimetica, un’insergna della US Army in bella mostra sul suo cuore, Orić dà l’impressione di un leone nella sua tana. Di sicuro, il comandante musulmano è il tipo più duro in questa città, che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha dichiarato ‘zona di sicurezza’ protetta”.
(“Weapons, Cash and Chaos Lend Clout to Srebrenica’s Tough Guy”, John Pomfret, Washington Post Foreign Service,The Washington Post, 16 febbraio 1994.)
2. “Orić, uno dei più sanguinari guerrieri ad aver mai attraversato un campo di battaglia, è fuggito da Srebrenica prima della sua caduta. Alcuni credono che stia conducendo le forze musulmane bosniache nelle vicine enclavi di Zepa e Gorazde. Ieri sera queste forze si sono impadronite di corazzati da trasporto truppa e di altre armi dei caschi blu al fine di proteggere meglio se stesse.
Orić è un uomo terribile, ed è fiero di esserlo.
L’ho incontrato nel mese di gennaio del 1994, nella sua casa a Srebrenica circondata dai serbi.
In una notte fredda e nevosa, mi sono seduto nel suo salotto a guardare una scioccante versione video di quello che potrebbe essere stato chiamato “I più grandi successi di Nasir Orić”.
C’erano case in fiamme, cadaveri, teste mozzate, e persone in fuga.
Orić ha sorriso per tutto il tempo, ammirando la sua opera.
‘Li abbiamo presi in un’imboscata,’ ha detto quando un certo numero di serbi morti è apparso sullo schermo.
La successiva serie di cadaveri era stata fatta a pezzi con esplosivi: ‘Abbiamo lanciato quei ragazzi fin sulla luna,’ si vantava.
Quando sono apparse le riprese di una città fantasma colpita da proiettili ma senza corpi visibili, Orić si è affrettato ad annunciare: ‘Là abbiamo ucciso 114 serbi’.
In seguito ci sono stati festeggiamenti, con cantanti con voci traballanti che cantavano le sue lodi”.
(“Fearsome Muslim warlord eludes Bosnian Serb forces”, di Bill Schiller, The Toronto Star, 16 luglio 1995)
Né queste né altre testimonianze molto più grafiche e dirette sono state giudicate sufficienti perché il TPIJ condannasse Orić.
11. Srebrenica era stata veramente smilitarizzata, in linea con il suo status di area protetta delle Nazioni Unite?
Nonostante l’accordo raggiunto a maggio del 1993, in base al quale l’enclave di Srebrenica era stata dichiarata “zona di sicurezza” delle Nazioni Unite, non è mai stata smilitarizzata, come si evince dalle seguenti dichiarazioni:
1. Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite del 30 maggio 1995:
“Negli ultimi mesi, le forze governative hanno notevolmente aumentato la loro attività militare nella maggior parte delle zone di sicurezza e nei loro dintorni, e molte di loro, tra cui Sarajevo, Tuzla e Bihac, sono state incorporate nella campagna militare più ampia da parte del governo… Il governo mantiene anche un numero considerevole di truppe a Srebrenica (in questo caso una violazione di un accordo di smilitarizzazione), Gorazde e Zepa, mentre Sarajevo è la posizione del Comando generale dell’esercito governativo e di altre installazioni militari”.
(documento delle Nazioni Unite S/1995/444).
2. Yasushi Akashi, ex capo delle Nazioni Unite della missione in Bosnia-Erzegovina, in un articolo per il Washington Timesdel 1 Novembre, 1995, ha scritto:
“È un fatto che le forze governative bosniache hanno utilizzato le ‘zone sicure’ [che avrebbero dovuto essere smilitarizzate] non solo a Srebrenica, ma a Sarajevo, Tuzla, Bihac, Gorazde per la formazione, recupero e rimessa a nuovo delle loro truppe.”
3. Rapporto dell’Istituto olandese per la documentazione bellica (NIOD), Srebrenica, una zona “sicura”, aprile 2002:
“La presunta smilitarizzazione nell’enclave è rimasta praticamente lettera morta. L’esercito bosniaco (ABiH) ha seguito una strategia deliberata di compiere azioni militari limitate a legare una parte relativamente importante del personale dell’esercito bosniaco-serbo (VRS) per evitare che si dirigesse a piene forze sulla zona principale intorno a Sarajevo. Questo è stato fatto anche dall’enclave di Srebrenica. Le truppe dell’ABiH non hanno esitato a rompere tutte le regole negli scontri con il VRS. Hanno provocato il fuoco dei bosniaco-serbi e poi hanno cercato la copertura del DutchBat (battaglione olandese), che ha poi corso il rischio di essere preso tra due fuochi”.
12. Qual era la forza comparativa delle forze bosniaco-serbe intorno a Srebrenica e le forze bosniaco-musulmane all’interno della “zona smilitarizzata” nell’enclave di Srebrenica, all’inizio del luglio 1995?
Il documentario norvegese “Srebrenica: una città tradita”, diretto da Ola Flyum e David Hebditch (2011) fornisce la cifra di 400 regolari dell’esercito bosniaco-serbi, oltre a circa 1.600 abitanti armati.
Philip Hammond, “La stampa del Regno Unito su Srebrenica”, Valutazioni dello Srebrenica Research Group:
“Forse la spiegazione più interessante è quella offerta dal corrispondente della difesa del Times, Michael Evans, in un rapporto del 14 luglio in prima pagina dal titolo ‘i soldati musulmani non sono riusciti a difendere la città dai serbi’, che si basava su fonti dei servizi militari e dell’intelligence. L’articolo osserva che le forze bosniaco-musulmane a Srebrenica ‘hanno offerto solo una breve resistenza… e i loro comandanti hanno lasciato la città la sera prima dell’ingresso dei carri armati serbi’. Secondo una ‘fonte dell’intelligence': ‘La BiH si è sciolta via da Srebrenica e gli ufficiali anziani se ne sono andati la sera prima’. Srebrenica era stata effettivamente abbandonata ‘a una relativamente piccola forza serba che avanzava’. Sfidando altri rapporti che affermano che ‘fino a 1.500 serbi sono stati coinvolti nell’aggressione’, Evans ha citato stime dell’intelligence che ‘l’attacco principale è stato effettuato da una forza di circa 200, con cinque carri armati’. Secondo una delle sue fonti di intelligence anonime: ‘Era una operazione piuttosto di basso livello, ma per qualche motivo che non possiamo comprendere i soldati (del governo) della Bosnia-Erzegovina non hanno fatto molta resistenza’. Questa descrizione di un ‘operazione piuttosto basso livello’ si trova in netto contrasto con la campagna coordinata di genocidio suggerito dalla copertura successiva”.
Per quanto riguarda la consistenza delle forze bosniaco-musulmane, il documentario norvegese parla del loro numero di “circa 5.500 soldati”.
Il generale musulmano Sefer Halilović ha testimoniato presso il TPIJ che c’erano almeno 5.500 soldati bosniaco-musulmani a Srebrenica, dopo aver ottenuto lo status di “zona di sicurezza”, e che aveva personalmente organizzato numerose forniture di armi sofisticate in elicottero.
Questo è confermato da John Schindler, ex analista capo per la Bosnia-Erzegovina presso la National Security Agency (NSA) americana, che ha dichiarato nel documentario norvegese che la “zona demilitarizzata” di Srebrenica era stata armata per mezzo di “voli neri” che le forze delle Nazioni Unite erano state incapaci di fermare, perché lo spazio aereo della Bosnia-Erzegovina era sotto il controllo della NATO, cioè degli Stati Uniti.
Pertanto, le forze bosniaco-musulmane all’interno della “zona demilitarizzata” a Srebrenica erano sia numericamente superiori alle forze bosniaco-serbe, sia molto ben armate, per gentile concessione della NATO che aveva comodamente chiuso gli occhi. Chiaramente, le forze bosniaco-serbe, sia numericamente che tecnicamente inferiori, non potevano realisticamente concepire o effettuare qualsiasi tipo di “uccisione di massa” o di piano “genocida”. Questa è anche la conclusione dell’Istituto olandese per la documentazione bellica (NIOD), “Srebrenica, una zona ‘sicura’ “:
“Con il senno di poi non ci sono indicazioni che l’incremento dell’attività del VRS in Bosnia orientale, all’inizio del luglio 1995, avesse lo scopo di qualcosa di più di una riduzione della zona di sicurezza di Srebrenica e un’intercettazione della strada principale verso Zepa. Il piano di battaglia era stato redatto il 2 luglio. L’attacco è iniziato il 6 luglio. È stato un tale successo e così poca resistenza è stata offerta che è stato deciso in tarda serata del 9 luglio si fare pressione e di vedere se era possibile prendere l’intera enclave “.
13. Qual è l’argomentazione principale dietro l’affermazione di ispirazione occidentale che un “genocidio” ha avuto luogo a Srebrenica?
Il primo grande giudizio del TPIJ, che ha reso il più grande contributo alla costruzione della “versione ufficiale”, secondo la quale è stato commesso un “genocidio” a Srebrenica nel luglio 1995, è stato nel caso del generale dell’esercito bosniaco-serbo Radislav Krstić, processato nel mese di agosto 2001.
Così la professoressa britannica Tara McCormack ha riassunto il giudizio contro Krstić:
“L’impresa criminale congiunta (Joint criminal enterprise) è una nuova categoria che non prevede le prove che l’imputato avesse alcun intento diretto di commettere il crimine, o che ne fosse a conoscenza. Al processo di Krstić si è stabilito che Krstić non era a conoscenza di alcun omicidio che fosse stato commesso, e in nessun modo vi aveva partecipato. Inoltre, il TPIJ ha anche accettato che Krstić aveva personalmente dato ordine che i civili musulmani bosniaci non fossero toccati. La sua condanna è stata motivata dal fatto che aveva partecipato a una ‘impresa criminale’, la cattura di Srebrenica”.
(“Come Srebrenica è riuscita a diventare un racconto morale”, Spiked-online, 3 agosto 2005)
Nelle parole di Michael Mandel, professore di diritto internazionale presso la York University di Toronto:
“Ma se il caso Krstić si distingue per qualcosa, si distingue per il fatto che non è avvenuto alcun genocidio a Srebrenica. E la conclusione della Corte che è stato davvero un genocidio può essere considerata una forma giuridica di propaganda e un altro contributo alla diffusione dell’immagine del Tribunale come ‘strumento politico’ più che come ‘istituzione giuridica’, parafrasando il suo più celebre imputato.
L’affermazione del Tribunale che un genocidio è avvenuto a Srebrenica non è stata sostenuta dai fatti che ha trovato o dalla legge che ha citato. Anche la conclusione del tribunale di primo grado che ‘le forze bosniaco-serbe hanno giustiziato diverse migliaia di uomini bosniaco-musulmani [con il] numero totale delle vittime… probabilmente tra i 7.000 e gli 8.000 uomini’ non è stata sostenuta dai suoi rilevamenti espliciti. Il numero di corpi riesumati ammontava a soli 2.028, e il tribunale ha ammesso che anche un certo numero di questi era morto in combattimento, arrivando di fatto a dire che le prove ‘suggerivano’ soltanto che ‘la maggior parte’ degli uccisi non era stata uccisa in combattimento: ‘I risultati delle indagini forensi suggeriscono che la maggior parte dei corpi riesumati non è stata uccisa in combattimento; è stata uccisa in esecuzioni di massa’.”
(“Il TPIJ lo chiama ‘genocidio’,” Srebrenica Research Group, 2005)
Efraim Zuroff, direttore del Centro Simon Wiesenthal e certamente una delle principali autorità su ciò che costituisce un genocidio, ha avuto da dire quanto segue circa la qualificazione di Srebrenica come “genocidio”, in una dichiarazione rilasciata nel mese di giugno 2015 al quotidiano belgradese Politika:
“Per quanto ne so, ciò che è successo lì non si adatta alla descrizione o alla definizione di genocidio e credo che la decisione di chiamarla genocidio sia stata adottata per motivi politici”.
14. Una commissione governativa della Republika Srpska ha veramente “ammesso il genocidio” nel suo Rapporto 2004?
No. Nella sua relazione, la Commissione ha usato il termine “genocidio” citando solo il giudizio del TPIJ contro il generale dell’esercito bosniaco-serbo Radislav Krstić. La Commissione non ha accettato la cifra di “8.000 prigionieri giustiziati”, concludendo invece che c’era una lista di 7.108 nomi di persone segnalate come disperse tra il 10 e il 19 luglio 1995. La Commissione, inoltre, non ha affermato che tutte le persone sulla lista sono state uccise o disperse. Invece, ha dichiarato che l’elenco contiene persone uccise in operazioni di guerra prima del 1995, così come morti per cause naturali, mentre altri sono stati trovati dopo aver cambiato la loro identità e il loro luogo di residenza, o stanno scontando pene detentive per attività criminali.
La relazione stessa è stata prodotta in circostanze molto irregolari, sotto pressione diretta dell’Alto rappresentante per la Bosnia-Erzegovina, Paddy Ashdown, come descritto dal professore emerito Edward Herman della University of Pennsylvania:
“I bosniaco-serbi in realtà hanno prodotto un rapporto su Srebrenica nel settembre 2002, ma la relazione è stata respinta da Paddy Ashdown perché non giungeva alle dovute conclusioni. Ha quindi forzato un ulteriore rapporto licenziando un gran numero di politici e analisti della Republika Srpska, minacciando il governo della RS, e, infine, estraendo un rapporto preparato da persone che sarebbero venute alle conclusioni ufficialmente riconosciute. Questo rapporto, pubblicato in data 11 giugno 2004, è stato poi salutato dai media occidentali come una conferma significativa della linea ufficiale – il ritornello era che i serbi bosniaci “ammettevano” il massacro, cosa che dovrebbe finalmente risolvere i problemi”.
(“La politica del massacro di Srebrenica”, 7 luglio 2005, Global Research.org)
Come promemoria, secondo la legge generale e internazionale, gli atti commessi sotto coercizione non possono essere considerati legittimi.
Conclusioni
Dopo 20 anni, con tutta l’attenzione e la ribalta dei media, l’unica conclusione che può essere affermata con certezza è che nulla di certo è stato determinato quando si tratta di Srebrenica. Il numero delle vittime di crimini di guerra è ancora da determinare, come lo è il numero delle vittime totali, sia da parte bosniaco-musulmana sia da parte bosniaco-serba. La ragione principale di questo fallimento sta nel fatto che, nel caso di Srebrenica, la politica e gli interessi pragmatici hanno affossato la giustizia e la ricerca della verità. Solo una commissione indipendente, rappresentativa e internazionale per la verità su Srebrenica potrebbe stabilire la piena verità. È giunto il momento che tale commissione sia istituita.
In sintesi, questo è ciò che è noto su Srebrenica, dopo 20 anni:
- Non vi è alcun collegamento stabilito tra esecuzioni di prigionieri e le strutture ufficiali della Repubblica di Serbia o della Republika Srpska;
- Le esecuzioni di prigionieri che hanno avuto luogo sono state effettuate da un piccolo numero di persone, di varie nazionalità, cosa che azzera le pretese di ogni sorta di “colpa serba” collettiva riguardo a Srebrenica;
- Il numero di prigionieri dei quali si può dire con un alto grado di certezza che siano stati vittime di esecuzione – è da 10 a 20 volte inferiore al numero di “7.000-8.000″ continuamente acriticamente promosso nei mass media. L’unica ragione plausibile per questa esagerazione infondata è l’intento di costruire artificialmente un’immagine di “colpa serba” collettiva come giustificazione per un’ingerenza permanente nei Balcani, così come una giustificazione dell’intervento occidentale in tutto il mondo, per “motivi umanitari”, per “prevenire nuove Srebrenica”;
- Il numero finora dimostrato di prigionieri giustiziati, uccisi da persone che sono state o condannate a pene detentive, o sono state in seguito impegnate come mercenari occidentali in Africa, è inferiore al numero di civili serbi uccisi e massacrati a Srebrenica e nei dintorni – un reato del quale nessuno ha risposto, né c’è chi per questo cerca di applicare l’etichetta di “genocidi” ai bosniaco-musulmani.
Pertanto, la Serbia, la Republika Srpska e il popolo serbo nel suo complesso non sono obbligati a chiedere collettivamente scusa per tutto ciò che è accaduto a Srebrenica, e non solo nel luglio 1995, ma durante tutto il tempo della guerra civile in Bosnia-Erzegovina, tra il 1992 e il 1995 .
Se ci sono scuse e ammissioni di colpa dovute, queste sono dovute da parte:
a) dei funzionari degli Stati Uniti che hanno continuamente sabotato gli sforzi per raggiungere una soluzione pacifica in Bosnia-Erzegovina, dal fallito Piano di Lisbona del marzo 1992, nel quale i bosniaco-serbi erano perfino disposti a accettare una Bosnia-Erzegovina indipendente e la separazione dall’ex Jugoslavia, al Piano Owen-Stoltenberg del 1993,
b) della leadership bosniaco-musulmana guidata dall’ex presidente Alija Izetbegović, che ha rifiutato le iniziative di pace di cui sopra, ha fatto attivamente arrivare migliaia di combattenti mujaheddin in Bosnia-Erzegovina durante la guerra, e ha compiuto azioni deliberate che hanno sabotato gli sforzi di pace, al fine di provocare un intervento guidato dagli Stati Uniti in Bosnia-Erzegovina e nei Balcani, e
c) da tutti coloro che hanno ostacolato gli sforzi per arrivare alla verità non adulterata riguardante Srebrenica, come unica strada percorribile per raggiungere la giustizia autentica, punire i veri colpevoli e aprire la strada a una riconciliazione sincera e duratura nei Balcani.
Luglio 2015
Belgrado, Den Haag, Washington

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Srebrenica quindici anni dopo – la questione delle prove
di George Bogdanich e Jonathan Rooper
La condotta dei recenti processi internazionali per i crimini di guerra della ex Jugoslavia rivela che le considerazioni politiche tendono a sopprimere i fatti dimostrabili. L’arresto dell’ex leader serbo-bosniaco Radovan Karadžić lo scorso anno è stato commentato da entrambe le sponde dell’Atlantico come se fosse stato chiaramente stabilito che fu lui la “mente” degli eventi sanguinosi a Srebrenica, e che circa “7.000-8.000″ uomini e ragazzi in età da combattimento sono stati uccisi dalle forze bosniaco-serbe nel luglio del 1995. Molti dei commenti implicavano che il processo sarebbe stato una semplice formalità che avrebbe ostacolato una rapida giustizia. Ma negli ultimi quattordici anni è emersa una buona quantità di prove, che mette in dubbio la versione ufficiale, il numero delle vittime e la capacità del Tribunale penale internazionale per la Jugoslavia (TPIJ) a emettere sentenze giuste in un caso che ha attirato l’interesse di tutto il mondo.
Vale la pena notare che l’incriminazione di Karadžić nel luglio 1995 da parte del Tribunale penale internazionale per la Jugoslavia (TPIJ) è stata emessa prima che fosse stata compiuta un’indagine ufficiale e molto prima che i fatti fossero stati stabiliti. Così pure lo è stato l’uso ripetuto della cifra di 7.000-8.000 vittime da parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti in un momento in cui i profughi musulmani di Srebrenica continuavano ad arrivare al centro rifugiati delle Nazioni Unite presso l’aeroporto di Tuzla.
La natura apertamente politica delle azioni del TPIJ è venuta alla luce quando i primi atti d’accusa contro Karadžić e il generale dell’esercito bosniaco-serbo Ratko Mladić sono stati annunciati il ​​27 luglio 1995 (due settimane dopo la cattura di Srebrenica dell’11 luglio): Antonio Cassese, nominato Presidente del TPIJ dagli Stati Uniti, ha applaudito l’azione come “un grande risultato politico”[1] aggiungendo: “L’accusa significa che questi signori non saranno in grado di partecipare a negoziati di pace”.
L’inviato Usa Richard Holbrooke è stato ugualmente schietto circa l’utilità politica del Tribunale da allora in poi, quando ha detto alla BBC “il Tribunale per i crimini di guerra è stato uno strumento
enormemente prezioso. Lo abbiamo utilizzato per mantenere i due più ricercati criminali di guerra in Europa al di fuori del processo di Dayton e lo abbiamo utilizzato per giustificare tutto ciò che ne è seguìto”[2].
Nel suo libro di memorie[3] pubblicato lo scorso anno, l’ex procuratore capo del TPIJ Carla Del Ponte riconosce che il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che faceva inesorabili pressioni per l’incriminazione dei leader serbi, ha mostrato poco interesse o cooperazione nel perseguire gravi crimini di guerra da parte delle forze croate e musulmane contro civili serbi in Croazia, Bosnia e Kosovo. Del Ponte è stata bruscamente rimossa dalla sua altra posizione come procuratore capo del Tribunale internazionale i crimini di guerra del Ruanda, quando ha informato il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti della sua intenzione di investigare i crimini del Fronte patriottico ruandese sostenuto dagli Stati Uniti. Apparentemente è stata castigata dall’esperienza. Al pubblico non sono mai state raccontate le indagini del TPIJ sulla responsabilità per crimini di guerra autorizzati dal presidente croato Franjo Tudjman e dal presidente bosniaco Alija Izetbegović fino a dopo la loro morte, quando ormai i casi erano stati secretati.
In questo contesto, non è sorprendente che anche un critico feroce dei bosniaco-serbi, l’ex giornalista della BBC Martin Bell, abbia dichiarato che lo stesso TPIJ, così come il signor Karadžić, dovrà essere processato. “Il tribunale di crimini di guerra è la corte di un pubblico ministero”, ha osservato, “più interessato a ottenere condanne che a fornire giustizia”[4].
La versione ufficiale del TPIJ sugli eventi di Srebrenica – i serbi che entrano in una “zona di sicurezza” delle Nazioni Unite e massacrano musulmani innocenti mentre un battaglione delle Nazioni Unite non è riuscito a proteggerli – ha effettivamente servito gli scopi politici degli Stati Uniti, che erano quelli di preparare l’opinione pubblica per l’operazione Deliberate Force, una lunga campagna pianificata di bombardamento statunitense contro obiettivi bosniaco-serbi due settimane dopo la cattura dell’enclave. A questa sarebbe seguita nove giorni dopo il massiccio attacco dell’esercito croato con appoggio statunitense conosciuto come operazione Storm, che ripulì 200.000 persone di etnia serba che vivevano nelle zone protette dalle Nazioni Unite nella regione della Krajina in Croazia.
Le incursioni Terra Bruciata del 1992-1993 e il ciclo della violenza
Per coloro che volevano vedere, però, non ci volle molto per intravedere la verità dietro l’immagine manichea dei musulmani innocenti e dei serbi cattivi promossa dai politici statunitensi e dei sedicenti “giornalisti di complemento” come Martin Bell. Il documentario della BBC “Lies and Allies” (Bugie e alleati) descrive in dettaglio come gli Stati Uniti hanno contribuito a facilitare le spedizioni di armi in grandi aerei cargo C-130 alle forze musulmane all’aeroporto di Tuzla. Queste spedizioni sono poi volate in elicottero a Zepa e Srebrenica secondo l’ex comandante generale dell’esercito musulmano Halilović e hanno trasformato le presunte “zone sicure”, come Srebrenica e Gorazde, in aree di partenza per gli attacchi dei musulmani contro i vicini villaggi serbi, progettati per provocare una reazione della Serbia che avrebbe portato agli attacchi aerei della NATO.
Nella testimonianza davanti all’Aia nel 2001, il generale Sefer Halilović, ex comandante dell’esercito musulmano della Bosnia Erzegovina, ha riconosciuto che l’Alto Comando del governo bosniaco ha dato “un gran numero di ordini per operazioni di sabotaggio a partire dalle aree di sicurezza” contro i villaggi serbi[5].
Poco dopo lo scoppio della guerra in Bosnia, la popolazione serba di Srebrenica ha cominciato ad essere scacciata dal signore della guerra musulmano Naser Orić, che da allora in poi ha guidato la 28° divisione in raid di terra bruciata contro numerosi villaggi serbi, uccidendo i civili, il loro bestiame, e guadagnandosi una reputazione di estrema brutalità.
A Orić era chiaro che, con il sostegno acritico degli Stati Uniti al governo Izetbegović, avrebbe potuto agire impunemente. Ha perfino videoregistrato alcuni dei suoi massacri, comprese le teste mozzate dei serbi, mostrando queste videocassette a John Pomfret del Washington Post e a Bill Schiller del Toronto Star. Schiller scrive che Orić era “uno dei più sanguinari guerrieri ad aver mai attraversato un campo di battaglia”[6] e poi racconta una visita alla casa del signore della guerra nel gennaio 1994:
In una notte fredda e nevosa, mi sono seduto nel suo salotto a guardare una scioccante versione video di quello che potrebbe essere stato chiamato “I più grandi successi di Nasir Orić”. C’erano case in fiamme, cadaveri, teste mozzate, e persone in fuga. Orić ha sorriso per tutto il tempo, ammirando la sua opera. ‘Li abbiamo presi in un’imboscata,’ ha detto quando un certo numero di serbi morti è apparso sullo schermo.
La successiva serie di cadaveri era stata fatta a pezzi con esplosivi: ‘Abbiamo lanciato quei ragazzi fin sulla luna,’ si vantava. Quando sono apparse le riprese di una città fantasma colpita da proiettili ma senza corpi visibili, Orić si è affrettato ad annunciare: ‘Là abbiamo ucciso 114 serbi’.
In seguito ci sono stati festeggiamenti, con cantanti con voci traballanti che cantavano le sue lodi”[7].
Il comandante generale delle Nazioni Unite Phillipe Morillon, che ha prestato servizio nel 1992 e nel 1993 nel corso di questi massacri, ha detto al procuratore del TPIJ: “Naser Orić compiva attacchi durante le feste ortodosse e distruggeva villaggi, massacrando tutti gli abitanti. Questo ha creato un livello di odio piuttosto straordinario nella regione”[8].
Un rapporto del ricercatore di Belgrado Milivoje Ivanisević, che ha documentato le violazioni dei diritti umani contro i civili bosniaco-serbi dal 1992, osserva che “sui 93 insediamenti serbi nei distretti di Srebrenica e Bratunac, 82 sono stati distrutti”[9]. Nel 2005, il Centro di inchiesta sui crimini contro il popolo serbo ha pubblicato una lista di 3.262 serbi della regione che sono stati uccisi dalle unità di Orić. Di questi, 880 erano membri di organizzazioni militari o di polizia. I restanti 2.382 sono civili e i loro nomi sono stati pubblicati in Vecernje Novosti, un quotidiano di Belgrado, nel 2005.
Ivanisević ricorda che non un solo nome è stato contestato durante l’anno e mezzo prima del rilascio del rapporto completo nel 2007.
Orić non era un comandante canaglia che agiva di propria iniziativa.
Come ha testimoniato Morillon: “Il regno di Naser Orić implicava una conoscenza approfondita del territorio tenuto dalle sue forze. Mi sembrava che stesse seguendo istruzioni politiche provenienti dalla presidenza [bosniaca]”[10]. Nonostante le responsabilità della sua 28° divisione in massacri ben documentati di abitanti serbi[11], molti dei quali erano residenti anziani che non potevano fuggire, il governo di Izetbegović gli ha conferito il Giglio d’Oro, la più alta decorazione militare della Bosnia. Quando i serbi hanno formato il corpo della Drina nel 1993 per fermare gli attacchi, Morillon ha aiutato a negoziare un accordo che avrebbe dovuto smilitarizzare Srebrenica, ma l’ONU non ha mai dato al battaglione olandese che sovrintendeva l’enclave l’autorità di mettere in pratica i termini dell’accordo.
La 28° divisione Orić non solo è rimasta nel luogo in violazione dell’accordo, ma ha ricevuto aerei interi di armi illegali dall’Iran e da altri Paesi del Medio Oriente, facilitato dalla Defense Intelligence Agency degli USA[12].
Il Rapporto del governo olandese in contrasto con la versione ufficiale
Il presidente bosniaco-serbo Radovan Karadžić è stato la “mente” della carneficina in seguito alla presa di Srebrenica nel luglio del 1995? Il completo rapporto del governo olandese del 2002 su Srebrenica, i cui autori hanno avuto accesso a tutti i documenti pertinenti dell’intelligence – americana, serba, bosniaco-musulmana, tedesca, olandese – ha prodotto una grande quantità di informazioni, ma nessuna che colleghi Karadžić alle atrocità in seguito alla cattura di Srebrenica.
Il rapporto del governo olandese rileva che Karadžić aveva autorizzato una piccola unità dell’esercito bosniaco-serbo a ridurre la sacca di Srebrenica occupando la parte meridionale della zona di sicurezza per prevenire gli attacchi in corso da parte delle forze musulmane a Srebrenica contro i vicini villaggi serbi come Visnica, che era stato aggredito la settimana prima. L’ex Comandante Generale musulmano Sefer Halilović conferma che circa 200 soldati serbi sostenuti da cinque carri armati erano entrati nella sacca il 6 luglio 1995[13]. L’unità bosniaco-serba era stata sorpresa di trovare resistenza da parte della ben armata 28° divisione (che, secondo la testimonianza di un altro comandante musulmano, il generale Enver Hadzihasanović, alloggiava da 5.500 a 6.000 soldati in città).
Le forze musulmane avevano un vantaggio numerico di 25 a 1. Ma entro il 9 luglio, alla 28° divisione e alla maggior parte dei civili maschi di Srebrenica in età da combattimento era stato ordinato di lasciare la città.
L’analista militare britannico Tim Ripley ha scritto che le truppe olandesi dell’ONU, sorprese, “hanno visto truppe bosniache in fuga da Srebrenica muoversi oltre i loro punti di osservazione, portando armi anticarro nuove di zecca, ancora nelle loro confezioni di plastica. Questo e altri rapporti simili hanno insospettito molti ufficiali delle Nazioni Unite e giornalisti internazionali”[14]. Gli uomini musulmani si sono raggruppati il ​​giorno successivo nel vicino villaggio di Susnjari. Intanto donne, bambini e uomini per lo più anziani sono partiti per il villaggio di Potočari.
Secondo il rapporto del governo olandese, il fatto che che la numerosa 28° divisione musulmana aveva abbandonato la sua posizione sicura a Srebrenica, ha incoraggiato i bosniaco-serbi a catturare la città, cosa che hanno deciso di fare la sera del 9 luglio La relazione olandese sottolinea che in un ordine scritto del Generale Tolimer: “Karadžić aveva stabilito che la sicurezza dei soldati della UNPROFOR e della popolazione doveva essere garantita. Ordini in tal senso dovevano essere forniti a tutte le unità partecipanti. La sicurezza della popolazione dovrebbe essere garantita anche nel caso in cui tentasse di attraversare il territorio della Republika Srpska.
Gli ordini non facevano menzione di un trasferimento forzato della popolazione. Alle unità VRS [esercito bosniaco-serbo] doveva essere ordinato di non distruggere alcuna struttura civile a meno che non incontrassero resistenza. Gli edifici non dovevano essere messi a fuoco. Un’istruzione finale, anche questa significativa, era che la popolazione e prigionieri di guerra dovevano essere trattati in conformità con la Convenzione di Ginevra
[15].
L’11 luglio, questa piccola unità di bosniaco-serbi entrò nella città di Srebrenica quasi vuota. Il battaglione olandese delle Nazioni Unite (DutchBat) aveva richiesto in precedenza quel giorno un attacco aereo della NATO contro obiettivi serbi, ma con scarsi risultati, perché i difensori musulmani avevano lasciato la città. I rapporti ufficiali notano che è stato inflitto poco danno fisico alla città e che l’unico soldato dell’ONU ucciso a Srebrenica era stato colpito da un membro in ritirata della 28° divisione musulmana.
Sotto lo sguardo di osservatori internazionali, le forze bosniaco-serbe fornirono autobus a Potočari per almeno 25.000 donne e bambini di Srebrenica che volevano andare a Tuzla, tenuta dai musulmani. Un piccolo gruppo di uomini per lo più anziani – meno di un migliaio, secondo fonti delle Nazioni Unite – è stato brevemente incarcerato dopo un interrogatorio su un possibile coinvolgimento in crimini di guerra della 28° divisione. Circa 796 uomini musulmani sono stati autorizzati a recarsi a Zepa, vicino al confine con la Serbia, che a sua volta è stata in seguito catturata dai bosniaco-serbi[16].
La stragrande maggioranza della popolazione maschile musulmana di Srebrenica ha rifiutato le offerte di resa. Si erano trasferiti a Susnjari il 9 e il 10 luglio, confidando che i serbo-bosniaci fornissero un passaggio sicuro per la popolazione civile. Questi soldati musulmani e i maschi di età militare hanno scelto di farsi strada attraverso il territorio tenuto dai serbi per arrivare a Tuzla. Molti sono morti combattendo in una serie di scontri e su numerosi campi minati sulla strada per Tuzla, secondo la testimonianza sia musulmana sia serba.
Da mercenario sanguinario a testimone stellare
Drazen Erdemović, uno di sei croati insieme a un musulmano e uno slovena in una unità di mercenari di otto uomini che era diventata vagamente attaccata all’esercito bosniaco-serbo, è stato consegnato al Tribunale per i crimini di guerra nel 1996, quando è stato arrestato in Serbia dopo essere stato ferito in una sparatoria tra ubriachi con i suoi ex compagni.
Gli psichiatri del Tribunale per i crimini di guerra hanno valutato l’idoneità mentale di Erdemović e il TPIJ ha deciso che la sua testimonianza non poteva essere utilizzata nel processo a suo carico. Eppure, questa stessa testimonianza molto dubbia è stata utilizzata secondo la controversa regola 61 degli atti del Tribunale penale – una sorta di “processo a mezzo stampa” che ha permesso ai pubblici ministeri di far apparire ogni sorta di accuse non documentate contro Karadžić e Mladić senza alcuna possibilità di contro-interrogatorio da parte degli avvocati della difesa, al fine di esercitare una pressione pubblica per l’arresto dei leader serbo-bosniaci. Anche se aveva ammesso di aver partecipato a reati gravi, Erdemović ha ricevuto una mite condanna a cinque anni (di cui tre e mezzo già scontati), perché, secondo un funzionario del tribunale, egli “aveva contribuito al clamore pubblico per l’arresto di Radovan Karadžić”. Il TPIJ non è riuscito fino ad oggi a perseguire altri membri del gruppo omicida di Erdemović, che avrebbero potuto contraddire la testimonianza di Erdemović o far luce sugli eventi.
Fortunatamente, un autore tedesco di origine bulgara di nome Germinal Chivikov ha indagato su Erdemović e recentemente ha colmato le cruciali lacune informative con il suo libro in tedesco “Srebrenica: Der Kronzeuge (il testimone stellare)” (Wien: Promedia 2009) un resoconto meticolosamente documentato e persuasivo delle attività di questa unità mercenaria. Una delle scoperte principali è che l’unità di Erdemović era in realtà in congedo a seguito della cattura di Srebrenica quando Erdemović avrebbe sostenuto di aver eseguito condanne a morte.
Chivikov conclude che il racconto fatto da Erdemović delle esecuzioni, incluso il numero delle vittime, è fisicamente impossibile. Erdemović ha sostenuto che la sua piccola unità ha ucciso 1.200 uomini in cinque ore allineando dieci uomini per volta e sparando loro[17]. Ma, per farlo, la sua piccola unità di otto soldati avrebbe avuto solo 2,5 minuti per mettere in fila dieci uomini e ucciderli. Se ci volessero solo 10 minuti per allineare e uccidere 10 detenuti, ci sarebbero volute 20 ore per uccidere 1.200 uomini nel modo che Erdemović aveva rivendicato.
Non a caso, i pubblici ministeri del TPIJ hanno parlato nel procedimento giudiziario di “centinaia” di persone uccise da Erdemović e dai suoi sette compagni sanguinari alle fattorie di Branjevo nei pressi di Pilica. Anche questa descrizione esagera il numero delle persone giustiziate da questa unità, perché gli investigatori hanno trovato i resti di 153 persone sul luogo dell’uccisione[18]. Chivikov ha anche osservato che Erdemović aveva detto a un giornalista di War Report di essere stato coinvolto anche in omicidi a Nova Kasaba, ma poi aveva cambiato la sua storia, quando si è scoperto che sosteneva di essere altrove nello stesso giorno in un altro racconto.
La testimonianza di Erdemović smontata dai testimoni
Erdemović dice di aver partecipato alla cattura di Srebrenica l’11 luglio e riconosce che alla sua unità era stato detto dal loro superiore Milorad Pelemis, Comandante del 10° distaccamento di sabotaggio dell’esercito bosniaco-serbo, di non far del male ai civili.
Davanti al Tribunale, ha testimoniato:
Sì, c’era un ordine che non dovevamo far del male ai civili, che i soldati non dovevano far del male ai civili. Quindi, come ho potuto vedere in quel momento, i soldati non sparavano sui civili che si erano arresi[19].
Erdemović ha anche testimoniato che Pelemis non era presente durante le atrocità di cinque giorni dopo, ma sostiene di aver visto Pelemis alla vicina base di Vlasenica un certo numero di volte prima delle uccisioni alle fattorie di Branjevo. Questo, tuttavia, sarebbe stato materialmente impossibile, perché Pelemis era rimasto gravemente ferito il 12 luglio in un incidente in un veicolo di trasposto truppe che aveva ucciso il suo passeggero Dragan Koljivrat. Pelemis è stato portato in un ospedale militare a Belgrado, dove è rimasto fino al 22 luglio. Nel 2004 il superiore di Pelemis, il colonnetto Petar Salapura, un testimone della difesa in un altro caso, ha testimoniato che aveva chiamato il campo di Vlasenica il 13 Luglio e gli era stato detto che Pelemis era in ospedale e gli altri soldati erano in congedo.
Cercando di legare le azioni della sua unità all’Alto comando dell’esercito bosniaco-serbo e di fare la propria parte nel suo accordo con i procuratori del TPIJ, Erdemović ha offerto una storia incredibile; che era stato un soldato semplice della sua unità, di nome Brano Gojković, a dare gli ordini di esecuzione. Secondo questo resoconto, Erdemović, che allora era sergente, Franc Kos, un sottotenente, e altre cinque persone stavano prendendo ordini da questo soldato semplice per effettuare esecuzioni di massa!
Come ha fatto il soldato semplice Gojković a prendere il comando del gruppo e a ordinare a soldati di livello più alto di uccidere soldati prigionieri? Erdemović testimonia che “Egli [Gojković] ha detto che Pelemis era venuto e aveva detto di prepararsi, così concludo, in base a quello, che Pelemis abbia detto a Brano ciò che doveva essere fatto”[20].
Quando era un giovane avvocato che difendeva un sospettato di omicidio, Abramo Lincoln una volta definì il caso del procuratore “più sottile della zuppa ottenuta facendo bollire l’ombra di un piccione morto di fame”. Si potrebbe dare una descrizione simile della testimonianza in continuo cambiamento di Erdemović. Ci sono poche possibilità che sarebbe sopravvisuta in un normale procedimento giudiziario. Per la costernazione dei pubblici ministeri del TPIJ, ma inosservato dai giornalisti, un testimone d’accusa in un caso successivo, chiamato Dragan Todorović, fa a pezzi la testimonianza di Erdemović. Todorović ha testimoniato che Franc Kos, sottotenente di origine slovena, era il comandante dell’unità di Erdemović. Infatti, i giudici del TPIJ avevano in loro possesso di una ricevuta che dimostra che Kos aveva firmato per l’attrezzatura che l’unità avrebbe usato, perché lui solo aveva l’autorità per farlo.
Todorović conferma anche che Pelemis non era a Vlasenica – come sosteneva Erdemović – nei giorni precedenti agli omicidi. Todorović è accorso sul posto dell’incidente di Pelemis il 12 luglio e ha contribuito a portare il corpo del soldato morto a casa dei suoi genitori a Trebinje. Al suo ritorno, Todorović ha cercato di portare dei regali da parte dei genitori del soldato a Pelemis alla base di Vlasenica, ma gli è stato detto che Pelemis non c’era. Todorović testimonia: “Ho chiesto a un soldato alla porta dov’era il signor Pelemis, e lui mi ha detto che [Pelemis] era o a Bijeljina o presso l’ospedale di Belgrado” e gli altri membri del gruppo erano in congedo[21].
La questione per chi lavoravano davvero Erdemović e le sue coorti il 16 luglio, mentre la sua unità era in congedo, è centrale per il caso. Erdemović ha riconosciuto alla corte che il suo gruppo era stato pagato l’equivalente di 1 milione di euro in oro, ma non ha potuto o non ha voluto dire al tribunale che li ha pagati. I procuratori del TPIJ non hanno mostrato alcun interesse nella questione critica del denaro, che è la motivazione principale dei mercenari, presumibilmente perché ciò avrebbe potuto distrarre dal tentativo di collegare questi sanguinari soldati di fortuna al Comando bosniaco-serbo.
Tutto ciò pone la domanda: cui bono? Chi trarrebbe beneficio dalla notizia di un folto gruppo di soldati musulmani giustiziati? Certamente non i bosniaco-serbi. Se o Karadžić o il generale Mladić nutriva il desiderio di compiere un massacro di prigionieri musulmani (con tutto il mondo a che stava a guardare), quant’è probabile che avrebbero affidato il compito a un’unità di mercenari guidati da personalità instabili che aveva combattuto in precedenza sia con le forze governative musulmane sia con la milizia bosniaco-croata HVO? Non è mai stata presentata alcuna prova fisica che lega i leader bosniaci a questa unità mercenaria.
Piuttosto, è stata la testimonianza di un soldato di ventura di nome Drazen Erdemović che ha permesso al TPIJ di condannare il generale Radislav Krstić per genocidio e portare accuse contro Karadžić, il generale Mladić, il presidente serbo Milosević, nonché il generale Vujadin Popović e sette altri leader principali dell’esercito bosniaco-serbo.
In “Srebrenica: il testimone stellare”, Chivikov sostiene che, omettendo di incriminare i sette partner di Erdemović nel crime – o addirittura di farli testimoniare, il TPIJ ha mostrato una straordinaria mancanza di interesse per un resoconto completo di ciò che il Tribunale ha definito ‘la peggiore atrocità in Europa dalla seconda guerra mondiale’. Se il soldato semplice Brano Gojković ha dato l’ordine di esecuzione, perché non è stato arrestato e interrogato? Quando uno dei compagni carnefici di Erdemović, un altro bosniaco-croato chiamato Marko Boskić, è stato arrestato a Boston nel 2004 per non aver rivelato alle autorità di immigrazione degli Stati Uniti il ​​suo servizio in una unità collegata con l’esercito bosniaco-serbo, il Tribunale ha deciso di non estradarlo, anche se Boskić, come è stato riferito, ha ammesso all’FBI di aver preso parte alle esecuzioni alle fattorie di Branjevo. Quando i giornalisti hanno chiesto perché Boskić non veniva estradato, Anton Nikiforov, il portavoce per l’Ufficio del Procuratore, ha risposto che il procuratore doveva concentrarsi a perseguire il “pesce grosso”[22].
Se mai ci fossero stati ordini di effettuare esecuzioni all’unità di Erdemović dai capi dell’esercito bosniaco-serbo, Milorad Pelemis, comandante della 10° divisione di sabotaggio, sarebbe stato il legame con i superiori, come il comando bosniaco-serbo a Han Pijesak. Ma in 12 anni il TPIJ non ha mostrato alcun interesse per far testimoniare Pelemis, mentre la testimonianza di Erdemović ha consentito al TPIJ di condannare un leader bosniaco-serbo dopo l’altro. Perché correre il rischio che altri testimoni più credibili minassero la testimonianza di Erdemović? Tutte le preoccupazioni assillanti di scoprire la verità per quanto riguarda i fatti di sangue alle fattorie di Branjevo – un prerequisito per una vera giustizia – sono state spazzate via dai pubblici ministeri nello sforzo di condannare “pesci grossi”, come Karadžić e Mladić.
I sopravvissuti confermati negano le cifre gonfiate delle vittime
Contrariamente alla versione ufficiale, il conteggio combinato dei sopravvissuti ufficialmente confermati di Srebrenica esclude chiaramente la possibilità che 7.000 o 8.000 uomini siano stati uccisi in battaglia, in campi minati o in esecuzioni. L’accusa del TPIJ al generale bosniaco-serbo Radislav Krstić ha stimato il numero dei residenti di Srebrenica tra 38.000 e 42.000 prima che la città fosse catturata. Sappiamo che l’Onu ha registrato 35.632 rifugiati sopravvissuti all’aeroporto di Tuzla, come riconosciuto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal governo bosniaco, secondo il rapporto 1996 di Amnesty International su Srebrenica[23]. Sappiamo anche dalla testimonianza del comandante dell’esercito bosniaco Hadzihasanović, che 3.175 soldati[24] della 28° divisione sono sopravvissuti al combattimento con i bosniaco-serbi attraverso il saliente di Sapna vicino a Tuzla, dove i soldati musulmani si sono raggruppati e sono stati ridistribuiti ad altri teatri di conflitto. Insieme con i 796 soldati musulmani che sono fuggiti a Zepa, che sono stati riconosciuti nella stessa relazione di Amnesty, ci sono stati almeno 39.603 sopravvissuti di Srebrenica ufficialmente confermati.
Anche se si usa la più alta stima fatta dal Tribunale della popolazione di Srebrenica prima della cattura (42.000), sottraendo il numero di sopravvissuti ufficialmente confermati (39.603) si otterrebbero tra 2.000 e 2.400 musulmani uccisi, sia in battaglia, sia a piedi attraverso i campi minati sia per esecuzione.
Gli alti funzionari militari statunitensi, nella posizione migliore per conoscere i fatti, hanno capito fin dall’inizio che i numeri delle vittime di Srebrenica sono stati gonfiati. In un articolo del 1995 su Foreign Affairs, l’ex vice comandante della NATO, Charles Boyd, responsabile dell’intelligence, ha scritto che “fatta eccezione per la quantità di espressioni di panico e di servuizi della CNN”, la portata della violenza intorno a Srebrenica nel 1995 “differiva di poco” dall’attacco croato sostenuto dagli Stati Uniti sulla popolazione serba della zona protetta delle Nazioni Unite nella vicina Slavonia occidentale due mesi prima[25].
Il numero gonfiato di vittime di Srebrenica utilizzato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, tuttavia, è stato fondamentale nella costruzione di un sostegno pubblico per l’intervento militare USA/NATO contro obiettivi serbi verso la fine del luglio 1995. William Perry[26], che ha servito come segretario della Difesa americano durante il conflitto bosniaco, avrebbe osservato anni dopo sul New York Times che “non si va in guerra contro una popolazione a meno di non demonizzarla prima.”
Invece di raccogliere prove preliminari, e decidere quali reati fossero stati commessi, le indagini del TPIJ sono state compromesse dalla necessità di giustificare accuse che erano stata fatte per motivi politici così candidamente offerti da Richard Holbrooke e dal presidente del TPIJ Antonio Cassese. Cinque anni dopo la più grande esumazione di vittime di guerra nella storia, i resti di 2.000 corpi sono stati recuperati in una regione dove per tre anni avevano infuriato aspri combattimenti, e questi risultati sono stati offerti come prova nel processo contro il generale Radislav Krstić, che era a Zepa quando la colonna musulmana con la 28° divisione si è scontrata con le unità bosniaco-serbe del corpo della Drina.
Diverse liste delle vittime ufficiali che utilizzano la cifra da 7.000 a 8.000, tra cui uno redatto dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, hanno utilizzato informazioni fornite su questionari compilati da presunti parenti sopravvissuti. Queste informazioni si sono rivelate gravemente carenti, perché includono nomi di persone ancora in vita, persone che sono morte prima della cattura di Srebrenica, e molti altri provenienti da diverse località in Bosnia, così come di 3.000 persone che hanno votato un anno dopo, nel 1996, alle elezioni bosniache sotto le supervisione dell’OCSE[27].
Srebrenica è stata sacrificata?
I funzionari degli Stati Uniti si sono focalizzati sulla responsabilità dei serbi per gli eventi di Srebrenica, ma diversi importanti funzionari hanno musulmani amaramente affermato che Srebrenica è stata “sacrificata” da parte del governo bosniaco per preparare il terreno per l’intervento della NATO.
Uno di loro è Ibran Mustafić, ex sindaco di Sarajevo, che era il capo del partito dominante musulmano SDA a Srebrenica durante la guerra. Era parte del relativamente piccolo numero di uomini di Srebrenica che si erano uniti alle donne e ai bambini a Potočari. È stato interrogato dai bosniaco-serbi, fatto prigioniero e poi rilasciato.
Mustafić, che nel frattempo ha scritto un libro sugli eventi di Srebrenica (“Planned Chaos”) ha detto alla pubblicazione bosniaco-musulmana Slobodna Bosna in una intervista del 1996:
“Lo scenario per il tradimento di Srebrenica è stato consapevolmente preparato. Purtroppo, la presidenza bosniaca e il comando dell’esercito sono stati coinvolti in questo affare; se volete i nomi, dovrete trovarli da soli. Io capivo la situazione a Srebrenica e potete credermi su questo, se non fossi stato prevenuto da un gruppo di criminali, molti più abitanti di Srebrenica sarebbero vivi oggi. Se avessi ricevuto un ordine di attaccare l’esercito serbo dalla zona smilitarizzata, avrei rifiutato di eseguire tale ordine senza pensarci su e avrebi chiesto alla persona che aveva emesso tale ordine di portare la sua famiglia a Srebrenica in modo che io potessi dargli una pistola e lasciarlo a pianificare attacchi dalla zona smilitarizzata. Sapevo che queste mosse vergognose, calcolate, stavano conducendo il mio popolo a una catastrofe”.[28]
Mustafić era sopravvissuto a due tentativi di assassinio da parte di quello che egli chiama il “gruppo di criminali”, guidato da Naser Orić. Ma anche il capo della polizia di Srebrenica, Hakija Meholjić, un sostenitore della linea dura che aveva servito sotto Naser Orić, ritiene che Srebrenica sia stata deliberatamente sacrificata dal governo Izetbegović e dall’alto comando dell’esercito bosniaco per consentire alle forze della NATO di intervenire.
In un’intervista con la pubblicazione bosniaco-musulmana Dani, Meholjić ricorda che in occasione della conferenza bosniaca a Sarajevo nel settembre 1993, Izetbegović aveva affermato di aver discusso vari scenari per Srebrenica con il presidente Clinton. Secondo Meholjić, un alleato di Naser Orić:
Siamo stati ricevuti là dal presidente Izetbegović, e subito dopo l’accoglienza ci ha chiesto: “Cosa ne pensate di scambiare Srebrenica per Vogosca [un sobborgo di Sarajevo]?” C’è stato silenzio per un po’ e poi io ho detto: “signor presidente, se questa è una cosa fatta, allora non avrebbe dovuto invitarci qui, perché dobbiamo tornare e affrontare la gente e accettare personalmente il peso di questa decisione.” Poi lui ha detto: “sapete, mi è stato offerto da Clinton nell’aprile 1993 di lasciare che le forze dei cetnici [un termine derisorio per i serbi] entrino a Srebrenica, compiano un massacro di 5.000 musulmani, e poi ci sarà un intervento militare”.[29]
Meholjić, che è stato scioccato da questa rivelazione di Izetbegović, ha successivamente ripetuto questo resoconto ai produttori di un documentario olandese, che è stato mostrato come prova al Tribunale per i crimini di guerra.[30] Secondo il film, il presidente Izetbegović è stato interrogato dagli investigatori dell’ONU e ha negato di avere detto queste cose. Mentre non vi è alcuna prova, né alcun modo di confermare che il presidente Clinton abbia fatto veramente una tale proposta, per quanto ipotetica, a Izetbegović, ci sono almeno otto testimoni superstiti che confermano ciò che Izetbegović ha dichiarato alla delegazione di Srebrenica.
Nei negoziati tra leader musulmani e bosniaco-serbi, figure anzioane dell’amministrazione Clinton, tra cui Madeleine Albright e Alexander Vershbow, avevano sempre sostenuto che Srebrenica e altre enclavi musulmane isolate come Gorazde dovevano essere scambiate con territori tenuti dai serbi, come Vogosca vicino a Sarajevo. Entrambe le parti si aspettavano che Srebrenica andasse a far parte del territorio serbo in un accordo e per questo motivo i serbi avevano mostrato poco interesse ad assottigliare i loro limitati effettii per catturare l’enclave quando il loro fronte occidentale era sotto pressione da grandi attacchi militari da parte delle forze croato-musulmane in Bosnia occidentale .
Il governo bosniaco ha messo in moto eventi che hanno portato alla cattura di Srebrenica, quando Orić e altri 17 alti comandanti della 28° divisione sono andati via per partecipare a una conferenza bosniaca a Zenica, appena prima di ordinare al gruppo ora senza leader a Srebrenica di impegnarsi in attacchi contro i villaggi serbi nelle vicinanze, attacchi che erano sicuri di provocare una risposta da parte dell’esercito bosniaco-serbo. I funzionari delle Nazioni Unite coinvolti negli eventi condividono la convinzione dei leader musulmani locali, come Mustafić e Meholjić, che il governo di Sarajevo abbia deliberatamente sacrificato Srebrenica per provocare l’intervento militare della NATO contro i serbi. Carlos Martins Branco, vice-capo delle operazioni nelle forze di pace delle Nazioni Unite in Bosnia, scrive: “Le forze assediate [musulmani della 28° divisione] avrebbero potuto facilmente difendere l’enclave.” Dal momento che stavano per essere traditi “era preferibile lasciare che questo accadesse nel modo più vantaggioso possibile”[31].
Michael Evans del London Times ha detto che il fatto che i comandanti dell’esercito bosniaco e una grande divisione “avevano abbandonato la città prima che i serbi ne violassero il perimetro, [era] un segno che era stata presa una decisione di sacrificare Srebrenica per il bene di una strategia politica.”[32]
Prima della sua morte nel 2003, Izetbegović ha liberamente ammesso di aver fatto false accuse nel corso della guerra, nel tentativo di incoraggiare la NATO a bombardare i serbi. Durante una visita nel 1992 al presidente francese Mitterand in Francia, Izetbegović ha accusato i serbi di Bosnia di gestire “campi di sterminio”, accusa che è finita sui titoli dei media in tutto il mondo e ha portato ad audizioni del Congresso degli Stati Uniti. Ma, Bernard Kouchner, attuale ministro degli esteri francese, accompagnato da Richard Holbrooke, ha visitato Izetbegović sul letto di morte, dove il presidente bosniaco ha rinnegato le sue sensazionali accuse contro i serbi.
“Sì”, ha detto Kouchner, “Pensavo che le mie rivelazioni avrebbero potuto precipitare bombardamenti [della NATO]. Sì, ci ho provato, ma l’affermazione era falsa. Non ci sono stati campi di sterminio, qualunque sia stato l’orrore di quei luoghi “[33]. Nel momento stesso in cui Izetbegović stava facendo nel 1992 le sue accuse di “campi di sterminio”, il Comitato Internazionale della Croce Rossa, che aveva visitato i campi di prigionia gestiti dalle tre fazioni nella guerra civile bosniaca, ha dichiarato ufficialmente: “serbi, croati e musulmano hanno avuto tutti campi di detenzione e devono condividere uguale colpa”.
Il governo di Izetbegović ha provocato titoli simili nel dicembre del 1992 quando il suo ministro degli esteri Haris Silajdzić (l’attuale Presidente della Bosnia) ha detto allo show “Today” della NBC che “40-50.000 donne sono state violentate e vengono violentate anche ora, mentre parliamo” dai bosniaco-serbi. Due anni più tardi, dopo approfondite indagini, un rapporto del relatore speciale delle Nazioni Unite Tadeusz Maziowiecki[34] ha stabilito il numero di stupri confermati a 337da tutte le parti, una scoperta che ha ricevuto poca attenzione da parte delle organizzazioni di notizie che hanno strombazzato le accuse originali del governo bosniaco.
Né Izetbegović è stato titubante a usare la parola “genocidio” senza fondamento quando si adattava ai suoi scopi. Dopo appena una settimana di guerra, il 6 aprile del 1992, Izetbegović stava già usando con i reporter la parola “genocidio”[35]per caratterizzare una breve battaglia tra serbi e musulmani nella città bosniaca orientale di Bijeljina. Questo modello ha continuato ogni volta che il leader bosniaco ha chiesto pubblicamente l’intervento militare della NATO.
Il 9 luglio 1995, due giorni prima che i soldati serbi entrassero nella città vuota di Srebrenica, Izetbegović era già al telefono con i leader mondiali, tra cui il presidente americano Bill Clinton, denunciando “il terrorismo e il genocidio contro i civili di Srebrenica”[36]. A quel tempo, la piccola unità serba, che era entrata nell’enclave da sud, doveva ancora incontrare una seria resistenza da forze musulmane, che erano già in movimento a nord da Srebrenica per riposizionarsi a Susnjari.
Per giustificare le incriminazioni di Karadžić e Mladić, il TPIJ si è dato da fare in modo singolare a supportare e sostenere la stima iniziale di 7.000-8.000 vittime, nonostante la mancanza di prove concrete e alcune incredibili incongruenze nei documenti e negli atti d’accusa ufficiali. Ci sono prove inequivocabili che il governo bosniaco e il TPIJ abbiano assommato le vittime di tutta la Bosnia con quelle di Srebrenica per arrivare alla cifra ufficiale gonfiata. Per esempio, una nota interna scritta dal demografo del TPIJ Ewa Tabeau nel 2008[37] afferma che su un totale di 7.661 uomini musulmani presumibilmente mancante da Srebrenica, 5.371 erano soldati dell’esercito bosniaco e che 3.481 di questi erano stati identificati dai resti scavati alla data del suo memo. Ma le statistiche di Tabeau provengono dalle stesse fonti ufficiali dell’esercito bosniaco, tra cui la “Commissione internazionale per i dispersi” (ICMP), sponsorizzata dal governo, fonti che hanno ripetutamente invocato il numero gonfiato dei morti di Srebrenica.
Il problema del TPIJ è che gli alti comandanti dell’esercito bosniaco – i generali Halilović e Hadzihasanović – avevano già testimoniato sotto giuramento nel 2001, che il numero totale dei membri bosniaci dell’esercito a Srebrenica era di circa 5.500, e che 3.175 soldati musulmani della 28° divisione erano sopravvissuti alla fuga sanguinosa attraverso il territorio bosniaco-serbo.
Il presidente bosniaco Alija Izetbegović, in un momento di distrazione alla televisione di Sarajevo un mese dopo la presa di Srebrenica, ha riconosciuto che “3.400 soldati”[38] erano riusciti a raggiungere il territorio “libero”, cioè tenuto da musulmanoi, vicino a Tuzla, una cifra leggermente più alta e arrotondata di quella che i suoi generali avrebbero usato nella loro testimonianza. In un’altra occasione ha detto alla radio di Sarajevo che le truppe superstiti sono stati inviate per unirsi ai combattenti intorno a Bihac nel nord-ovest della Bosnia.
Dato che almeno 3.000 soldati di una unità di 5.500 sono sopravvissuti, come potrebbero 5.371 soldati essere ritenuti dispersi dal TPIJ? Se i “dispersi” erano in realtà soldati bosniaci, ovviamente, non avrebbero potuto essere quelli di Srebrenica.
Un’autorevole fonte ONU contemporanea offre ulteriore conferma che ci sono stati molti sopravvissuti della colonna militare musulmana e che la maggior parte delle persone uccise lungo la strada sono state vittime di mine e di battaglie con i soldati bosniaco-serbi. Un rapporto del 17 luglio 1995 all’ufficio dell’UNPROFOR a Tuzla, Edward Joseph, riferisce l’arrivo di “uomini di Srebrenica” nella zona di Tuzla e commenta che “5-6.000 hanno attraversato territorio controllato dal Corpo BiH 2 nella zona a sud di Sapna la scorsa notte (16 luglio)… fino a tremila sono stati uccisi lungo la strada, per lo più da mine e da scontri con il BSA [esercito bosniaco-serbo]. Un numero sconosciuto di altri è stato catturato. Alcuni si sono suicidati. Un numero sconosciuto di altri è andato a Zepa”[39].
Il 4 agosto, un gran numero di civili di Srebrenica si è registrato come sfollati presso le Nazioni Unite all’aeroporto di Tuzla. Il rapporto di Amnesty International 1996 precisa che “almeno 13.000 uomini ce l’ha fatta ad attraversare la foresta.”[40]
Nella sua relazione del 1 novembre 2002 al TPIJ, Richard Butler, l’esperto militare americano per l’accusa ha affermato che “a seconda della fonte, da 10.000 a 15.000 persone hanno formato una colonna mista [militari e civili]…”[41], che ha cercato la fuga seguendo il percorso Srebrenica-Tuzla. Dato che 13.000 uomini sono sopravvissuti di Srebrenica, questo esclude ancora una volta il numero gonfiato di 8.000 uccisi. Il riferimento di Butler alla natura mista militare e civile della colonna conferma che si trattava di un obiettivo militare legittimo.
Dei 2.000 e più uomini di Srebrenica che sono morti come parte della colonna mista di soldati e civili, quanti sono stati uccisi in scontri militari con i bosniaco-serbi, dalle mine o per esecuzioni? L’investigatore capo del TPIJ, Jean-Rene Ruez, ha dichiarato: “Un numero significativo [di musulmani] è stato ucciso in combattimento… Molti sono stati uccisi durante il tentativo di passare attraverso i campi minati… Quanto a coloro che sono morti nei boschi, siamo costretti a immaginare che siano stati uccisi in battaglia”[42]. Ruez rileva che anche i bosniaco-serbi hanno subito perdite significative in battaglia, in particolare la brigata Zvornik, che ha avuto il maggior numero di vittime di tutta la guerra, durante quattro giorni di scontri con le truppe bosniaco-musulmane nell’irruzione della colonna fuori dall’enclave di Srebrenica. Richard Butler ha testimoniato di non aver fatto un’analisi punto per punto delle perdite dell’esercito bosniaco nelle battaglie con i bosniaco-serbi, ma ha detto che la cifra di “1.000-2.000 sembra ragionevole.” In un’intervista alla rivista Dani di Sarajevo, il comandante musulmano Nesib Burić ha sottolineato che i suoi soldati avevano combattuto duramente e sostenuto numerose vittime: “Nel mio battaglione, su 320, 280 sono morti… Nessuno può negare che nel comune di Srebrenica vi siano 2.000 combattenti sepolti”[43].
Il resoconto ben documentato degli scontri militari lungo tutto il viaggio da Srebrenica a Sapna di 37 soldati musulmani superstiti intervistati dal TPIJ suggerisce che il numero di esecuzioni tra queste 2.000 vittime dovrebbe essere nell’ordine delle centinaia. Circa 442 legature e bende sono state trovate in diverse località, tra cui le fattorie di Branjevo, dove Erdemović sosteneva di aver eseguito condanne a morte. È anche possibile, anche se non dimostrato fino a oggi, che alcuni soldati bosniaco-serbi locali possano aver disobbedito agli ordini ed essersi vendicati giustiziando i soldati della 28° divisione, che avevano massacrato le loro famiglie durante il regno di terrore di Naser Orić nel 1992-93.
Lo sforzo più completo per analizzare e classificare il metodo di morte di coloro riesumato è stata eseguita dal medico legale Ljubiša Simić del Progetto storico Srebrenica con sede in Olanda, che ha prodotto grafici e tabelle di categoria delle ferite riportate nei 13 luoghi di sepoltura primari scavati nel 1996-2002, tratti da 3.600 rapporti sui resti di circa 2.000 corpi. Mentre alcuni ricercatori hanno obiettato che le bende sugli occhi e i legacci potevano essere stati aggiunti intenzionalmente, Simić ritiene che queste siano state vittime di esecuzioni. Almeno 600 corpi hanno mostrato prove di lesioni[44] da proiettili, la maggior parte nei piedi, cosa coerente con le morti da mine. Significativamente, Simić rileva che le stesse tombe che sono state scavate nel 1996-97 contenevano anche corpi in avanzata decomposizione, in contrasto con sepolture di due anni o meno in seguito alla presa di Srebrenica. Questi resti potevano essere stati sepolti durante gli attacchi di terra bruciata ai villaggi serbi nel 1992-1993 per opera della 28° divisione di Naser Orić. (Orić è stato incriminato alla fine nel 1998 e condannato solo per accuse banali nonostante la massa di prove delle sue attività criminali, tra cui le sue videocassette. In seguito è stato trovato innocente dai giudici del TPIJ dopo aver scontato solo due anni, ed è stato rilasciato per trovare un benvenuto da eroe).
Il gioco delle cifre
Che cosa dobbiamo pensare della pretesa da parte della Commissione internazionale per le persone scomparse (ICMP), che sostiene che ora vi siano riscontri del DNA per i resti di 6.200 persone di Srebrenica? In primo luogo, abbiamo bisogno di capire che, nonostante il suo nome, l’ICMP non è un gruppo indipendente, ma piuttosto una organizzazione nata dal gruppo dominato da musulmani che mantiene il controllo sul lavoro investigativo e forense. L’ICMP è alleato con persone del governo bosniaco come Haris Silajdzić, l’attuale presidente della Bosnia, che, come ministro degli esteri nel 1992, ha occupato i titoli con l’accusa di stupro di massa. È stato pure Silajdzić a dire in una conferenza stampa nel 1994 che “70.000 persone” erano state uccise in combattimenti intorno a Bihac, anche se gli osservatori delle Nazioni Unite hanno informato il reporter della BBC John Simpson che meno di un migliaio di persone erano state uccise nei combattimenti a Bihac, provocati dal governo bosniaco[45].
Per quanto riguarda i riscontri del DNA, non esiste una base affidabile per la cifra dell’ICMP. Sappiamo già che l’ICMP utilizza un numero gonfiato (5.300) per i soldati dispersi di Srebrenica, perché la 28° divisione aveva solo 5.500 membri e sia secondo l’alto comando sia secondo il presidente bosniaco Alija Izetbegović, più di 3.000 sono sopravvissuti. I resoconti del processo di identificazione ICMP hanno sollevato obiezioni circa la loro metodologia (in particolare la contaminazione) e scetticismo sulle rivendicazioni di innovazioni nella tecnologia del DNA.
Otto anni dopo la fine della guerra, l’ICMP ha cominciato ad ampliare notevolmente la ricerca di corpi al di là della zona di Srebrenica in regioni lontane della Bosnia. Lo hanno fatto sulla base di una teoria che i bosniaco-serbi avevano intrapreso un vasto esercizio di copertura per nascondere massacri, seppellendo nuovamente i corpi in tombe secondarie e terziarie. Nessuna prova convincente a sostegno di questa teoria è stata mai resa pubblica – anzi, non se ne è fatta alcuna menzione fino a diversi anni dopo la fine delle guerre. Nessun suggerimento che le tombe siano state violate è stato fatto quando il gruppo Physicians for Human Rights ha svolto le proprie indagini nell’estate del 1996.
Questa drastica riscrittura della cronologia ufficiale ha avuto presa crescente tra i funzionari del TPIJ, nonostante la sua inverosimiglianza. Sarebbe stato difficile, se non impossibile, che i serbi effettuassero una grande operazione del genere senza essere notati al momento (autunno 1995, quando la Bosnia era sotto sorveglianza di satelliti e droni, brulicante di personale ONU, OSCE, CIA, MI6). E se i serbi erano così disperati di coprire crimini prendendosi la briga di scavare, spostare e ri-seppellire circa 500 tonnellate di resti umani, perché non hanno tolto loro le bende e i legacci?
Ancora più importante, nonostante le proprie affermazioni, l’ICMP non ha condiviso la prova del DNA con il TPIJ, tanto meno con la difesa di Karadžić. Questi risultati non sono mai stati oggetto di revisione. Tuttavia, il Tribunale prevede di citare queste affermazioni nei prossimi procedimenti come giustificazione per il numero gonfiato di vittime utilizzato nell’atto di accusa contro Karadžić, il cui processo si svolgerà in autunno. Mentre ci sono prove sostanziali che Erdemović abbia ripetutamente commesso spergiuro nella sua testimonianza che ha cercato di collegare il suo piccolo gruppo di mercenari in congedo con il comando bosniaco-serbo, c’è poca prospettiva che Karadžić sia trovato non colpevole delle accuse, tra cui il genocidio, nelle incriminazioni del TPIJ. Gli stessi giudici che hanno ammesso l’incredibile testimonianza di Erdemović per condannare il generale Krstić a una pena di 45 anni, difficilmente invertiranno ora la loro rotta.
Non volendo correre rischi, il TPIJ ha trasferito uno dei suoi più abili procuratori capo, Alan Tieger, dal perseguire i generali croati che hanno eseguito la “Operation Storm”, a perseguire il caso di Srebrenica contro Radovan Karadžić. Questa mossa la dice lunga sulle priorità politiche del tribunale, perché “Operazion Storm” è stato un attacco molto più grande che ha ripulito 200.000 serbi in due grandi aree protette delle Nazioni Unite. I comandanti canadesi delle Nazioni Unite hanno testimoniato che l’esercito croato, addestrato e sostenuto dall’appaltatore militare privato statunitense MPRI, ha preso direttamente i civili di mira.
Il Tribunale e il suo sponsor più importante, il governo degli Stati Uniti, sono pesantemente coinvolti nel risultato del processo. I numeri gonfiati a Srebrenica, come le storie false delle armi di distruzione di massa in Iraq, hanno permesso agli Stati Uniti e alla NATO di espandere per la prima volta le loro operazioni militari al di fuori del mandato originale della NATO. Nei primi anni ’90, c’era una preoccupazione palpabile tra i responsabili politici degli Stati Uniti che, con il crollo dell’Unione Sovietica, la NATO non avesse più una missione come alleanza difensiva. Il senatore Richard Lugar (R-In) usava lo slogan “Fuori dall’area o fuori dal mercato”[46] per strombazzare la sua convinzione che si doveva trovare presto una causa adatta per un intervento della NATO per convalidare una nuova missione per l’alleanza militare. Srebrenica ha fornito un pretesto per un nuovo ruolo – un intervento fuori area, che ha aiutato gli Stati Uniti a mantenere un ruolo dominante in Europa e a proiettare la sua potenza militare verso est.
Non vi è alcun motivo di contestare la descrizione di Richard Holbrooke del Tribunale penale come “strumento prezioso” della politica delle grandi potenze. Tuttavia, nessun attento osservatore del Tribunale lo chiamerà “indipendente” o “imparziale.” Invece di operare per promuovere la verità e la riconciliazione, la politica palese e i pregiudizi istituzionali del TPIJ hanno accresciuto e prolungato le tensioni tra serbi, musulmani, croati e albanesi in quella che lo studioso dei Balcani Robert Hayden chiama “guerra con altri mezzi.” Coloro che cercano la verità sugli eventi a Srebrenica, dovranno guardare altrove.
George Bogdanich: produttore americano di documentari, giornalista freelance indipendente e redattore, membro dello Srebrenica Research Group.
Jonathan Rooper: redattore politico precedentemente per la BBC; ora giornalista e video produttore indipendente.
Note
[1] ANP English News Bulletin, 27 luglio 1995 
[2] Richard Holbrooke, “United Nations or Not?” BBC Radio 4, 9 settembre 2003,http://www.bbc.co.uk/radio4/news/un/transcripts/richard_holbrooke.shtml 
[3] Madame Prosecutor: Confrontations With Humanity’s Worst Criminals and the Culture of Impunity, di Carla Del Ponte con Chuck Sudetić, Random House 
[4] Martin Bell, “Karadžić Isn’t the Only One on Trial”, The Guardian, 26 ottobre 2009 
[5] Halilović, Prosecutor v. Radislav Krstić, 5 aprile 2001, p. 9471, http://www.un.ogr/icty/transe33/010405it.htm 
[6] Bill Schiller, “Muslims’ hero vows he’ll fight to the last man”, Toronto Star, January 31, 1994. 
[7] ibid
[8] Testimonianza di Philippe Morillon dalla trascrizione del TPIJ al processo Milošević,12 Febbraio 2004 
[9] Milivoje Ivanisević. “La carta d’identità di Srebrenica” è stato pubblicato in due parti, il 12 e il 20 marzo 2007 in Glas Javnosti
[10] Testimonianza di Morillon dalla trascrizione del TPIJ al processo Milošević,12 Febbraio 2004 
[11] Memorandum sui crimini di guerra e sui crimini e genocidio in Bosnia orientale (comuni di Bratunac, Skelani e Srebrenica) commessi contro la popolazione serba dall’aprile 1992 all’aprile 1993 (A/48/177 – S/25835), presentato il 24 maggio 1993 dall’incaricato d’affari della Repubblica federale Jugoslavia alle Nazioni Unite 
[12] James Risen e Doyle McManus, “Clinton Secretly OKed Iran’s Arms Shipments to Bosnia”, Los Angeles Times, 5 aprile 1996, Cees Wiebes, Intelligence and the War in Bosnia, 1992-1995 (London: Lit Verlag, 2003), capitolo 4, sezione 2, “Arms supplies to the ABiH: the Croatian Pipeline”, pp. 158-177 
[13] Halilović, Prosecutor v. Radislav Krstić, 5 aprile 2001, pag. 9487, http://www.un.ogr/icty/transe33/010405it.htm 
[14] Ripley, Operation Deliberate Force, pag. 145. 
[15] Rapporto del governo olandese “La caduta di Srebrenica”, parte III, capitolo 6 (2002)http://srebrenica.brightside.nl/srebrenica/ 
[16] Rapporto di Amnesty International su Srebrenica del luglio 1996, “To Bury My Brother’s Bones” 
[17] Germinal Civikov, Srebrenica: The Star Witness, pag 40 della traduzione dal tedesco di John Laughland, disponibile dallo Srebrenica Historical Project basato in Olanda 
[18] Dichiarazione del TPIJ disponibile dallo Srebrenica Historical Project basato in Olanda; dichiazione dell’investigatore dell’ICTY Jean Rene Ruez, udienza del 19 novembre 1996, traduzione inglese provvisoria, pagina 15 
[19] Germinal Civikov, Srebrenica: The Star Witness, pag 9 della traduzione dal tedesco di John Laughland, disponibile dallo Srebrenica Historical Project basato in Olanda 
[20] Germinal Civikov, Srebrenica: The Star Witness, pag 63 della traduzione dal tedesco di John Laughland, disponibile dallo Srebrenica Historical Project basato in Olanda 
[21] Ibid. p 67 
[22] Ibid. p.73 
[23] Rapporto di Amnesty International su Srebrenica del luglio 1996, “To Bury My Brother’s Bones” 
[24] Hadzihasanović, Prosecutor v. Krstić, 6 aprile, p. 9532 
[25] Charles G. Boyd, “Making Peace with the Guilty”, Foreign Affairs, vol. 74, No. 50, settembre / ottobre 1995, pp. 22-23. 
[26] William Perry, che è stato citato sul New York Times del 27 febbraio 2008, si riferiva espressamente alla Corea del Nord, anche se la demonizzazione dei potenziali avversari militari è abitualmente utilizzato per ottenere il sostegno pubblico per l’intervento militare, come lo è stato per i bosniaco-serbi 
[27] Jonathan Rooper, Capitolo 4 “The Numbers Game” http://www.srebrenica-report.com/numbers.htm 
[28] Slobodna Bosna (Sarajevo), 14 luglio 1996, come pubblicato sul sito Srpska Mrezahttp://www.srpska-mreza.com/Bosnia/Srebrenica/lamb.html 
[29] Hajika Mehojlić, Intervista, in Hasan Hadzić, “5.000 vite musulmane per un intervento militare”, Dani 
[30] Hakija Meholjić, Prosecutor v. Radislav Krstić, 5 aprile 2001, pag. 9480. Le parole di Meholjić, come registrate dal regista olandese, sono state tradotte davanti al tribunale mentre si proiettava la videocassetta. 
[31] Carlos Martins Branco, “Was Srebrenica a Hoax? Eye-Witness Account of a Former United Nations Military Observer in Bosnia”, 1998 
[32 Michael Evans, London Times, 1 agosto 1995 
[33] Bernard Kouchner nel suo Les Guerriers de la Paix, Paris, Grasset, 2004 pp. 373-374 
[34] Tadeusz Mazowiecki, Annex II 1993 Report of Special Rapporteur of the Commission on Human Rights on the situation of human rights in the territory of the former Yugoslavia 
[35] BBC Summary of World Broadcasts, 6 aprile 1992 
[36] Ibid, 9 luglio 1995 
[37] Ewa Tabeau, demografo del TPIJ, 24 Luglio 2008, appunto a Peter McCloskey, avvocato processuale senior 
[38] BBC Summary of World Broadcasts, 16 agosto 1995 Izetbegović says “Some 3,400 soldiers from the 28th Division which was stationed in Srebrenica managed to come out”. 
[39]. Rapporto dell’ufficiale dell’ONU Edward Joseph all’ufficio dell’UNPROFOR a Tuzla, 17 luglio 1995 
[40] Rapporto di Amnesty International su Srebrenica del luglio 1996, “To Bury My Brother’s Bones” 
[41] Richard Butler, par. 3.21 del suo rapporto al TPIJ del 1 novembre 2002, numero ERN 03072366 
[42] Monitor, 19 aprile 2001; Numero ERN 06038344 
[43] Nesib Burić, dichiarazione al quotidiano di Sarajevo Dani, 18 gennaio 1999 
[44] Ljubiša Simić, “analisi forense dei rapporti delle autopsie di Srebrenica” pubblicato dallo Srebrenica Historical Project basato in Olanda 
[45] John Simpson, “Rose’s War”, Panorama, BBC1, 23 gennaio 1995 
[46] 10 Richard G. Lugar, “NATO: Out of Area or Out of Business: A Call for U.S. Leadership to Revive and Redefine the Alliance”, osservazioni consegnate all’Open Forum del Dipartimento di Stato americano, 2 agosto 1993. 

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Una sfida responsabile alla narrativa di Srebrenica
di Stephen Karganović
Durante il mese che ha portato alla celebrazione ufficiale del ventesimo anniversario del massacro di Srebrenica, l’atmosfera prevalente era di accesa polemica, non solo sui fatti alla base della manifestazione in sé, ma anche sulla proposta britannica di risoluzione a senso unico (e infine sul veto da parte della Russia) al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e sull’arresto svizzero, seguito dalla “estradizione” a Sarajevo, del signore della guerra di Srebrenica Naser Orić. In tale ambiente politico, lo “Srebrenica Historical Project”, una ONG registrata in Olanda dedicata alla ricerca scientifica degli eventi di Srebrenica del luglio 1995 e del loro contesto, insieme ai suoi partner, la “Fondazione per la cultura strategica” da Mosca e il “Museo del genocidio” a Belgrado, ha condotto due importanti convegni incentrati su vari aspetti della questione di Srebrenica.
La prima conferenza ha avuto luogo il 17 giugno 2015 presso la Facoltà di Scienze Politiche a Banja Luka, Republika Srpska, ed è stata sponsorizzata dallo “Srebrenica Historical Project”. La seconda, il 4 luglio 2015 a Belgrado, si è svolta in collaborazione con le due istituzioni sopra citate.
Il tema della conferenza di Banja Luka è stato “Può Srebrenica, usata come arma politica, essere trasformata in uno strumento di pacificazione?” I distinti partecipanti includevano lo sheikh Imran Husein e uno studioso geopolitico russo, il prof. Aleksandr Dugin. Lo scopo della conferenza era di cercare di trovare il modo di colmare il divario tra le comunità musulmane e ortodosse non solo in Bosnia, ma in tutto il mondo di fronte alle acute sfide ai valori comuni.
Diversi partecipanti hanno fatto luce su questioni quali l’abuso politico del concetto di “genocidio” come dispositivo per causare spaccature inter-comunitarie (Prof. Srdja Trifković), il fiume Drina come linea di demarcazione metaforica tra comunità affini in Bosnia e Serbia (Prof. Veljko Djurić), quali prove prodotte nei processi Tribunale dell’Aja hanno dimostrato quello che è accaduto a Srebrenica (Miodrag Stojanović del team degli avvocati difensori di Mladić), e se una comprensione condivisa di Srebrenica è possibile per ortodossi e musulmani di Bosnia (Dzevad Galijasević).
Il tema della conferenza di Belgrado è stato “Srebrenica 1995 – 2015: fatti, dilemmi, oropaganda”. Gli argomenti trattati sono stati: Srebrenica come pretesto per gli interventi “umanitari” occidentali (Aleksandar Pavić), i crimini dell’impunito signore della guerra locale Naser Orić (Anna Filimonova), l’uso discutibile della prova del DNA per rafforzare le cifre gonfiate dei giustiziati (Jonathan Rooper), lo sfondamento da Srebrenica della colonna dell’esercito bosniaco attraverso il territorio tenuto dai serbi e le sue vittime (Milos Milojevic), i “giochi di intelligence” a Srebrenica (Prof. Veljko Djurić), e la prova dell’intenzione speciale a commettere genocidio nel luglio 1995 (Stephen Karganović).
Il concetto generale di entrambe le conferenze non è stato di negare i crimini, ma di fare riferimento agli elementi di prova a disposizione, al fine di valutarne la reale portata e di tentare di stabilire la loro corretta qualificazione giuridica.
Nel documento finale prodotto il 4 luglio 2015 si affermava che, purtroppo, esistono due versioni parallele di ciò che è avvenuto a Srebrenica nel luglio 1995. Una di loro è promossa, e anzi spesso imposta da attori geopolitici interessati, come resoconto “mainstream”, ed è giunta ad assomigliare ad un racconto protetto, immune alla verifica empirica e alla critica razionale. L’altro approccio è nella tradizione della ricerca critica e procede dalla premessa che il diritto di studiare ed esaminare in buona fede i fatti e gli eventi storici è un valore intellettuale di primaria importanza.
Dopo aver ricordato le critiche della narrativa mainstream, i partecipanti hanno espresso la loro preoccupazione per il fatto che lo slogan di “prevenire una nuova Srebrenica” è stato poco più che una copertura per la razionalizzazione di guerre letali e distruttive di aggressione condotta principalmente su Paesi musulmani non cooperativi, causando più di un milione di morti (immensamente superiori alle stime più alte per Srebrenica) e la distruzione di intere società. I partecipanti severamente rimproverato la risoluzione fallita della Gran Bretagna al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come incitamento all’animosità tra le comunità della Bosnia-Erzegovina e hanno espresso le loro condoglianze ai sopravvissuti di tutte le vittime di “interventi umanitari” condotti dalla fine del secolo con il pretesto della “prevenzione dei genocidi”.

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Video del discorso dello sheikh Imran Hussein alla conferenza di Banja Luka.

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Video del discorso del professor Aleksandr Dugin alla conferenza di Banja Luka:


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Video di un appello ai bosniaci musulmani dallo sheikh Imran Hussein

Trascrizione:
Assalaamu ‘alaikum! Nello stesso modo in cui ho costantemente denunciato i Gog e Magog dell’Impero Ottomano per la loro secolare oppressione dei cristiani ortodossi (per conto del Dajjal, il falso Messia), così io condanno anche l’attacco scandaloso al primo ministro serbo che con coraggio ha partecipato alla cerimonia di Srebrenica che segna il ventesimo anniversario del massacro di migliaia di uomini e ragazzi bosniaci musulmani. Nello stesso modo in cui ho chiesto scusa ai nostri fratelli e sorelle cristiani ortodossi per la conversione vergognosa e manifestamente peccaminosa in moschea della loro principale Cattedrale di Santa Sofia – per la vergogna eterna e la disgrazia dei musulmani – così mi scuso anche con il primo ministro serbo per quello che sembra essere stato un attacco pre-pianificato su di lui. Mi auguro che i cristiani ortodossi serbi non permetteranno a questo evento vergognoso di impedire loro di denunciare sempre il massacro ingiusto di migliaia di musulmani a Srebrenica, 20 anni fa. L’amicizia e l’alleanza tra il mondo dell’islam e del cristianesimo ortodosso avranno luogo, Insha Allah, e nessuno (nemmeno la NATO) potrà impedirlo. Hagia Sophia vi sarà restituita quando avrà luogo la conquista di Costantinopoli profetizzata da Nabi Muhammad (sallalahu ‘alayhi wa sallam), e nessuno (nemmeno la NATO) potrà impedirlo… con tristezza, Imran N. Hussein

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La riconciliazione al modo dell’Impero
Ultimamente, su questo blog, ci sono state iniziative volte a promuovere il dialogo tra diverse fazioni, vale a dire tra la popolazione musulmana e quella cristiana ortodossa. Molta storia dei due gruppi è condivisa insieme, molta di essa tragica e anche molto violenta. La prima cosa che mi viene in mente sono le guerre quando l’Impero Ottomano era in espansione – con bizantini, bulgaro, russi e serbi; tutti cristiani ortodossi. Questa è la mia prima associazione quando qualcuno cita il tema dello scontro tra i due. Ma ci sono stati anche alcuni recenti conflitti. Non necessariamente su base puramente religiosa, ma sembra che questo sia stato uno dei principali “ostacoli”, una differenza che ha contribuito a creare divisione. O per meglio dire, una differenza che è stata sfruttata al massimo quando ci sono stati sforzi di creare divisione. Questi conflitti più recenti sono stati le guerre nel corso degli anni ’90 nei Balcani, cioè la guerra in Bosnia. E anche questo argomento è stato ultimamente popolare sul blog, come parte del dialogo di riconciliazione tra islam e cristianesimo ortodosso. Uno sforzo nobile e degno, che è sicuramente uno dei più difficili!
Tra le altre cose, ho spesso notato dichiarazioni simili a questa: “E ‘l’Occidente che ha spinto le due parti verso il conflitto” o “La guerra tra musulmani e cristiani ortodossi è esattamente quello che vogliono gli anglo-sionisti”.
Considero affermazioni come queste assolutamente vere. Ci sono innumerevoli esempi di coinvolgimento di ‘terzi’ in questi conflitti. Non solo di recente, ma fin dalle guerre con l’Impero Ottomano di cui ho parlato all’inizio. Quando analizziamo quegli eventi storici di secoli fa, e con tutte le informazioni che ora sono disponibili, una ‘guida da parte della mano invisibile’ dell’Impero Britannico diventa evidente. Anche il Vaticano ha il suo ruolo in questi conflitti. E andando avanti alla storia più recente, vediamo il coinvolgimento degli Stati Uniti, dei servizi segreti britannici, israeliani e altri in sponsorizzazione del terorrismo internazionale. Anche in questo caso, la ‘guida di una mano invisibile’. Sia nel coinvolgimento della CIA nelle guerre cecene, in Bosnia, o più recentemente con l’ISIS, un mentore è sempre presente. Non voglio entrare nella storia e analizzare tutti questi eventi, perché questo non è l’argomento di cui voglio scrivere qui. Chiunque sia interessato a queste cose dovrebbe fare il suo lavoro e cercare di trovare la guida della mano invisibile.
Prima di arrivare al tema principale, farò un’altra piccola digressione. A proposito della verità e di come vedo la verità come concetto e come diritto.
La verità, insieme con la libertà, è forse la cosa più costosa del mondo. Senza prezzo. E anche se io credo nella verità universale, la vedremo sempre più raramente, quasi mai. Qual è la verità che vedremo più spesso? La verità del vincitore. Per la giustizia è lo stesso. In questo mondo imperfetto si otterrà giustizia se si dispone di potere e influenza per sostenerla. I deboli raramente vedono la giustizia. Allo stesso modo avranno anche la loro parte di verità. Che siano armi di distruzione di massa che devono essere catturate, un dittatore consegnato alla giustizia a causa dell’uso di gas Sarin sul suo stesso popolo, oppure la campagna anti-terrorismo globale per la cattura dei responsabili dell’attacco al World Trade Center – ci sono molte verità. La verità universale è di nuovo fuori portata. La verità dei potenti, però, è lì per essere ascoltatat da tutti. Ma gli esseri umani hanno (ancora) il loro libero arbitrio e il diritto al pensiero indipendente, e quindi la verità dei potenti non è l’ultima cosa per loro.
Viviamo nel tempo di un Impero globale. Il più potente della storia (nota) – una cosa che la gente dovrebbe tenere a mente. E quindi, è la verità dell’Impero che è più facilmente disponibile e che noi sentiamo di più.
E, infine, se amate la verità e la giustizia e le avete care – non perdete mai una guerra!
Ora torniamo sul nostro tracciato. Come ho detto, c’è un’iniziativa di portare il mondo ortodosso e quello islamico più vicini, e una discussione su Balcani come parte di una più ampia iniziativa globale per il dialogo. Ora, è importante sapere che esiste anche qualcosa di opposto. Un’iniziativa per dividere i due e metterli l’uno contro l’altro. Sarebbe molto ingenuo pensare che la mano che guida, e che è stata presente in tutta una storia così lunga, stia ora dormendo. Naturalmente non dorme: di fatto, sta facendo gli straordinari per creare nuove divisioni tra le due fazioni menzionate. È più facile individuarla quando si guarda indietro agli eventi passati, mentre guardate attraverso le lenti che contengono tutte le informazioni che sono state raccolte da allora fino a oggi. State vedendo il passato con l’intelletto del presente.
Con la crisi in Grecia sotto i riflettori in questi giorni e l’Ucraina, la Siria, le relazioni tra USA e Cina / Russia che seguono da vicino, non c’è da stupirsi che questo evento stia passando quasi inosservato.
Ora cercherò di decostruire per voi il lavoro che sta facendo ora la mano che guida. Questo tocca sia i rapporti musulmani – ortodossi sia la guerra in Bosnia, e quindi penso che sarà interessante per coloro che hanno lavorato a queste iniziative e progetti.
Non voglio, come altri, andare nei dettagli e dare la presentazione degli eventi nel loro sviluppo e un background storico di quegli eventi. Lo lascerò ad altri, poiché, se ho capito bene, vedremo il conflitto dal punto di vista dei membri di tutte le ‘parti in conflitto’, croati, bosniaci e serbi. Ed è doveroso farlo in tal modo.
In questi ultimi giorni l’intera macchina dell’Impero sta lavorando a pieno regime per portarci, 20 anni dopo il conflitto, laRisoluzione [NdT:in inglese] sulla Bosnia al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Le ragioni principali, si dice, sono di unire i popoli, onorare le vittime e rendere possibile la riconciliazione. L’iniziatore principale? La Gran Bretagna. Dopo avere sentito questa notizia poco fa, ho fatto maggiore attenzione a questo processo. Stanno parlando di un nobile obiettivo, ma con una certa conoscenza del passato, io sono stato un po’ scettico fin dall’inizio.
L’impero Britannico è stato uno dei principali artefici dei conflitti tra islam e cristianesimo ortodosso in passato. Quindi, non mi stupisce che oggi vi abbia un ruolo di primo piano. E quando l’Impero Ottomano ha iniziato a disgregarsi e il suo potere e la sua influenza nei Balcani hanno iniziato a svanire sono stati i britannico a cercare con maggior forza la ri-emergenza dello stato serbo indipendente. Anche Napoleone aveva inviato truppe e risorse per aiutare a schiacciare la rivolta serba. Era un piccolo uomo che si rivolta contro un enorme impero – un concetto di cui hanno ancora paura oggi.
Ma torniamo alla Risoluzione – non solo la ‘riconciliazione’ non era l’obiettivo, ma l’obiettivo era l’esatto opposto. Ci sono varie ragioni per cui gli inglesi (con supporto ravvicinato di USA e UE) stanno spingendo la Risoluzione, e la riconciliazione non è tra queste ragioni. La riconciliazione in questo caso è l’unica cosa che non è consentita.
Come ho detto, gli inglesi hanno un’enorme esperienza in questo, e mostrano le loro competenze oggi creando una risoluzione risoluzione che, se passasse – creerà nuove divisioni e conflitti. E se non passa – ne creerà di nuove a prescindere.
La Risoluzione
In primo luogo, diamo un’occhiata ad alcuni dei punti principali della risoluzione e di come è andata al Consiglio di Sicurezza.
(Alcune di queste clausole erano soggette a cambiare più volte, in quanto ci sono statw sette versioni in totale). È anche interessante notare che non hanno messo tutte le versioni del progetto a disposizione del pubblico e, pertanto, tutto ciò che era a disposizione erano i brani che i giornalisti sono stati in grado di ottenere dal dischetto e c’è una differenza notevole tra le relazioni nei diversi media.
Messa insieme da varie notizie di stampa (1 [NdT:in serbo]) (2 [NdT:in russo]) (3 [NdT:in russo]), alcuni dei punti principali della risoluzione sono i seguenti:
- Condanna nel modo più forte il genocidio di Srebrenica perpertrato dai serbi, in cui più di 8i000 uomini e ragazzi bosniaco sono stati uccisi
- Presuppone che accettare i tragici eventi di Srebrenica come genocidio sia un prerequisito per la riconciliazione
- Condanna la negazione di tale genocidio e sottolinea che il rifiuto continuo sta danneggiando le vittime
- Chiede agli Stati membri (delle Nazioni Unite) di includere il genocidio e i crimini di guerra di Srebrenica nel materiale educativo per evitare la possibilita del ripetersi di queste cose
- La prima versione della risoluzione conteneva anche la condanna dello stupro di decine di migliaia di donne, uomini e ragazzi, incluso a Srebrenica. I britannici hanno poi escluso questo punto nella seconda versione
- Chiede di segnare l’11 luglio come giorno del ricordo del genocidio di Srebrenica
- E, infine, dice di riconoscere che ci sono state vittime innocenti di tutte le parti durante il conflitto
(Ci sono stati presumibilmente 12 punti introduttivi, più 16 principali, e il testo della risoluzione è stato cambiato sette volte, ma questi punti sono rimasti in una formulazione o in un’altra. Inoltre la bozza non è stata pubblicata sul sito ufficiale delle Nazioni Unite, lasciando spazio per la speculazione dei media e per rapporti conflittuali)
Tutto sommato la parola genocidio è menzionata 35 volte, e riconciliazione 3 volte. Nelle versioni successive è stata ridotta a 26 volte.
Ci sono state anche speculazioni circa il coinvolgimento di Sanela Jenkins [NdT:in inglese] nella stesura della risoluzione.
Ora, non appena l’hanno vista, i membri russi nel Consiglio di Sicurezza hanno valutato [NdT:in inglese] che tale risoluzione unilaterale servirebbe solo a creare ulteriori divisioni nella regione. Hanno suggerito cambiamenti nella risoluzione per renderla più neutrale e accettabile a tutte le parti coinvolte nel conflitto. Così, nel corso di diversi giorni la risoluzione ha visto diverse incarnazioni. I britannici, tuttavia, hanno ancora insistito nel mantenere i punti di cui sopra, e proprio prima di votare il 7 giugno hanno offerto la versione nimero 6, che era in realtà più ‘severa’ rispetto alle versioni precedenti. Ciò ha portato a un ritardo del voto come suggerito dai cinesi e l’intero processo è stato spostato all’8 luglio. I russi poi a loro volta hanno offerto la propria versione della risoluzione, che condanna i crimini di guerra da entrambe le parti onorando tutte le vittime e nega il carattere di genocidio al massacro di Srebrenica. Questa versione della risoluzione è stata categoricamente rifiutata dai promotori originali. Hanno spinto per il voto sulla loro versione e la Russia ha usato il diritto di veto  [NdT:in inglese], con 4 membri astenuti dal voto. 10 membri hanno votato a favore.
I diplomatici russi hanno ancora spiegato che non vedono come tenere le vittime di una parte in maggiore considerazione rispetto alle altre avrebbe aiutato la riconciliazione. Essi hanno inoltre rilevato che alcuni reati perpertrati da parte serba sono enumerati in dettaglio e condannati, ma nulla di simile è stato fatto per la controparte. Hanno detto che la risoluzione era politicamente motivata, squilibrata e rovinosa per gli sforzi di riconciliazione nella regione. Hanno rilevato che tutta la colpa era posta sulla parte serba, a prescindere dal fatto che anche i serbi sono stati vittime di questo conflitto. Anche il Ministero degli Esteri russo ha offerto una nota pubblica [NdT:in russo] precisando queste cose.
Hanno inoltre ribadito [NdT:in russo] che tutti i responsabili di Srebrenica e di tutti gli altri crimini di guerra devono essere portati davanti alla giustizia e hanno offerto le condoglianze alle famiglie, aggiungendo che la comprensione reciproca tra le persone è la migliore garanzia di pace.
Ora, qualcosa che è stato visto in quasi tutti i media che hanno coperto la storia e i commenti di coloro che hanno presentato la Risoluzione alle Nazioni Unite, è stato che il genocidio è un ‘fatto giuridico innegabile’. Perché la frase ‘fatto giuridico’? Poiché il Tribunale internazionale per l’ex-Jugoslavia, ovvero Tribunale dell’Aja. ha condannato diversi membri dell’esercito della Republika Srpska e anche alcuni paramilitari con l’accusa di genocidio. Ora, il Tribunale dell’Aja e la Risoluzione hanno molto in comune, per esempio, entrambi sono stati realizzati dalle stesse persone. Ed entrambi sono strumenti politici.
Dando una rapida occhiata al lavoro svolto finora, vedremo che:
- Nel numero totale dei verdetti all’Aja, oltre il 90% delle condanne erano contro i serbi,
- Per i crimini contro i serbi in Croazia, nessun croato è stato condannato, ma per i crimini contro i croati, 26 serbi sono stati condannati a un totale di 429,5 anni
- In tribunale più di 60 serbi sono stati condannati a un totale di 1.112,5 anni
- Di tutte le sentenze per crimini in Bosnia, il 7,9% delle condanne sono per i crimini contro la popolazione serba
- I bosniaci hanno ottenuto complessivamente 123 anni per i crimini contro la popolazione serba (1 [NdT:in inglese]) (2[NdT:in inglese]) (3 [NdT:in serbo]) (4 [NdT:in serbo])
Se devo definire i serbi eretici nei confronti del ‘Nuovo Ordine Mondiale’, allora il Tribunale dell’Aja sarebbe ‘l’inquisizione spagnola’. Ora, non fraintendetemi, ci sono criminali di guerra che hanno violato le Convenzioni di Ginevra e hanno compiuto crimini contro la popolazione civile e i prigionieri di guerra e sono pienamente meritevoli di essere lì. Ma il problema è che lo stesso pregiudizio si ritrova in tutta la giustizia che è venuta dai tribunali e dai parlamenti della NATO. Facendo solo metà del suo lavoro, non è altro che un tribunale fittizio. Molti esperti legali in tutto il mondo lo considerano solo come strumento politico per mettere un timbro giuridico all’interventismo e all’imperialismo dell’Impero.
Oltre al citato ‘frasario di fatti legali’, ogni rapporto [NdT:in inglese] sulla presente risoluzione nei media e nella risoluzione stessa contiene questi punti:
- Si trattava di una zona protetta o zona sicura delle Nazioni Unite. Questo in realtà è vero, ma solo fino a un certo punto. Non riesce, per esempio, a spiegare come hanno fatto le forze armate bosniache a usare un’area protetta delle Nazioni Unite come base di operazioni e senza ripercussioni da parte dell’ONU? Vale la pena notare che alcuni ufficiali delle Nazioni Unite hanno dato testimonianze che confermano questi punti.
- Ci sono state 8.000 esecuzioni – darò poi una breve informazione in questo articolo su come è stato stabilito il numero delle vittime.
* Dopo il voto delle Nazioni Unite, sia il Parlamento europeo sia il Senato americano [NdT:in inglese] hanno adottato le loro versioni della Risoluzione.
Il genocidio – ovvero – chi nega cosa
Ora prendiamoci qualche istante per guardare indietro agli omicidi che hanno avuto luogo nella zona di Srebrenica. Mentre nessuno sta cercando di negare le atrocità commesse lì, lo scoglio sembra essere la classificazione di quel crimine come genocidio. Insieme a un po’ di contestazioni sul numero di persone uccise e sul modo in cui sono morte.
* Vorrei soffermarmi su diversi argomenti che meritano di essere un tema centrale per uno scritto separati, e quindi consiglierei al lettore di fare un controllo dei fatti di propria iniziativa. Questo si trasformerebbe in un libro o im più libri se ogni evento dovesse essere analizzato come parte di questo breve saggio. In molti casi darò qualche indicazione o suggerimento su dove cercare.
** Un’altra sorta di ‘negazione’ è necessaria qui prima di procedere. Credo che ogni persona, indipendentemente dal credo religioso (o se è o non è religiosa) deve condannare ogni e qualsiasi uccisione di una vittima innocente a prescindere da chi sia. Si tratta di qualcosa di molto più basilare rispetto a qualsiasi principio religioso, si tratta di un principio di qualsiasi persona morale. Inoltre, nessuna vita innocente ha più valore di qualche altra vita innocente. Questo è, a mio avviso, evidente alla maggioranza, ma comunque è importante sottolinearlo quando si parla di temi come questi.
*** Onorare le vittime e allo stesso tempo usarle per giochi politici è peggio che non dare alcun riconoscimento ai morti. Politicizzare i morti con la pretesa di combattere per le loro famiglie è probabilmente ancora più offensivo per quelle famiglie.
**** Usare doppi standard e ipocrisia e allo stesso tempo sostenere che si sta facendo uno sforzo verso la riconciliazione è assolutamente controproducente. Soprattutto nella cosiddetta ‘comunità internazionale’.
È importante, quando si utilizza la parola genocidio come categoria di appartenenza legale, prendere in considerazione anche queste cose:
- In primo luogo, ci deve essere una chiara intenzione e un piano di distruggere un intero popolo appartenente a qualche gruppo etnico (di solito uno solo). Una campagna di sterminio sostenuta dallo stato e sotto indicazioni chiare. Questo, nel caso della guerra in Bosnia, non è esistito.
- In secondo luogo, la distruzione di tutta la popolazione deve includere le donne, soprattutto le donne giovani, in gravidanza e fertili, e anche i bambini. Guardando indietro al Ruanda, al genocidio armeno, all’olocausto, così come allo Stato indipendente di Croazia, si può chiaramente notare l’intenzione e il massacro pianificato di tutti i membri di una o più etnie. Di nuovo, nulla di simile è accaduto a Srebrenica. Donne e bambini sono stati evacuati a Tuzla controllata dai musulmani.
- Il numero delle vittime non è una categoria nel definire un genocidio. Ciò significa che non vi è un certo numero di corpi dopo il quale un massacro è chiamato genocidio. Per esempio, se da qualche parte vive una tribù relativamente piccola (diciamo da qualche parte in Amazzonia) con duemila mambri o meno, se qualcuno ne uccide 1.500, questo può essere definito un genocidio? Io certamente immagino di sì. Così il numero in sé è importante per le vittime e per coloro che hanno perso i loro cari, ma non per definire un genocidio come categoria giuridica.
Qui spiegherò perché penso che definire Srebrenica un genocidio è quanto meno disonesto:
* Ancora una volta, una negazione di responsabilità – notate la differenza contestare se ci ci sia stato un genocidio, e se ci siano stati omicidi. Non voglio rispondere a pretese del tipo: “Oh, così ora vuoi dire che lì non hanno ucciso nessuno?!” Naturalmente, non è così. I cadaveri sono reali e il dolore delle famiglie è reale.
- La narrativa ufficiale di oggi è che circa 7-8.000 persone sono state giustiziate, per lo più da plotoni di esecuzione. I rapporti forensi che facevano parte del materiale ufficiale di prova presentato durante il processo a L’Aja non hanno avvalorato tali pretese. Il dr. Ljubiša Simić lo spiega più in dettaglio qui [NdT:in serbo].
L’analisi nel libro “Decostruzione di un genocidio virtuale” è qui: (1) (2) (3) [NdT:in russo]
La versione inglese – qui [NdT:in inglese].
- Sul metodo del DNA utilizzato nelle indagini, e sulle sue carenze e manipolazione – qui [NdT:in russo].
- Molte più informazioni su questo sito qui, anche con pubblicazioni in inglese.
- Il massacro di Srebrenica – prove, contesto, politica – qui.
- Il numero delle vittime che è stato presentato nella Risoluzione includeva gli uccisi durante l’avanzata della colonna armata. Secondo diverse fonti, il numero dei morti durante lo sfondamento è tra 2.000 e 4.000. Nella guerra che si ancora combattendo in Ucraina, abbiamo visto le conseguenze di tali manovre. Tuttavia, il Ministero della Difesa ucraino non ancora ha confermato il numero ufficiale dei morti a Debalcevo (infatti il ​​numero di uccisi durante tutta la guerra è ancora un tabù), ma potrebbe essere di migliaia solo in quell’accerchiamento. Ma in ogni caso quelle non erano vittime di crimini di guerra, ma di una normale operazione militare. Ci sono stati testimoni anche di parte bosniaca che hanno dato testimonianze sugli scontri tra i diversi gruppi dell’esercito bosniaco. Dato che fughe e sfondamenti sono stati fatti per lo più di notte, ci sono stati casi di fuoco amico in alcune occasioni. Si sostiene che da 500 a 1.000 abbiano perso la vita sotto il fuoco delle stesse forze bosniache. Lo abbiamo anche visto nel conflitto ucraino menzionato poco fa. Ma nel caso di Srebrenica, sono stati tutti sepolti insieme al cimitero/memoriale del genocidio. Testimonianze di Admir Jusufović, Adil Mehmedović, Admir Hasan, Vejz Hasanović, Ragib Beganović, Sabaduhin Gutić tra gli altri hanno confermato le morti durante lo sfondamento.
- Anche la formazione di una commissione internazionale indipendente per fare un accertamento non è stata consentita. La parte serba ha chiesto che ciò avvenisse, così come i russi in alcune occasioni.
Qui, vorrei aggiungere qualcosa al tema dell’ipocrisia e di un punto di vista unilaterale delle cose (come ho già detto al punto **** sopra). Poiché tutto questo è cominciato una decina di giorni fa ho continuato a vedere cose come questa:
- Un avviso ufficiale [NdT:in inglese] su Srebrenica dal “Foreign & Commonwealth Office”. Lì, sotto l’avviso, si può vedere:
Ora, seguendo il link [NdT:in inglese] della petizione per liberare un ‘eroe’, vedrete un sacco di elogi per un eroe innocente, perseguitato dal governo fascista serbo. Non sono a conoscenza di quante petizioni e iniziative siano state fatte, ma questo non è importante qui – è stato liberato molto presto, in modo che le petizioni hanno raggiunto solo un migliaio di persone. Sarebbe stato probabilmente liberato a prescindere, poiché quelle stesse autorità svizzere, su ordine della NATO, perseguitano coloro che pubblicano informazioni su Srebrenica menzianando l’opera di Orić e degli uomini sotto il suo comando.
Questo, come prevedibile, è in piena conformità con la Risoluzione e con i rapporti dei media mainstream su Srebrenica. Eppure, quegli stessi uomini nella zona che sono costantemente proclamati come completamente innocenti hannomassacrato [NdT:in serbo] più di 3.200 serbi nell’area di Srebrenica, a Zvornik, Bratunac, Vlasenica e nell’area di Podrinje. Naser e i suoi uomini hanno scelto le loro date con attenzione mentre attaccavano i villaggi e le città della zona, hanno fatto i peggiori massacri nelle feste cristiane: il Natale e il Capodanno ortodossi, il giorno di san Giorgio, giorno di san Vito, la solennità dei santi Pietro e Paolo (1 [NdT:in serbo]).
Ecco link ad alcuni materiali con prove di quelle scene.
**** ATTENZIONE – immagini estremamente grafiche **** invitiamo i minori e le persone sensibili a saltare questo! Alcuni video di scene RACCAPRICCIANTI (1) (2) (3)
Perché vi ho postato queste cose? Per darvi un esempio dell’eroismo di cui scrivono quegli ipocriti. E per ricordare che nessuno di questi massacri è menzionato in qualsiasi punto della Risoluzione o nei rapporti dei media. Come se non fosse mai accaduto. Inoltre, la maggior parte di questi erano civili che vivevano sulla loro proprietà, durante il sacco di circa 50 villaggi e cittadine. Gli aggressori non hanno ‘discriminato’ tra il giovane e il vecchio, l’uomo e la donna.
Per l’uccisione di 3.267 serbi nella zona di Podrinje, dove la maggior parte delle vittime erano donne, vecchi e bambini,nessuno è stato chiamato a rispondere [NdT:in serbo] e non vi è attualmente alcun processo al Tribunale fino a oggi.
* Di nuovo, faccio notare, queste vittime non offrono alcuna giustificazione per le vittime bosniache innocenti che sono state uccise. Quindi, vorrei chiedere in anticipo di non gettare accuse selvagge del tipo: “Quindi, ora stai dicendo che avevano ragione di uccidere i civili dall’altra parte?” Certo che no. E questo tipo di “manovre” in una discussione sono chiamati ‘la fallacia dell’uomo di paglia’ (portare contro-argomentazioni a cose che non sono mai state dette).
Gli autori della Risoluzione sanno benissimo di questi crimini, perché la maggior parte di loro era presenti al momento in cui queste cose sono accadute, e alcuni lavoravano anche come giornalisti, come si vedrà in seguito.
È anche importante notare l’enorme pressione fatta sulle persone che hanno pubblicato opere su Srebrenica che non erano in accordo con la versione ufficiale dei fatti. Ecco di seguito alcuni dei casi:
- Un esempio è Alexander Dorin [NdT:in inglese]. È stato rapito intorno al 20 giugno di quest’anno dal suo appartamento in Svizzera. Ha pubblicato diversi libri che mettono in discussione la versione ufficiale su Srebrenica. Le sue opere hanno guadagnato il riconoscimento internazionale, ma hanno portato anche a minacce alla sua vita su base regolare. Il suo appartamento è stato letteralmente fatto a pezzi, il pavimento e i serramenti in legno demolito. Tutti i materiali sono stati confiscati. Le autorità svizzere hanno rifiutato di fare commenti a proposito. Solo un paio di giorni fa hanno finalmente detto che è stato arrestato, per sospetti di traffico di marijuana (!). Tuttavia, i suoi amici non sono ancora sicuri di tutta la situazione, o anche se sia vivo, in quanto non hanno la possibilità di entrare in contatto diretto con lui o parlargi.
- Zoran Jovanović, un co-autore dell’ultimo libro di Dorin pubblicato nel 2012, “Srebrenica – cosa è accaduto”, ha sostenuto che di aver acquisito prove su video di alcuni dei massacri che sfidano la narrazione ufficiale, ed è morto subito dopo [NdT:in russo] il 12 luglio 2013. In una chiamata telefonica ha detto che staca per incontrare un contatto da lui scoperto, che era disposto a vendergli materiale video da Srebrenica. Poco dopo ha telefonato e ha detto che aveva avuto le prove, con la possibilità di ottenere di più, e che era sulla via del ritorno a Vlasenica. In meno di 10 ore era morto. Si dice che la causa della morte sia un infarto, ma nessuna autopsia è stata fatta. Nessun materiale di prova o video è stato trovato su di lui. Una cosa ironica è che una volta disse: ‘questa cosa di Srebrenica mi costerà la testa.’
- Ibran Mustafić, uno dei bosniaci sopravvissuti alla guerra a Srebrenica è stato anche oggetto di minacce e percosse che lo hanno portato a essere ricoverato in ospedale. Ha scritto un libro su quegli eventi chiamato: “Il caos pianificato”
- I casi in cui a Stephen Karganović, al col. Ratko Škrbić e ad altre persone è stato vietato di tenere conferenze stampa in diversi Paesi su insistenza di varie ONG che erano dietro la maggior parte della pubblicizzazione del genocidio di Srebrenica.
I creatori di pace – ovvero – l’ipocrisia come modo di vivere e i doppi standard come regola
L’immagine è incompleta fino a quando guardiamo chi spinge dietro questo progetto. Quindi, diamo uno sguardo alle persone coinvolte.
- Anche se i diplomatici britannici hanno presentato questa Risoluzione all’UNSC, è stata la statunitense Samantha Power la protagonista più forte nel corso della riunione. Si era già mostrata come un’ipocrita di classe mondiale durante la crisi ucraina e si sposa perfettamente con il resto della squadra del sogno degli Stati Uniti– Jen Psaki, Marie Harf, Condoleezza Rice e altri.
Proprio di recente, Russia Insider ha pubblicato un pezzo [NdT:in inglese] riguardo a un suo spergiuro al Senato americano e a Consortium News [NdT:in inglese]. E lei è l’autore di questo libro [NdT:in inglese], che “nasce da un documento che ha scritto mentre frequentava la scuola di legge” (secondo la pagina wiki che cita: Vincitori del premio J. Anthony Lukas Project; Nieman Foundation for Journalism di Harvard)
Lei è una delle figure chiave per difendere la narrazione ufficiale dell’Impero per quanto riguarda l’interventismo e le “missioni umaniarie”. Ma c’è di più; tale risoluzione è come una corona del suo progetto di vita. Aveva iniziato la sua carriera nella guerra in Bosnia come giornalista. Leggete questo [NdT:in inglese].
“La nostra visione della potenza americana è nata” in Bosnia, ha detto la signora Power – devo aggiungere altro?
Aspetto ancora l’uscita del suo libro, “Le missioni umanitarie farlocche come scusa per l’interventismo e il domino globale americano”.
Ha anche lavorato come consulente per il presidente Obama durante la sua campagna per la presidenza. Obama, che durante i suoi mandati ha bombardato 7 Paesi musulmani. È stata anche una delle più forti influenze a spingere per l’intervento in Libia: che grande lavoro che hanno fatto lì.
Dopo che è stato posto il veto alla risoluzione, ha detto: “Negli USA, sappiamo che quando qualcuno nega l’olocausto è un pazzo; è lo stesso con questo”. Anche se non è riuscita a spiegare come questa sia lo stesso dell’olocausto?
Suo marito è uno dei cacciatori dei “teorici della cospirazione”, che minano la lotta degli Stati Uniti contro il terrorismo globale. Dal suo libro:
“Possiamo facilmente immaginare una serie di possibili risposte. (1) Il governo potrebbe vietare le teorie della cospirazione. (2) Il governo potrebbe imporre qualche tipo di tassa, finanziaria o di altro genere, su quelli che diffondono tali teorie. (3) Il governo potrebbe impegnarsi nella confutazione, monitorando gli argomenti per screditare le teorie della cospirazione. (4) Il governo potrebbe assumere formalmente impiegati privati ​​credibili per impegnarli nella confutazione. (5) Il governo potrebbe impegnarsi in comunicazioni informali con tali soggetti, incoraggiandoli ad aiutare”. Tuttavia, gli autori sostengono che ogni “strumento ha una serie distinta di effetti potenziali, o di costi e benefici, e ciascuna avrà un posto in condizioni immaginabili. Tuttavia, la nostra idea principale è la politica che il governo dovrebbe impegnarsi nell’infiltrazione cognitiva dei gruppi che producono teorie del complotto, cosa che prevede un mix di (3), (4) e (5). “
- David Cameron – non c’è molto da dire qui, è conosciuto in lungo e in largo come un promotore di pace nel mondo, vero?
- Anche il principe Zeid Al-Hussein – rappresentante giordano alle Nazioni Unite [NdT:in inglese] e anche alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha espresso delusione sul mancato superamento della risoluzione.
È stato anche in Bosnia intorno al ’95 come funzionario politico all’UNPROFOR (una forza di pace delle Nazioni Unite in Bosnia). Una volta disse di aver visto un bosniaco-serbo alla guida di un’auto decorata con teste di bambini e di aver guidato accanto a lui. Le sue parole sono l’unica prova di questo. Tuttavia, non è riuscito a vedere alcune altre cose durante la sua permanenza all’UNPROFOR, come queste.
- Peter Wilson, un ambasciatore che rappresenta il Regno Unito alle Nazioni Unite – ha detto [NdT:in inglese] dopo il veto russo: “La Russia dovrà giustificare la sua decisione alle famiglie delle oltre 8.000 persone uccise nella peggiore atrocità in Europa dalla seconda guerra mondiale.”
Beh, forse lui dovrebbe giustificare perché non c’è una risoluzione per più di un milione di armeni morti, o risoluzioni sulle aggressioni illegali da parte della NATO in tutto il mondo, in ognuna dei quali la Gran Bretagna ha preso parte. Egli ha aggiunto che la Russia “si schiera con coloro che stanno cercando di impedire la riconciliazione”.
E ora qualcosa sulle persone che hanno spinto questa risoluzione nei media e che saranno tra i principali delegati della ventesima commemorazione.
- Bill Clinton – si spega da sé
- Madelene Albright – Un’altra produttrice di pace con un cuore d’oro. Qui se ne parla come un vero angelo. Mi chiedo se andrà a comemorare anche quei bambini iracheni?
Alcuni anni fa, si è trovata di fronte alla realtà durante uno dei suoi show di firme di libri nella Repubblica Ceca. Un gruppo di cechi è venuto allo show a portarle immagini di bambini serbi morti, uccisi durante i bombardamenti della NATO del ’99. Alla domanda “Che cosa c’è che non va, non vuole firmare anche questi?” l’hanno chiamata “criminale sanguinaria”. Madelene è stata uno tra i più grandi sostenitori della campagna di bombardamenti, che ha portato al nome “La guerra di Madelene”. Pensando che quelli fossero malvagi serbi venuti a tormentarla, ha gridato: “Fuori! Serbi disgustosi!”
Insieme con Bill, ha presieduto la delegazione degli Stati Uniti. Si dice che gli assassini tornano sempre sul luogo del delitto.
- Angelina Jolie – un’altra ‘bimba da manifesto’ per l’interventismo americano.
- Hasim Thaci – conosciuto anche come “il serpente” dai suoi giorni nella organizzazione terroristica UCK. A sinistra in questa immagine.
Dopo aver servito come primo ministro del Kosovo per due legislature, ora è ministro degli esteri. È molto ironico che questo uomo venga a partecipare a una comemorazione delle vittime dei crimini di guerra, mentre allo stesso tempo usa la sua influenza e fa lobbismo per impedire la formazione di un tribunale per i crimini di guerra commessi dall’UCK.
- Ahmet Davutoglu – rappresenta la Turchia e anche lui insiste a parlare di genocidio. Lo stesso Davutoglu che solo circa due mesi fa ha criticato l’Unione Europea, il papa e la Russia per aver utilizzato la parola genocidio per descrivere il massacro di più di un milione di armeni. Appartiene al resto degli ipocriti.
Il vero PERCHÉ
Anche se i veri obiettivi di questa azione britannica e delle altre élite politiche occidentali sono ora molto più chiari, veniamo più in dettaglio a come intendono agire.
- Il genocidio come un muro inespugnabile tra i due popoli
Ogni volta che qualcuno inizia il dialogo tra il popolo bosniaco e il popolo serbo, lo soffocano con la parola genocidio. I britannici hanno insistito per procedere a tale risoluzione che sarà inaccettabile per il popolo serbo (ho elencato i motivi sopra). Questo servirà ora come combustibile per quelli che traggono profitto dalla creazione di tensioni interetniche. Quelli che vincono le elezioni con la demagogia nazionalista. Ora insisteranno sul fatto che non ci può essere nessuna pace con i ‘negazionisti del genocidio’. Per dialogo, amore e riconciliazione bisogna sempre essere in due, per l’odio uno solo è abbastanza. E mentre l’odio genera odio, ci sarà solo bisogno di iniziare con un argomento basato sull’odio. L’effetto valanga continuerà, se nutrito. Questo metterà inevitabilmente in discussione tutti i crimini e i conflitti del passato, dalla seconda guerra mondiale alla prima, e fino al Medio Evo e ai turchi e ancora indietro.
Ora tutto può essere focalizzato su quella ‘linea di separazione’ creata come somma di tutti i conflitti del passato. Ciò è servito a ingigantire quella linea fino a non farla dissolvere più. Ora la gente guarderà la risoluzione e dirà ‘ecco, avete rifiutato di riconoscere il genocidio che avete fatto sulla popolazione musulmana’, ma dall’altra parte dirà ‘quella risoluzione non menziona il massacro della popolazione cristiana’, mentre i suoi creatori staranno a gongolare su quelli che combattono tra di loro.
Ho sentito una delle madri dei morti dire “Le madri di entrambe le parti si sono riconciliate molto tempo fa”.
- Radicalizzazione dei musulmani
In modo simile al paragrafo precedente, Srebrenica e la guerra in Bosnia generale possono servire a radicalizzare i musulmani. Non solo nei Balcani, ma in tutto il mondo. Quando sono presentati come le uniche vittime della guerra, lasceranno risentimenti di lunga durata. Ci sono generazioni già cresciute su questi risentimenti, che ora sono convinte al 100% che nessuno dalla loro parte ha fatto qualcosa di male. E hanno un sacco di prove a favore. Come le storie che i media occidentali si sono inventate e ancora continuano a inventarsi, e ora questa risoluzione come ‘prova’ de facto che l’unico colpevole ora rifiuta persino di ammettere i fatti. Ho sentito gente dire, sono orgoglioso che noi musulmani non abbiamo mai ucciso un civile durante la guerra. Giovani che non erano nemmeno al mondo durante la guerra dicono queste cose. Le vittime della guerra sono usate come combustibile per la radicalizzazione. E quelli che fanno questo, lo fanno di proposito, in quanto smaniano per il prossimo conflitto, per i profitti e i benefici che porterà loro.
- Come strumento per porre fine alla Republika Srpska
Dopo aver dichiarato che c’è stato un genocidio durante la guerra, insisteranno sul fatto che la Republika Srpska è fondata su un genocidio. Questo tipo di retorica è stato sentito prima e ora otterrà ancor più trazione. La Bosnia-Erzegovina come è ora non può diventare una parte della NATO e dell’Unione Europea senza il consenso dei suoi serbi. Le entità croata e bosniaca sono per la cooperazione e l’integrazione nell’Alleanza e nell’UE, e l’entità serba nel Paese può porre il ‘veto’ con le competenze attribuitele dal trattato di Dayton. È per questo che i politici occidentali, in particolare inglesi, americani e tedeschi stanno lavorando per distruggerla. Per annullare l’accordo precedente affermando che i serbi stanno conducendo una politica retrograda che non consente alla regione e alla Bosnia-Erzegovina come Paese di prosperare. Usano anche questa scusa per tutto il male che è successo nel Paese e che essi stessi hanno causato.
- L’alibi della NATO
Questa risoluzione è l’alibi della NATO per tutto quello che ha fatto nell’area dell’ex Jugoslavia. La NATO ha condotto campagne di bombardamenti illegali contro i serbi e come pretesto ha usato la prevenzione del genocidio e della pulizia etnica. Ha aggirato lo stesso Consiglio di sicurezza dell’ONU che ora utilizza per giustificare le proprie azioni. Diversi anni dopo, quando i bombardamenti della Serbia sono iniziati il 24 marzo ’99 è stata ripetuta la frase che non permetteranno che si verifichi’un’altra Srebrenica’. In questo modo abbiamo ottenuto la prima ‘campagna di bombardamenti umanitari’ nella storia. Quella campagna umanitaria, che ha lasciato il Paese contaminato da oltre 15 tonnellate di uranio impoverito. Ciò ha portato ad un rapido aumento dei casi di cancro, con il numero di nuovi casi in aumento del 2,5% annuo. Si stima che da 7.000 a 9.000 persone muoiano ogni anno per le conseguenze dei bombardamenti. I danni monetari per la distruzione delle infrastrutture e delle industrie sono tra i 100 e i 200 miliardi di dollari. Tuttavia, i danni da vittime umane casuali non possono essere misurati, perché la contaminazione continuerà a uccidere la gente praticamente per sempre. Una questione di rimborso per il danno fatto ancora incombe nell’aria quando si parla della NATO. Tuttavia, se coloro che sono stati bombardati sono una nazione genocida, non c’è bisogno di preoccuparsi.
Circa una settimana dopo il massacro di Srebrenica è stata effettuata l’operazione ‘Storm’, in cui circa 250.000 serbi sono stati scacciati dalle loro case, con circa 2.000 morti, e molte vittime sono donne e bambini. Tuttavia i rapporti di questo sono stati molto oscuri e di parte e di solito sono menzionati insieme alle notizie dei massacri di Srebrenica.
Questo può anche servire come un futuro alibi per un coinvolgimento in Serbia. Con la situazione geopolitica attuale del mondo e la posizione immutata della Serbia nei confronti della NATO aspettano solo un pretesto per portare di nuovo ‘la pace e l’ordine’.
- Creare una ‘fuoriuscita’ degli effetti della divisione tra le religioni che esiste qui
Sapendo che la Serbia chiederà aiuto alla Russia in materia, e che la Russia è l’unico Paese che può bloccare una tale risoluzione, la cosa può essere sfruttata su scala più grande.
I media hanno già iniziato a lavorare su questo. Una settimana prima dei colloqui di risoluzione, in modo ‘misterioso’, sonoapparse ovunque a Srebrenica [NdT:in inglese] immagini del presidente Putin. Ora, vedendo come i media occidentali dipingono il veto russo, tutto diventa più chiaro. Notizie e dichiarazioni come: la Russia [NdT:in inglese] si schiera con i negazionisti del genocidio, ecc [NdT:in inglese].
Non ho alcun dubbio che continueranno a sfruttare questa cosa e a presentarla come ‘cristiani ortodossi che sostengono il genocidio dei musulmani’. E a servire storie come ‘guardate come la Russia tratta voi e le vostre vittime’, etc.
- Pacificazione dei musulmani in tutto il mondo
“Guardate come ci prendiamo cura di voi e combattiamo per voi e i vostri diritti” (mentre allo stesso tempo bombardiamo diversi Paesi musulmani). Ora, quando si trovano di fronte le critiche nei confronti della loro politica in Medio Oriente e nei confronti di Israele, possono limitarsi a tirare fuori questo e a dire: ‘siamo stati gli unici a lottare per la condanna del genocidio dei musulmani, ma alla Russia, alla Cina e agli altri non importa ‘. L’Impero ha bisogno di ogni possibile elemento di prova che di fatto sostiene e si prende cura della popolazione musulmana mentre i suoi droni volano in alto.
- Ai propagandisti occidentali piace usare un concetto di ‘bianco e nero’ quando spiegano al popolino la situazione nelle zone di conflitto in cui sono coinvolti (in cui intendono essere coinvolti). Poi, naturalmente, entreranno dalla parte dei “buoni” contro i “cattivi” con gli Stati Uniti come il ‘migliore dei bravi ragazzi’ e il patrono e rappresentante di quei bravi ragazzi. Solo qualche tempo fa abbiamo visto come stavano cercando di forzare questo concetto anche nel conflitto siriano. E anche se hanno cercato di rappresentare i “ribelli moderati” come puri buoni e oppressi che lottano per la loro libertà contro un dittatore assassino, hanno avuto una grande difficoltà ora che le macchine fotografiche e telefoni cellulari sono presenti in ogni campo di battaglia. E così abbiamo avuto un interessante tentativo di cercare di ‘ammorbidire’ l’immagine dei ‘ribelli moderati’ mentre strappano il cuore dei nemici morti e lo mangiano di fronte alla telecamera.
La risoluzione è un altro tentativo di marchiare ‘cattivo’ sulla fronte di ogni serbo. In questo modo, quando si uccidono serbi, non si uccidendo persone, ma bestie genocide. Aiuta anche la coscienza (almeno di quelli che guardano le notizie, perché i loro politici non hanno coscienza).
La Serbia, oggi vista da molti occidentali come ‘Piccola Russia’, deve a tutti i costi rimanere un cattivo ragazzo. Si può notare che la ora Russia ottiene lo stesso trattamento nei media che la Serbia aveva avuto durante i conflitti nei Balcani. Ma grazie a Internet ampiamente disponibile oggi, ora stanno ottenendo risultati molto peggiori.
- Serve come superiorità morale
Questo è il fondamento, la base dell’immagine proiettata dell’Impero. Amano agire da una ‘posizione di superiorità morale’. Questo assieme con frasi, ‘portare la democrazia’, ‘la pace, la stabilita’ e altre, costituisce l’eccezionalismo imperiale. Possono sempre vantarsi davanti al mondo che combattono per la giustizia, la pace ecc. Se uccidono 500.000 bambini – è per impedire che un dittatore uccida quei bambini e peggio ancora. Se gettano bombe nucleari su città con una popolazione civile notevole – è per porre fine alla guerra, e così via. Ora hanno un ‘certificato di bontà’ in forma di questa Risoluzione.
- Deviare la vostra attenzione lontano da tutti i genocidi reali che hanno commessi
Ora, non è un caso che siano stati i britannici a presentare un tale documento. Basta pensare per qualche secondo alla storia dei loro conflitti, e mi vengono in mente questi: dal Nord America, all’Irlanda e fino al Medio Oriente e all’India, al Vietnam e all’Australia, e poi all’Africa. Sono tutti in cui quegli stessi ipocriti dell’Europa occidentale hanno massacrato persone a migliaia e a milioni. Il genocidio è il loro bambino, nato nella colta Albione e maturato in tutto il mondo dov’è andata Albione.
- Nella dottrina militare degli Stati Uniti ora c’è il principio di poter reagire alla violazione dei diritti umani e di intervenire ovunque si decide che sia necessario. Vedremo sicuramente altri di questi “interventi umanitari” nel futuro. Questa dottrina del ‘cavaliere dalla scintillante armatura’ è pienamente approvata da artisti del calibro di Samantha Power. E se segnalerete i doppi standard nel loro approccio, nonché il loro ordine del giornonascosto, suo marito probabilmente vi chiamerà teorici della cospirazione.
Quando la delegazione russa ha bloccato questa risoluzione, al termine della riunione l’ambasciatore francese ha detto che il diritto di veto deve essere portato via dalla Russia, almeno quando si tratta di crimini di guerra. Questo, naturalmente, sarebbe perfetto – l’inquisizione potrà quindi dichiarare ‘indesiderabile’ chiunque essa desideri e procedere con l’esecuzione della pena. Purtroppo, hanno già ingannato una volta la Russia in questo modo e hanno utilizzato la decisione per un no-fly zone per bombardare e distruggere uno dei Paesi più prosperi tutta l’Africa. Ora sarebbe meglio mandar via Russia e Cina dal Consiglio di Sicurezza, e quindi il lavoro sul ‘miglioramento del mondo’ potrà finalmente iniziare.
La riconciliazione
Se lasciamo a coloro che ho citato sopra e ai media principali il compito di riconciliarci, allora che Dio ci aiuti. Avevano una buona ragione per mantenere questa zona in stato di conflitto congelato, e ora vogliono incassare i loro beni congelati.
Le vittime di crimini di guerra da entrambe le parti non devono essere usate per allevare odio e conflitti futuri, ma per guidarci a un futuro di pace e comprensione. Molta retorica infiammabile va avanti e indietro, ora che le vecchie ferite sono state riaperte. Alcuni di noi vorrebbero ricordare solo le cose brutte e i conflitti della storia dei due popoli, per far credere a tutti che questo è l’unico modo in cui potrà sempre finire. Sono giunto a notare che più sono ricchi quei politici, più nitida diventa la loro retorica. Lo stesso vale con propagandisti pagati dall’Occidentale e con le ONG che operano sotto la bandiera della pace. Persone come Samantha Power e Peter Wilson usano le parole ‘riconciliazione’ e ‘pace’ come uno scudo mentre vanno alla carica. Ma non dobbiamo permettere loro di occupare tutta la discussione – la finestra di dialogo deve essere tra la gente, e non tra qualche rappresentante pagato da Soros nelle ONG o nelle ambasciate straniere o chiunque altro venga da fuori per insegnare ai popoli balcanici come andare d’accordo. Quelli stanno agendo prima di tutto nell’interesse dei loro Paesi e promuoveranno l’ordine del giorno che va bene a coloro che li finanziano.
Vari incidenti e provocazioni saranno creati e sfruttati dai politici di entrambe le parti, che vomiteranno retorica infiammabile e saranno i primi a lasciare il Paese quando inizia la guerra. La gente comune sarà quindi lasciata a vivere con tutte le conseguenze del conflitto e i “giganti morali” occidentali staranno ancora una volta gongolare a quella vista e verranno a fare da mediatori e a chiedere dialogo civile e riconciliazione (fino a quando non avranno bisogno di più carne da cannone alla prossima occasione).
Così, guardate ai vostri primi vicini, con i quali condividete il Paese in cui vivete. Queste sono le persone con le quali dovreste intraprendere il dialogo e la riconciliazione.
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Articolo di The Saker apparso su TheSaker.is il 13 luglio 2015

Traduzione in italiano di Padre Ambrogio per OrtodossiaTorino.net
fonte http://sakeritalia.it/

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