Translate

lunedì 19 ottobre 2015

Uranio e diamanti, gli Usa in Africa coi tagliagole Seleka

La scorsa settimana, decine di civili sono stati uccisi in scontri tra milizie cristiane e musulmane nella capitale della Repubblica Centrafricana, Bangui. L’ultimo ciclo di violenza è stato innescato dopo che un tassista musulmano è stato attaccato e decapitato da bande armate di machete. Fatto che a sua volta ha portato a rappresaglie contro le comunità cristiane. Il responsabile degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite Stephen O’Brien ha avvertito che il paese è sull’orlo del disastro, con più di 40.000 persone che hanno abbandonato la capitale nei giorni scorsi. In totale, circa 2,7 milioni di persone – la metà della popolazione – sono a rischio di essere tagliati fuori dagli aiuti umanitari da cui dipendono per la sopravvivenza. Il peggioramento del conflitto confessionale sta semplicemente rendendo troppo pericolosa l’opera delle agenzie di soccorso. A poter aggiungere benzina a questa crisi è la rivelazione della scorsa settimana che forze speciali Usa sono in collegamento con una delle milizie nella Repubblica Centrafricana.
Il gruppo con il quale le forze Usa hanno instaurato un collegamento è conosciuto come i ribelli Seleka, i cui membri sono a maggioranza musulmana. Negli ultimi due anni, i Seleka si sono impegnati in una guerra di bassa intensità con la fazione Bambino soldato, Repubblica Centrafricanacristiana rivale “anti-Balaka” in una lotta di potereper il controllo del paese. La Repubblica Centrafricana è ricca di oro, diamanti, legname e uranio. Lo Stato, senza sbocco al mare, ha una massa equivalente a quella della sua ex potenza coloniale francese, ma una popolazione inferiore al 10% della Francia. Dall’ottenimento dell’indipendenza dalla Francia nel 1960, il paese ha assistito a cinque colpi di Stato, alcuni con il coinvolgimento segreto francese. Migliaia di civili sono stati uccisi finora nel ciclo di violenza settaria che dura da due anni, con milioni di sfollati, che spesso cercano rifugio in nascondigli di fortuna nella giungla. Il reale pericolo è che il percepito sostegno americano per un lato rispetto all’altro potrebbe innescare una strage ancora su maggiore scala.
La scorsa settimana, il “Washington Post” ha riferito che le forze speciali americane avevano istituito una base nella giungla del nord-est della Repubblica Centrafricana, dove la milizia Seleka ha la propria roccaforte. «Il Pentagono non aveva precedentemente rivelato che stava cooperando con i Seleka ed otteneva informazioni dai ribelli. L’accordo ha messo le truppe americane in una posizione scomoda», secondo il “Post”. L’obiettivo dichiarato delle forze armate statunitensi è dare la caccia ad un noto signore della guerra, Joseph Kony, che gestisce un gruppo di guerriglia conosciuto come l’Esercito di Resistenza del Signore (Lord’s Resistance Army – Lra). Kony e il suo Lra sono da ritenersi responsabili di atrocità di massa e del reclutamentoJoseph Konydi bambini soldato. Originario dell’Uganda, Kony e l’Lra guadagnarono notorietà quando l’ente di beneficenza statunitense Invisible Children diffuse un video quasi quattro anni fa che pubblicizzava le violazioni commesse del gruppo.
Con le varie celebrità americane che avallavano il video, il presidente Usa Barack Obamainviò forze speciali in quattro paesi africani con la missione di rintracciare Kony ed i suoi complici. Questi paesi sono l’Uganda, il Sud Sudan, la Repubblica Democratica del Congo e la Repubblica Centrafricana. Finora, Kony ha eluso la cattura, anche se Washington ha posto una taglia di 5 milioni di dollari sulla sua testa. Si ritiene che egli sia rintanato in una zona remota della giungla a cavallo tra i confini dei quattro paesi africani in cui le forze speciali degli Stati Uniti operano. Il terreno è costituito da una fitta giungla con poche strade e si dice copra un’area delle dimensioni della California. «Immaginate la ricerca di 200 criminali in un’area delle dimensioni della California coperta dalla giungla», afferma un funzionario militare statunitense citato dal “Post”. «Tra bracconieri, commercio di avorio e l’Lrs, non si sa chi è chi».
In questa caccia sfuggente al signore della guerra Kony ed al suo Lra, i militari americani si stanno rivolgendo alla milizia Seleka per “informazioni”. Ma, come noto, quel legame con i Seleka sta causando qualche preoccupazione tra le truppe Usa sul terreno. Questo perché i Seleka hanno guadagnato una reputazione per le atrocità alla pari con quelle di Kony e dell’Lra, tra cui l’assassinio di civili, lo stupro di donne e il reclutamento di bambini soldato nei loro ranghi. Il “Post” riferisce: «Secondo i funzionari militari statunitensi, la squadra di truppeUsa a Sam Ouandja [la base nella giungla della Repubblica Centrafricana nord-orientale] si incontra regolarmente con i capi Seleka, ottiene informazioni dai ribelli e talvolta fornisce assistenza medica Unità francesi a Banguiai lealisti Seleka». Il documento aggiunge: «La cooperazione è un argomento delicato. Il Pentagono non pubblicizza i suoi rapporti con i Seleka e ha rifiutato di commentare in dettaglio le interazioni».
La riluttanza del Pentagono a “pubblicizzare i propri rapporti” non è sorprendente. Nel 2013, la statunitense Human Rights Watch ha registrato un regno di terrore sotto i Seleka nella Repubblica Centrafricana, riferendo come le sue forze «hanno distrutto numerosi villaggi rurali, saccheggiato diffusamente nel paese e violentato donne e ragazze». “Hrw” ha riferito sulle uccisioni extragiudiziali perpetrate dai Seleka, alcune che coinvolgono l’assassinio di bambini con il taglio della gola. In un attacco brutale il 15 aprile 2013, il gruppo per i diritti ha riferito: «La milizia Seleka ha ucciso la 26enne moglie e la figlia diciottenne di un autista di camion, il cui veicolo volevano per trasportare merci rubate. Un testimone ha descritto come i Seleka hanno sparato al bambino nlla testa, prima di uccidere la madre mentre si avvicinava alla porta della casa di famiglia». In base alle sue scoperte, “Hrw” ha raccomandato che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe imporre sanzioni a tutti i capi Seleka.
In un’altra atrocità riportata a maggio 2014, i militanti Seleka hanno ucciso 11 fedeli in una chiesa nella capitale Bangui, lanciando granate nell’edificio e attaccando la congregazione con armi da fuoco. Ma il Pentagono sta ora in collegamento con questa stessa milizia nella sua missione che dovrebbe rintracciare il signore della guerra Joseph Kony e il suo esercito di sbandati. I Seleka non sono certo l’unica milizia fuorilegge, operante nella Repubblica Centrafricana. La cristiana anti-Balaka ha perpetrato altrettante atrocità contro la minoritaria comunità musulmana del paese. Il presidente ad interim Catherine Samba Panza, che ha dovuto tornare in fretta dalla recente Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York a causa del deterioramento della situazione nel paese, ha accusato elementi del deposto presidente François Bozizé anche di orchestrare le Giovanissimi guerriglieri Selekaviolenze. Bozizé, che è cristiano, si era già avvalso della patrocinio della ex potenza coloniale francese, prima di essere cacciato dal paese dai Seleka nel marzo 2013.
Il punto è che la tragedia che si svolge in Repubblica Centrafricana mostra come l’ingerenza da parte delle potenze occidentali serve a versare benzina sul fuoco di un esplosivo conflitto intestino. La dubbia missione delle forze speciali Usa nelle giungle dell’Africa – suppostamente per la cattura di un signore della guerra – sta avendo l’effetto di allineare Washington in una guerra civile che si va inasprendo, e al fianco di elementi le cui mani grondano di sangue. La scena è stata preparata per un’intensificazione ancora più sanguinosa. Il coinvolgimento di Washington può finora apparire come un fattore clandestino, ma non è meno incendiario. Si tratta di un ruolo incendiario che Washington interpreta ripetutamente, come visto in altri conflitti in corso, dalla Siria all’Iraq passando per l’Ucraina.
(Finian Cunningham, “La mano nascosta di Washington nella guerra in Africa Centrale”, da “Stampa Libera” del 9 ottobre 2015).

Nessun commento:

Posta un commento