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giovedì 29 settembre 2016

I file segreti di Soros: ecco come il miliardario “filantropo” manovra il mondo

Rivoluzioni, diritti umani, finanza spregiudicata: la fondazione di George Soros è stata hackerata e migliaia di file segreti sono stati pubblicati svelando gli intrighi del ricchissimo imprenditore americano
di Lorenzo Giarelli
Il paradosso del miliardario di sinistra è noto e ritorna spesso nelle campagne elettorali della destra: chi propone progressismo sociale e uguaglianza economica o non è davvero di sinistra o non è davvero ricco. Una terza via, poco lusinghiera, aumenta l’imbarazzo della scelta: il magnate di turno potrebbe avere qualcosa da nascondere, da intendersi come interessi economici o politici in ballo.
Che i miliardari comandino il mondo non è soltanto roba da complottisti: accade da qualche millennio e nessuno se ne meraviglia. Ma vedersi sbattere nero su bianco le manovre di uno di questi magnati fa un certo effetto. Nelle scorse settimane la fondazione di George Soros, la Open Society, è stata hackerata e sono finiti online migliaia di documenti relativi alle attività gestite o finanziate dal miliardario di origini ungheresi. Si tratta di campagne elettorali, fondazioni umanitarie, associazioni per i diritti, società di ricerca che hanno ricevuto fondi per operare o indirizzare il consenso verso temi cari a George, vicino al Partito Democratico americano.
In questi 2.576 file pdf – consultabili su DCLeaks – è scritto che Soros avrebbe cercato di condizionare i risultati in ognuno degli Stati Europei in cui si è votato nel 2014. L’obiettivo di Soros era quello di contrastare i partiti anti-europeisti e favorire le politiche di integrazione interna ed esterna (relative all’ingresso dei migranti).
Si parla anche del coinvolgimento diretto di Soros nella gestione di rivolte sparse per il mondo, tra cui quella Ucraina, e di una pioggia di quattrini data ad associazioni in favore dell’aborto, dell’eutanasia e dei diritti LGBT. Ma c’è anche il sostegno diretto a candidati politici, come quello a Hillary Clinton – circa 8 milioni di euro – per scongiurare il pericolo Trump. Soros ci aveva già provato nel 2004, quando aveva fatto di tutto per non far vincere George W. Bush, arrivando a donare, secondo il Central for Responsive Politics, la bellezza di 23 milioni di dollari a 527 associazioni legate a John Kerry, allora condidato democratico.
La notizia dei file hackerata è di portata mondiale, eppure molti dei più grandi giornali, soprattutto americani, non ne hanno parlato
Nell’home page del sito contenente i file hackerati si legge un riassunto ben poco lusinghiero: “Soros è l’architetto o il finanziatore di più o meno ogni rivoluzione o colpo di stato nel mondo negli ultimi 25 anni. Spilla sangue a milioni e milioni di persone solo per diventare più ricco lui”.
D’altra parte Soros è sempre stato un uomo controverso. Nato in Ungheria, di famiglia ebrea, è dovuto fuggire alla persecuzione nazista. Astuto, calcolatore, spregiudicato (soprattutto sulla pelle degli altri). Divenne celebre quando, nel 1992, riuscì a mandare sul lastrico la Banca d’Inghilterra e a far uscire dalla SME (il Sistema Monetario Europeo) sia la sterlina, sla lira italiana: il 16 settembre Soros vendette pacchi di sterline allo scoperto, approfittando del tentennamento della Banca inglese nell’aumentare i tassi di interesse e a far fluttuare il tasso di cambio. Mentre nella finanza di due Paesi regnava il caos, Soros andava a dormire con un miliardo netto di guadagno grazie alla sua speculazione.
Come si concilia, allora, questa spregiudicatezza finanziaria con l’animo da filantropo? Si concilia, dice lui, con il fatto che il lavoro da speculatore, se non lo facesse lui, lo farebbe qualcun altro, e che ciò che conta è cercare di cambiare il sistema. Che ci stia provando o meno non si può dire: intanto Soros si arricchisce, tanto che il suo patrimonio personale si aggira, a quanto pare, sui 25 miliardi di dollari.
Niente male, per un ex allievo di Karl Popper che predica una revisione del sistema. Nota a margine: i Soros Leaks hanno smascherato molti degli interessi del miliardario. Per molti sarà stata soltanto la conferma di ciò che si sospettava da anni, ma in ogni caso la notizia è di rilevanza mondiale, eppure in pochi ne hanno parlato. Baluardi del buon giornalismo come il New York Times o il Washington Post non ne hanno fatto menzione, persino il Guardian ne fa soltanto un rapido accenno in un editoriale. Gli interessi in campo, è evidente, pesano. Mentre Soros continua ad arricchirsi, nessuno si meraviglia più che la politica conti meno della finanza. Se credere ai leader politici non serve più, allora dobbiamo adattarci, e sperare che il miliardario di turno non abbia simpatie troppo diverse dalle nostre.
fonte http://www.linkiesta.it/it/article/2016/09/26/i-file-segreti-di-soros-ecco-come-il-miliardario-filantropo-manovra-il/31887/
Boao Forum for Asia 2013

mercoledì 28 settembre 2016

Mari e ponti per vendere il Sì


Questa è la storia di un venditore di «Sì», di uno che promette mari e ponti. Va dai commercianti e sul piatto mette una promessa di meno tasse.
Va dai pensionati e sventola quattordicesime raddoppiate. Va negli ospedali e maledice i tagli alla sanità. Ai sindacati sussurra tutele e corsi di formazione, agli industriali mano libera sul lavoro e a chi sogna il capitalismo quattro punto zero disegna sentieri capillari di fibra ottica. Scrive su una vecchia lavagna recuperata negli studi di Mediaset una sorta di patto con gli italiani e poi come un fattucchiere da fiera di paese evoca dal palco della Triennale di Milano, dove si inaugura la mostra sui 110 anni del gruppo Salini Impregilo, il Ponte sullo Stretto. «Se sono pronte le carte noi ci siamo. Sblocchiamo in un attimo quello che è fermo da dieci anni». Abracadabra. Signore e signori ecco a voi il grande progetto di quella che Delrio chiama la Napoli-Palermo. Il guaio è che Pietro Salini risponde in un attimo «noi siamo sempre pronti». «Se avessi i permessi per cominciare domani mattina, in sei anni il ponte sta là». E adesso che si fa? Il ponte tocca farlo davvero. Smentendosi. Matteo Renzi, perché è di lui che si sta parlando, durante la campagna elettorale per le primarie Pd del 2012 sosteneva un'altra tesi: «Continuano a parlare dello Stretto di Messina, ma gli 8 miliardi li dessero alle scuole per la realizzazione di nuovi edifici».
Non è il ponte il marcio di Renzi. L'Italia ha bisogno di futuro, di progetti, di immaginare qualcosa che ancora non c'è, di coraggio, di imprese, di lavoro, di un fisco che non tolga il respiro, di un fermento che si può chiamare sogni. Solo che Matteo tutto questo lo svilisce, come se ogni volta le sue parole non avessero materia, ma fossero evanescenti, come le sparate di smargiassi da bar. Quello che a Renzi interessa è solo vincere il referendum del 4 dicembre. Non per amore delle riforme istituzionali, ma per il significato politico di quel voto. Non vuole vincere per fare qualcosa, ma per certificare il suo potere. E questo si legge in ogni suo gesto, nelle sue parole, nelle sue promesse, nei suoi progetti arruffati. È il suo più grande limite: orecchia e pasticcia. Come premier ci tiene ad apparire spiccio, svelto, veloce, solo che il suo agitarsi non genera movimento, non scarica a terra, non cambia la realtà. Quella riforma a cui dice di tenere tanto è un mezzo aborto e questo lo sospetta perfino lui. Non ha davvero abolito il Senato. Lo ha solo svuotato, per poi riempirlo di consiglieri regionali, con ruoli indefiniti. Non importa come si fanno le cose, l'importante è far vedere che in qualche modo sono state fatte. Poi il modo per venderle si trova. Questa è la malattia del nostro tempo. Non c'è cura. Non c'è amore. Non c'è orgoglio. Renzi è come un finto artigiano interessato non a quello che fa ma a come lo vende. Per un po' magari funziona, poi qualcuno però se ne accorge. È come il pasticciere che abbonda con la panna perché non sa fare la crema. La prova è proprio questa frenesia di chi svende le riforme promettendo mari e ponti. Se fossero davvero buone non ci sarebbe bisogno di questo mercato dozzinale. Il 4 dicembre si va a votare per definire le regole del gioco della democrazia. Non si barattano con una carrellata di promesse tanto al chilo.
fonte http://www.ilgiornale.it/news/politica/mari-e-ponti-vendere-s-1311816.html

Un informatore espone il modo in cui il principale alleato della NATO sta armando e finanziando l’ISIS

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DI NAFEEZ AHMED
medium.com
+ Il capo dei servizi segreti della Turchia, Hakan Fidan, è stato nominato membro di un gruppo terroristico legato ad al-Qaeda e all’ISIS
 + L’intelligence turca ha fornito direttamente all’ISIS aiuti militari per anni
 + Il governo turco ha dirottato forniture militari all’ISIS tramite un’agenzia di aiuti umanitari
 + I combattenti dell’ISIS, tra cui il vice di al-Baghdadi, hanno ricevuto cure mediche gratuite in Turchia e “protezione” dalla polizia turca
 + Il capo dell’ISIS in Turchia ha ricevuto “protezione H24/7” all’ordine personale del presidente Erdogan
+ Le indagini di polizia turche riguardanti l’ISIS vengono sistematicamente annullate
 + Il petrolio dell’ISIS viene venduto con la complicità delle autorità in Turchia e nella regione curda del nord dell’Iraq
 + La NATO afferma il ruolo della Turchia come alleato nella guerra all’ISIS

Un ex alto funzionario antiterrorismo in Turchia ha denunciato apertamente la sponsorizzazione deliberata dello Stato Islamico (ISIS) da parte del presidente Recep Tayyip Erdogan, come strumento geopolitico per espandere l’influenza regionale della Turchia ed emarginare i suoi avversari politici in casa.
Ahmet Sait Yayla è stato capo della Divisione Antiterrorismo e Operazioni della Polizia Nazionale Turca tra il 2010 e il 2012, prima di diventare Capo della Divisione per l’Ordine Pubblico e la Prevenzione del Crimine fino al 2014. In precedenza aveva lavorato nella Divisione Antiterrorismo e Operazioni come dirigente di medio livello per tutta la sua ventennale permanenza in carica nella polizia, prima di diventare Capo della Polizia di Ankara e Sanliurfa.
Nelle interviste con INSURGE intelligence, Yayla ha rivelato in esclusiva che aveva personalmente assistito alla prova dell’alto livello di sponsorizzazione dell’ISIS da parte dello Stato turco, durante la sua carriera in polizia, ciò che alla fine lo ha portato a dare le dimissioni. Ha deciso di diventare informatore dopo il giro di vite autoritario di Erdogan, a seguito del colpo di stato militare fallito nel mese di luglio. Questa è la prima volta che l’ex capo antiterrorismo ha messo agli atti le rivelazioni relative a ciò che sa sugli aiuti dati dal governo turco a gruppi terroristici islamici.
L’ex Capo Antiterrorismo della Polizia Nazionale Turca sta alzando la voce, nonostante il notevole rischio per la propria famiglia. Come parte del giro di vite di Erdogan, dopo il colpo di stato militare fallito nel mese di luglio, al figlio diciannovenne di Yayla stato impedito di lasciare il paese ed è, infine, stato arrestato con l’accusa di terrorismo.
Quando ho parlato con Yayla, egli aveva appena lanciato il suo nuovo libro a Washington DC,ISIS Defectors: Inside Stories of the Terrorist Caliphate, scritto in collaborazione con la professoressa Anne Speckhard, consulente NATO e del Pentagono, specializzata in psicologia della radicalizzazione.
“La Turchia sta sostenendo lo Stato islamico e altri gruppi jihadisti”, ha detto Yayla.
“Lo so dapprima come ex capo della polizia nazionale turca e in seguito alle esperienze che ho avuto lì, ciò è il motivo per cui ho finito per lasciare la polizia. E in secondo luogo, a causa di ex terroristi dell’ISIS che ho intervistato come parte della mia ricerca sul fenomeno jihadista – molti dei quali dicono che l’ISIS gode del sostegno ufficiale turco.”
Preso di mira dal contro golpe di Erdogan
 Yayla è il primo funzionario turco antiterrorismo a rivendicare conoscenze di prima mano riguardanti il sostegno segreto di Erdogan, dato a gruppi terroristici islamici. Ha una profonda conoscenza della relazione del governo con l’ISIS, dopo aver lavorato a stretto contatto con i funzionari governativi di alto livello ad Ankara – tra cui lo stesso Erdogan – per discutere le operazioni.
Dopo il mio primo colloquio con Yayla, ho posto innumerevoli altre domande sulle sue specifiche esperienze della sponsorizzazione, fornita dalla Turchia all’ISIS. Ma stavo avendo difficoltà nel raggiungerlo.
Alla fine, ho ricevuto un’e-mail, in data 30 luglio, che chiariva il motivo del silenzio.
“Mi dispiace non ho potuto tornare da Lei”, ha scritto Yayla: “Stavo cercando di far uscire mio figlio dalla Turchia ed è stato trattenuto presso il confine senza alcuna motivazione. È uno studente del college, un ragazzo di 19 anni. Non spiegano nulla e lo trattengono presso la polizia di frontiera. Naturalmente la ragione sono io, per quello che sto scrivendo e per la mia posizione contro Erdogan. Siamo così tesi all’idea che lui è detenuto. Come sapete, non vorrei pensare che la tortura e altre atrocità siano diventate cosa ordinaria nelle ultime due settimane in Turchia. Mi lasci gestire la crisi e Le parlerò in seguito, se non Le dispiace.”
Il figlio di Yayla è Yavuz Yayla, uno studente in Relazioni Internazionali presso l’Università di Cukurova. Non potevo immaginare che cosa Yayla stesse passando. Poi, in pochi giorni, la situazione è peggiorata:
“Purtroppo, hanno arrestato mio figlio”, Yayla ha scritto in un’ulteriore e-mail.
“L’accusa è avere avuto una banconota da un dollaro nello zaino, un segno per accusarlo di essere tra i sostenitori del colpo di stato. Ha 19 anni, è studente del primo anno di college, non ha connessioni con nessuno, nemmeno con i golpisti, ma è solo per vendicarsi su di me perché sto urlando i fatti e ciò a Erdogan non piace.”
Nonostante la sua conoscenza diretta della corruzione del sistema di sicurezza nazionale della Turchia, Yayla è stato preso alla sprovvista dallo sviluppo dei fatti:
“Non ho mai pensato che sarebbero andati così in basso. Non ci si può fare nulla. Letteralmente, nell’atto di accusa il pubblico ministero ha presentato due prove per considerarlo un terrorista che cercava di lasciare il paese con mezzi legali, per un passaggio di frontiera, dove è stato fermato perché non aveva il passaporto ufficiale (il passaporto verde, lui può andare solo nell’UE senza visti con questo passaporto che mi è stato dato dall’Università), e con una banconota da un dollaro nel suo zaino che aveva preso da me anni fa, quando sono tornato da una conferenza negli Stati Uniti. Siamo a un punto che le parole non possono descrivere la frustrazione che proviamo individualmente o come vittime di questo tentativo di colpo di stato.”
Ho parlato con Yayla a lungo il 4 agosto per telefono. La sua voce era notevolmente sottotono rispetto alla nostra conversazione iniziale. Come prima cosa mi ha detto che non era riuscito a smettere di piangere, a causa della paura di ciò che sarebbe accaduto a suo figlio.
La situazione era difficile. Per ottenere il rilascio di suo figlio, Yayla aveva bisogno di trovare un avvocato capace e coraggioso. Ma gli avvocati erano già stati eliminati da Erdogan – in particolare gli avvocati che hanno accettato di farsi carico dei casi delle persone arrestate dalle autorità, per aver connessioni al colpo di stato.
“Quindi non riesco a trovare un avvocato”, ha detto Yayla. “Gli avvocati hanno paura. Tutto quello che hanno da dire è ‘Anche noi abbiamo una famiglia, arresteranno anche noi'”.
Squadre di agenti antiterrorismo sono state inviate a casa del padre di Yayla ad Ankara. Hanno perquisito la casa, e hanno posto ripetute domande relative allo stesso Ahmet. Da allora, Yavuz Yayla rimane in detenzione a tempo indeterminato con l’accusa di terrorismo, e il procedimento d’appello non ha avuto successo.
Per Yayla, il vero obiettivo di queste azioni è evidente.
“Mi vogliono far tacere”, ha detto in relazione all’amministrazione Erdogan:
“Conosco vari patti interni. Come stavano aiutando l’ISIS direttamente.”
Nei due mesi durante la detenzione di suo figlio, Yayla non è stato in grado di comunicare con il figlio al telefono, anche se i detenuti hanno il diritto di una telefonata di dieci minuti ogni settimana.
Ai primi di settembre, le autorità turche hanno rilasciato temporaneamente Yavuz con tutti i suoi effetti personali, solo per trattenerlo ancora una volta sulla soglia della prigione. Questa volta è stato nuovamente arrestato per il fatto che il suo passaporto era stato annullato dal governo. L’avvocato che Ahmet aveva finalmente trovato per il figlio, ha condotto il caso sotto la pressione esercitata dall’intelligence turca.
ìIn realtà, l’annullamento del passaporto di Yavuz era legato a suo padre. Le autorità turche avevano annullato i passaporti di Ahmet Yayla e dei membri della sua famiglia nel luglio 2016, dopo che Yayla aveva scritto un articolo nel World Policy Journal, sottolineando la prova del sostegno dato da Erdogan al terrorismo.
Ma quest’articolo ha a malapena scalfito la superficie di ciò che Ahmet Yayla sa di prima mano, in merito alla relazione incestuosa del governo turco con l’ISIS.
 Il terrore umanitario
 Yayla ha detto che le accuse controverse nella stampa turca, riguardanti il sostegno ai gruppi militanti in Siria per mezzo di un’ONG turca caritatevole, la Humanitarian Relief Foundation (IHH), sono del tutto precise riflessioni di un rapporto torbido tra il governo turco e i gruppi jihadisti.
Il 3 gennaio 2014, il quotidiano turco centrista Hurriyet ha riferito che una notevole quantità di munizioni e armi è stata trovata dalla polizia turca, in camion che trasportavano aiuti a favore dell’IHH ai ribelli islamici in Siria.
È emerso presto, dal pubblico ministero e dalla testimonianza degli agenti di polizia, nel corso diprocedimenti di tribunale, che si presumeva che i camion fossero accompagnati da funzionari dell’Organizzazione Nazionale di Intelligence dello Stato Turco (MIT).
La testimonianza per i documenti in tribunale ha affermato che parti di razzi, munizioni e proiettili da mortaio erano stati trovati in camion che consegnavano le forniture alle zone della Siria sotto il controllo di gruppi jihadisti, verso la fine del 2013 e all’inizio del 2014.
Tuttavia, il governo di Erdogan ha vietato a tutti i media turchi di dare ulteriori informazioni sui procedimenti giudiziari. Le accuse, ha sostenuto il governo, facevano parte di una cospirazione per minare la presidenza di Erdogan, organizzata dal religioso musulmano in esilio Fethullah Gülen, residente negli Stati Uniti.
Secondo Ahmet Yayla, però, le accuse contro Erdogan e l’IHH sono precise, e non hanno nulla a che fare con una cospirazione gulenista.
“Sono stato coinvolto indirettamente nelle prime fasi delle indagini antiterrorismo nell’IHH”, ha detto Yayla.
“Il leader dell’IHH è stato arrestato a seguito di queste indagini, a quel tempo, a causa delle prove che avevamo ottenuto che il gruppo è dietro gran parte del sostegno all’ISIS. L’IHH ha fornito armi e munizioni a molti gruppi jihadisti in Siria, non solo all’ISIS”.
Yayla rileva che la flottiglia di Gaza 2010, dove a un vascello operativo dell’IHH è stato impedito di portare aiuti umanitari a Gaza da parte della Forza di Difesa Israeliana (IDF), era stata organizzata con l’approvazione di Erdogan:
“Erdogan ha voluto che la gente pensasse che stesse sostenendo Gerusalemme e la Palestina, forzando questa nave a Gaza. Si aspettava di diventare un eroe. Invece la gente è stata uccisa. Ma Erdogan ha utilizzato l’incidente per radicalizzare le persone in Turchia intorno a sé.”
Anche prima dell’incidente della flottiglia, l’IHH era diventato partner primario dell’Agenzia Turca per la Cooperazione Internazionale (TIKA) – l’agenzia di aiuti ufficiale del governo turco – per distribuire aiuti umanitari in tutto il mondo.
“Con la sola eccezione che l’IHH non distribuiva solo beni umanitari. Tra i beni, vi erano armi”, ha detto Yayla.
 Radici militanti
Il principale benefattore dell’IHH nel governo turco era Hakan Fidan, che ha guidato TIKA dal 2003 fino al 2007. Ex ufficiale militare turco, è diventato vice sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel 2007. Dal 2010 è stato capo dell’agenzia di intelligence dello Stato turco (MIT).
 Ma secondo Ahmet Yayla, Fidan è stato uno dei sospettati primari di una serie di attacchi terroristici nel 1990, quando Yayla lavorava come ufficiale di polizia di Ankara. Gli attacchi implicavano omicidi mirati di intellettuali turchi di sinistra affiliati al giornale Cumhuriyet, sotto forma di autobombe e pacchi bomba. Tra le vittime il giornalista Ugur Mumtu, l’attivista per i diritti delle donne Bahriye Ucok, e l’intellettuale Ahmet Taner Kislali.
Le operazioni di polizia hanno rintracciato i responsabili degli attacchi, facenti parte di una cellula terroristica gestita dall’Hezbollah turca (TH). Due persone chiave, ora vicine a Erdogan, sono state identificate dalla polizia come membri della cellula: Hakan Fidan e Faruk Koca, uno dei membri fondatori dell’Akp al potere.
L’Hezbollah turca è un’organizzazione terroristica islamista sunnita emersa nel 1980, originariamente gestita da una fazione curda. È particolarmente attiva contro il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e sostiene apertamente la violenza come mezzo per stabilire uno Stato Islamico in Turchia.
L’associazione non ha legami con il gruppo libanese che porta lo stesso nome. Ma secondo Yayla, operazioni di polizia turca hanno rivelato che TH aveva legami con elementi di alto livello dell’apparato di sicurezza turco, così come forti relazioni con funzionari dell’intelligence iraniana post-rivoluzionaria.
Una riunione informativa di background di Human Rights Watch, pubblicata nel 2000, ha documentato un sistema allarmante di legami tra le forze di sicurezza turche e TH, tra cui le testimonianze di alti funzionari del governo turco, come il ministro del governo Fikri Saglar, che ha sostenuto che l’Hezbollah turca era fin dall’inizio controllata dalle “Forze Armate” e che “si è ampliata e rafforzata sulla base di una decisione del Consiglio di Sicurezza nazionale nel 1985.”
Nell’aprile 1995, un rapporto ufficiale del Parlamento turco ha concluso che “le unità militari” turche fornivano “assistenza” a un campo segreto dell’Hezbollah turca “nei villaggi della regione di Seku, Gönüllü e Çiçekli, nel distretto Gercüs di Batman.”
TH da allora è stata indicata come organizzazione terroristica dal Dipartimento di Stato.
Negli ultimi dieci anni, mentre TH non ha rinunciato al suo impegno per la violenza, si è concentrata anche su attività politiche.
Eppure, la sua eredità di violenza continua a vivere. C’è una linea diretta di discendenza tra TH, al-Qaeda e l’ISIS. Halis Bayancuk, il cui nome di battaglia è Abu Hanzala, è l’emiro dell’ISIS in Turchia. In precedenza, l’emittente nazionale pubblica turca a guida statale (TRT) aveva identificato Bayancuk come capo del ramo turco di al-Qaeda. Ma Bayancuk è anche figlio di Haci Bayancuk, uno dei membri fondatori di TH.

Fonte: https://medium.com/i
Link:  https://medium.com/insurge-intelligence/former-turkish-counter-terror-chief-exposes-governments-support-for-isis-d12238698f52#.x9leu0rj0
16.09.2p016
fonte www.comedonchisciotte.org  traduzione a cura di NICKAL88

Boschi spende 300mila euro per il "sì" del Sud America


Trecentomila euro per un sì. È il costo delle oltre trenta ore di volo di Stato (vedi grafico sopra) necessarie per trasportare il ministro delle Riforme costituzionali, Maria Elena Boschi, nelle cinque tappe del suo tour sudamericano finalizzato all'incontro con le comunità italiane.
Il viaggio è iniziato lunedì a Buenos Aires in Argentina, è proseguito ieri a Montevideo in Uruguay, mentre tra oggi e domani vi saranno tre appuntamenti brasiliani a Porto Alegre, Brasilia e San Paolo.
La delegazione guidata dal ministro vede tra le sue «punte di diamante» due deputati piddini, l'italo-brasileiro Fabio Porta e il calabrese di provata fede renziana Ferdinando Aiello. Nel corso della missione argentina il ministro ha incontrato il capo del governo argentino Marcos Peña alla Casa Rosada e il presidente provvisorio del Senato Federico Pineda, ma il clou delle giornate bonaerensi è stato l'incontro con la comunità italiana al Teatro Coliseo, un appuntamento reclamizzato dai consolati e dai patronati locali del sindacato (rappresentanze che assistono gli italiani all'estero soprattutto per le pratiche pensionistiche).
Dinanzi a circa mille persone Boschi ha potuto magnificare gli esiti di una vittoria del Sì al referendum costituzionale, rispiegandoli poi in varie interviste sui principali quotidiani sudamericani come Clarín e O Globo. «Abbiamo bisogno di un sistema più stabile per il nostro Paese e noi vogliamo costruire assieme il futuro», ha detto il ministro. L'obiettivo della missione, dunque, è quello di avvicinare il più possibile al tema gli italiani in Sud America. In Argentina, dove i nostri connazionali sono molto presenti, si punta a contattare almeno 200mila elettori. Lo stesso si farà in Brasile tramite l'onorevole Porta che è presidente del Comitato permanente italiani nel mondo e che ha curato da vicino la costituzione dei Comitati per il Sì nella sua circoscrizione estera di elezione. A presiedere quella di San Paolo, metropoli brasiliana con il maggior numero di italiani assieme a Salvador de Bahia, c'è l'ex senatore piddino Edoardo Pollastri.
Le ragioni della politica estera del governo e quelle del partito di maggioranza diventano così indistinguibili. Se, poi, la campagna referendaria può contare anche sulle prerogative istituzionali come disporre dell'aereo di Stato (il cui costo per ogni ora di volo è di circa 10mila euro) per fare propaganda, la strada per il No si fa un po' più difficile. Insomma, se l'opposizione alla riforma in Italia è maggioranza, stando ai sondaggi, non è detto che all'estero il copione si replichi. E poiché i potenziali elettori sono 4 milioni, il risultato finale potrebbe essere diverso. Ecco spiegato l'attivismo piddino sul fronte italiani all'estero che voteranno per corrispondenza tre settimane prima della consultazione referendaria. «Facciano pure Renzi e la Boschi, ma lo facciano almeno a spese loro o del loro partito, ma non lo facciano con i soldi dei contribuenti costretti a pagare la trasferta intercontinentale alla Boschi e al suo staff ministeriale solo per mere ragioni di campagna elettorale del Pd», ha commentato duramente il vice presidente leghista del Senato, Roberto Calderoli, che pensa anche alle indennità di trasferta del personale ministeriale.
Il ministro per le Riforme non è sola. Il capo dei Comitati per il Sì, il senatore scout Roberto Cociancich, domenica sarà a Philadelphia e poi proseguirà a New York, Toronto e Vancouver. Per le tasche degli italiani non ci saranno maggiori spese: lo status di senatore consente di affrontare serenamente queste trasferte ed, essendo in missione per conto del Pd, non perderà nemmeno la diaria.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/boschi-spende-300mila-euro-s-sud-america-1311898.html

Giannuli: la sinistra vale zero, ecco perché non esiste più


Perché la sinistra perde sempre, ormai da decenni? Perché non ha saputo leggere la grande crisi geopolitica esplosa con il crollo dell’Urss, risponderebbe Giulietto Chiesa. O magari perché, per dirla con Gioele Magaldi, l’élite neo-aristocratica si è impadronita del vertice della massoneria internazionale, sconfiggendo i “fratelli” progressisti e poi cooptandoli in un patto scellerato, il cartello “United Freemasons for Globalitazion”, all’alba degli anni ‘80. In saggi come “Il golpe inglese” e “Italia oscura”, Giovanni Fasanella rivela le grandi manovre anglosassoni per sabotare la sovranità della Penisola, fino all’epilogo del Britannia. A partire dal saggio “Il più grande crimine”, del 2011, Paolo Barnard ha messo a nudo il cuore del problema: la sinistra, anche italiana, era nel mirino dei grandi globalizzatori. “Dovevano” cadere partiti, movimenti e sindacati che fossero di ostacolo alla svolta neoliberista e neo-feudale dell’oligarchia già terriera, oggi finanziaria, ostile alle conquiste sociali della modernità. Lo conferma l’economista Nino Galloni: la sinistra italiana “doveva” essere piegata, col suo modello di economia sociale mista, pubblico-privata.
Sinistra “piegata”, battuta. O meglio ancora “comprata”, attraverso i vertici di partiti e sindacati che, a un certo punto, hanno “tradito” e rinnegato i loro valori: hanno abbandonato la difesa dei diritti e cominciato a spiegare ai lavoratori che avrebbero D'Alemadovuto rassegnarsi a tirar cinghia. Fino al trionfo del suicidio politico, col Pd di Bersani che vota il governo Monti e la legge Fornero, come richiesto dalla super-massoneria reazionaria. Ma tutto era cominciato molto prima, avverte Barnard: D’Alema vantò il record europeo delle privatizzazioni, dopo che Prodi aveva smantellato l’Iri (per poi diventare premier, presidente della Commissione Europea e advisor di Goldman Sachs). Altro da aggiungere? Sì, una notazione storica, che Barnard affida al famigerato Memorandum di Lewis Powell, l’avvocato d’affari ingaggiato dalla Camera di Commercio Usa per stroncare la sinistra in Europa e negli Stati Uniti. Vademecum perfettamente applicato dal supremo potere, attraverso le direttive della Trilaterale. Era l’inizio degli anni ‘70, ma la condanna per la sinistra era già firmata. In Europa, il nuovo padrone a cui obbedire senza discutere si sarebbe chiamatoUnione Europea: bisogna tagliare tutto – salari, pensioni, welfare, sanità – perché “ce lo chiede l’Europa”.
Aldo Giannuli, politologo dell’ateneo milanese, fa l’appello degli ultimi discendenti della sinistra che fu: Rifondazione comunista, il Pdci, i Verdi, Sel. Quindi Vendola, Civati, i supporter di Tsipras. In altre parole, il niente: «Riuscireste ad immaginare un quadro più deprimente? Il punto è che i vari soggetti di questo scombinato arcipelago non hanno alcun progetto comune (posto che lo abbia qualcuno di loro)». Zero capacità di analisi sullacrisi in atto: di conseguenza, nessuna vera soluzione. «Impressionante è il vuoto totale di proposta politica: queste organizzazioni sono il nulla assoluto». Giannuli spera che “qualcosa di sinistra” ancora esista, da qualche parte, al di là di «quella truffa indecente che è il Pd». I 5 Stelle? Ancora acerbi, in fase di maturazione. Il professore si augura che “Sinistra Italiana” e M5S «trovino un terreno di convergenza, che inizino a dialogare». Ma, «se la sinistra non vuol passare da un disastro all’altro – aggiunge – è necessario in primo luogo che prenda atto della sua condizione pietosa». Da trent’anni, la sinistra «non produce un grammo di cultura politica». Solo campagne elettorali, con «un ceto politico impresentabile». Servirebbe «un progetto politico adeguato ai tempi», di cui però non c’è traccia. Perfetto, direbbe Lewis Powell: missione compiuta.
http://www.libreidee.org/2016/09/giannuli-la-sinistra-vale-zero-ecco-perche-non-esiste-piu/

Non esistono multinazionali innocenti, ricattano il mondo

Renzi con Tim Cook

La Apple ha rubato 13 miliardi di tasse ai cittadini europei secondo la Commissione Ue, ma è solo la punta dell’iceberg. Tutte le multinazionali hanno come ragione sociale l’elusione e l’evasione dalle leggi e dal rispetto deidiritti sociali e delle norme ambientali, esistono precisamente per questo scopo. E tutti i governi che praticano il libero mercato sono con esse complici. Il governo irlandese è sotto accusa perché non faceva pagare tasse solo alla Apple. Se avesse esteso a tutte le aziende il trattamento di favore riservato a quella della Mela, e ricordiamo che la tasse sui profitti in quel paese sono già abbassate ad un ridicolo 12,5%, se tutte le imprese in Irlanda fossero state fisco esenti, la Ue non avrebbe potuto dire nulla. Come non dice nulla sul trasferimento della sede Fca in Olanda e su tanti altri casi simili. Ogni paese Ue può essere un paradiso fiscale per ricchi e multinazionali, purché non faccia favoritismi, il privilegio deve essere uguale per tutti. Per questo il Lussemburgo dell’attuale presidente della Commissione, Juncker, è sotto accusa.
A Fiat e Starbucks, sono stati fatti favoritismi eccessivi rispetto a tanti altri. Ma la concorrenza fiscale al ribasso tra i paesi della Ue come tale è ammessa, anzi è nello spirito del trattato di Maastricht e dei suoi principi ultraliberisti. A questo serve la Applemoneta unica, a mettere in concorrenza tra loro gli Stati sulla svalutazione di tasse, salari e diritti. E le multinazionali conducono l’asta. Durante il confronto sulla Brexit l’europeismo irlandese è stato contrapposto allo scetticismo britannico. L’Irlanda è stata presentata come il solo paese, tra quelli “periferici”, ad aver gestito virtuosamente crisi ed euro. Altro che gli altri Piigs. Ora sappiamo a quale prezzo e con quali risultati, ma niente ipocrisia. Alla Apple è capitato su questa sponda dell’Atlantico ciò che è toccato alla Volkswagen sull’altra. Sono rondini che non fanno primavera e stanno tutte dentro il cielo del Ttip. Oggi questo trattato è in crisi per il rifiuto dei popoli, e dobbiamo dire grazie alla Brexit, ma anche perché le multinazionali tra le due sponde dell’oceano hanno conti da regolare.
In ogni caso però la linea di fondo che ispira la Ue e tutti i suoi governi rimane sempre la stessa: attirare gli investimenti delle multinazionali con concessioni fiscali e sociali per rimpiazzare così i tagli alla spesa e agli investimenti pubblici. Il governo italiano, non a caso il più ottusamente servile verso il Ttip, il suo regalo alla Apple lo ha già fatto. L’azienda doveva al fisco 880 milioni per Ires non pagata, e lo Stato italiano ha transato accontentandosi di 330. Immaginatevi un cittadino normale che debba 880 semplici euro al fisco e che si rivolga all’Agenzia delle Entrate esigendo il trattamento Apple, verrebbe consideratoRenzi con Tim Cookmatto. Invece con Tim Cook Renzi fa i selfie sperando che porti lavoro. Le multinazionali sono al disopra delle leggi e delle regole di tutti noi e per i governi è un merito riconoscerglielo. Quello turco, anche per coprire la sporcaguerra contro i curdi, ha subito offerto i suoi servigi ad Apple.
Non sappiamo se la vicenda Apple si concluderà come è iniziata, o, più probabilmente, con una transazione all’italiana o con altro ancora. Quello che è chiaro è che senza mettere in discussione i meccanismi del libero mercato e della globalizzaione liberista le multinazionali continueranno a ricattare il mondo, con l’aiuto dei governi complici. Ed è altrettanto chiaro che la Ue e l’euro, che hanno fatto del libero mercato il principio costituzionale, non sono la soluzione, ma parte del problema. La nostra Costituzione, all’articolo 53, impone un fisco progressivo e sono incompatibili con essa i privilegi sulle tasse per chi ha più potere e ricchezza, a partire dalle multinazionali. Che non a caso, assieme a tutti i poteri Ue, sostengono il Sì alla controriforma costituzionale del governo e temono un vittoria del No. Che è invece un passo necessario per restituire al popolo il diritto all’eguaglianza, cancellato oggi dai privilegi del mercato globalizzato. Solo un No ci può salvare.
(Giorgio Cremaschi, “Non esistono multinazionali innocenti”, dal blog di Cremaschi sull’“Huffington Post” del 31 agosto 2016).
http://www.libreidee.org/2016/09/non-esistono-multinazionali-innocenti-ricattano-il-mondo/

RENZI SI SMENTISCE DA SOLO! DIFFONDETE!

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RENZI SI SMENTISCE DA SOLO! DIFFONDETE!
Qualche anno il Menomato Morale Renzi diceva "Continuano a parlare dello Stretto di Messina, ma io dico che gli otto miliardi li dessero alle scuole per la realizzazione di nuovi edifici e per renderle piu' moderne e sicure''.
La sua parola non vale nulla.
Il 4 dicembre si avvicina.
tramite Rosita Gaia
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mercoledì 21 settembre 2016

Facebook e Israele si accordano per eliminare le pubblicazioni anti israeliane


Facebook e Israele si accordano per eliminare le pubblicazioni anti israeliane
Secondo quanto pubblicato, ieri, dal quotidiano britannico, The Independent, che cita fonti israeliane, i dirigenti di Facebook e delle autorità israeliane stanno elaborando una legge che costringe ad eliminare da questo social tutti i tipi di contenuti considerati anti-israeliani.
Il quotidiano britannico ha riferito che il più recente incontro tra funzionari israeliani e dirigenti di Facebook ha avuto luogo la scorsa settimana e comprendeva anche il ministro degli affari legali del regime israeliano, Ayelet Shaked, noto per le sue controverse posizioni e gli appelli per a commettere un genocidio contro i palestinesi.
Fonti palestinesi riferiscono che già prima di tale normativa entri in vigore, sono state segnalati casi dove Facebook ha rimosso contenuto scomodi al governo di Tel Aviv.
Ancora non si sa quando le nuove norme entreranno in vigore, ma gli attivisti palestinesi avvertono che questa misura limita fortemente la libertà di espressione del popolo palestinese.
Inoltre, ritengono anche che questa normativa miri a censurare tutti i tipi di critica al governo israeliano e non lasci agli ai cittadini di utilizzare liberamente la piattaforma di Facebook per denunciare  le pratiche brutali che il governo israeliano attua contro i palestinesi.
Non è la prima volta che il Israele cerca di forzare i social network per limitare la libertà di espressione: Lo scorso dicembre si è saputo che i rappresentanti di YouTube e Google si sono incontrati ed hanno accettato di censurare il materiale critico contro il regime di Tel Aviv.
Fonte: The Independent
http://www.informarexresistere.fr/2016/09/16/facebook-e-israele-si-accordano-per-eliminare-le-pubblicazioni-anti-israeliane/

Soros esce allo scoperto ed ammette di finanziare l’ondata migratoria

George Soros al vertice ONU
di L.Lago
Ci voleva il summit dell’ONU sulle migrazioni per ascoltare le dichiarazioni ufficiali del grande “sobillatore”, il finanziere ultra miliardario e speculatore George Soros, il quale, dopo aver riconosciuto di essere partecipe e sponsor dell’ondata di sollecitanti asilo che sono entrati in Europa nell’ultimo anno e mezzo, ha voluto presentarsi nelle vesti del “grande benefattore” ed ha assicurato che attualmente il suo obiettivo è quello di “creare imprese e prodotti” per migliorare le condizioni di vita dei migranti e rifugiati.
George Soros ha approfittato dell’occasione del primo vertice delle Nazioni Unite sulle migrazioni per annunciare un investimento di 500 milioni di dollari sulla “crisi dei rifugiati”. Il magnate, che in passato aveva finanziato anche il traffico degli aborti, ha riconosciuto già da alcuni mesi di essere lui dietro il finanziamento dei flussi migratori che nel corso dell’ultimo anno e mezzo hanno alterato il panorama dell’Europa.
L’ammissione di Soros d’altra parte conferma quanto era trapelato in precedenza già da oltre un anno grazie ad indagini svolte anche dai servizi di intelligence austriaci e da altri organismi che avevano trasmesso un rapporto informativo da cui si evince che i trasferimenti dei migranti, sia quelli dalla Turchia verso l’Europa, sia quelli dall’Africa sub Sahariana verso la Libia e poi in direzione dell’Italia, venivano cofinanziati dalle ONG, che in buona parte fanno capo al finanziere ebreo ungherese George Soros. Come pubblicato da controinformazione.info. (Vedi: Migrazioni di massa come arma geopolitica)
“Si pretende che questi investimenti possano avere successo, tuttavia il nostro obiettivo prioritario è quello di creare prodotti e servizi che davvero apportino beneficio ai migranti ed alle comunità di accoglienza”, ha dichiarato solennemente Soros.
“Consegnare tanto denaro senza garanzia di successo risulta quanto meno sospettoso”, hanno assicurato vari osservatori. Tuttavia, secondo Soros, il quale aveva anche ammesso di aver finanziato il Golpe avvenuto in Ucraina, come anche il secessionismo catalano in Spagna, il suo vero e grande obiettivo è quello di “creare una coscienza sociale”, dice l’ultra miliardario.
Questo finanziere dalle molte attività, lo stesso che  si fece conoscere a livello mondiale nel 1992 come “l’uomo che affondò la lira sterlina” (ed anche quella italiana), rappresenta uno dei volti più visibili del globalismo e del mondialismo progressista a livello transnazionale. Occorre sottolineare la sua speciale avversione a qualsiasi sentimento nazionale, incluso quello statunitense, paese dove il magnate emigrò negli anni ’50.
Gli investimenti (si è annunciato) saranno canalizzati dalle ONG di Soros, organizzazioni prive di fini di lucro, – principalmente la Open Society- ed i benefici finanzieranno i programmi dell’istituzione. Relativamente a questo Soros e le sue ONG, con il loro staff, si riprometteno di collaborare con organismi come l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite e l'”International Rescue Committee”.
Occorre ricordare che l’ONU ha affidato l’incarico più importante nella Commissione dei Diritti Umani all’Arabia Saudita, un paese che applica la sharia allo stesso livello dello Stato Islamico e che quest’anno ha superato ogni record di esecuzioni pubbliche (mediante taglio della testa). Inoltre il regime di Rijad si è rifiutato in numerose occasioni di accogliere i rifugiati mussulmani, nonostante disponga di immense tendopoli climatizzate nella zona della Mecca che rimangono vuote in pratica per tutto l’anno.
A livello domestico, Soros, che nel vertice dell’ONU si vuole accreditare come “difensore dell’uguaglianza”, negli USA promuove il movimento “Black Lives Matter” che è sorto dopo l’uccisione di un giovane nero a Ferguson per opera di un poliziotto bianco, avvenimento che aveva dato luogo a rivolte, disordini e saccheggi a Ferguson ed a Baltimore.
Le fondazioni create dal multimiliardario (uno degli uomini più ricchi del mondo) hanno finanziato il movimento fondamentalmente diretto a mantenere in attivo la guerra razziale, con l’apporto di circa 33 milioni di dollari.
Per comprendere meglio le trame di Soros occorre verificare quanto risulta dalla pubblicazione delle mail di Soros, avvenuta tramite Wiki Leaks, si tratta di circa 2500 e-mail riservate fra Georges Soros e i dipendenti delle sue fondazioni. Da queste era emerso che lui aveva dato direttive ad Hillary Clinton, quando era segretaria di stato, su una crisi in Albania e su come risolverla: direttive che Hillary aveva seguito alla lettera. Tutte le informazioni venute alla luce in questa corrispondenza, avvenuta fra la Open Society Foundation e i riceventi delle sue donazioni, sono messe sotto silenzio dai media , perché sono ovviamente imbarazzanti. Si evince ad esempio che lo stesso Soros ha versato 30 milioni di dollari per la campagna di Hillary Clinton, cosa che lo rende il maggior donatore singolo.
Non solo la Clinton è beneficiata dai finanziamenti di Soros ma fra i beneficiati dell’ultra miliardario ci sono anche volti noti del giornalismo negli USA ed in altri paesi e di conseguenza si comprende la “riservatezza” sulle informazioni che lo riguardano.
Quello che più viene messo in evidenza da queste mail, è il carattere megalomane di questo personaggio. Non c’è area del mondo dove Soros non finanzi attività (sovversive, o ‘filantropiche’); ovunque ci sia una politica pubblica che si proponga di ‘riformare’ nel senso di abbattere le tradizioni e la cultura locale, là troviamo la mano di Soros sganciando soldi ai locali ‘riformatori’, che sono sempre legati alle ideologie della sinistra mondialista e libertaria. Un megalomane e insieme, micro-gestore di tutta la realtà.
Come da informazioni precedenti, Soros finanzia Arcigay in Italia, e Planned Parenthood (in Usa (l’ente pro-aborto che l’hanno scorso s’è scoperto faceva commercio di organi di feti); il miliardario ha finanziato rivoluzioni colorate e l’opposizione ad Orban in Ungheria; lui stesso istiga tuttora la giunta di Kiev a fare la guerra alla Russia; Soros ha riconosciuto di essere implicato nella gestione (attraverso apposite ONG) dell’ ondata migratoria in Europa, e nello stesso tempo incentiva organizzazioni di minoranze etniche come i latinos in Usa, allo scopo di far cambiare la demografia dei collegi elettorali in modo da favorire Hillary contro Trump.
Soros ha inoltre finanziato ripetuti tentativi di manifestazioni LGBT a Mosca, pagando le trasferte di celebri travestiti e sodomiti; in Europa, ha ‘gestito’ certe elezioni, facendo eleggere candidati favorevoli all’immigrazione senza limiti, oltre ad tante alte iniziive che sarebbe lungo enumerare.
L’obiettivo finale che persegue Soros con le sue attività : la dissoluzione di ogni ordine tradizionale, la destabilizzazione di società conservatrici, l’imposizione di una ideologia multiculturalista e la rimozione di ogni vincolo religioso tradizionale.
Il nemico dichiarato di Soros è Vladimir Putin il quale, a seguito delle attività di destabilizzazione finanziate in Russia, ha assicurato che, se il finanziere metterà piede sul territorio della Fedrazione Russa, risulta già pronto un mandato di arresto a suo nome.
http://www.controinformazione.info/soros-esce-allo-scoperto-ed-ammette-di-finanziare-londata-migratoria/#